Scelta di articoli
di Genetica Clinica/Umana pubblicati in Ottobre
2015 nelle seguenti riviste: British
Medical Journal, Lancet, Lancet Neurology, Nature, Nature Biotechnology, Nature
Genetics, Nature Medicine, Nature Neuroscience, Nature Reviews Genetics, Nature
Reviews Neuroscience, NEJM, PNAS, Science & Cell.
ARTICOLI DA NON PERDERE
Alcune
utili letture sul NGS in clinica (soprattutto il primo):
The clinical
application of genome-wide sequencing for monogenic diseases in Canada: Position
Statement of the Canadian College of Medical Geneticists. Journal
Medical Genetics 2015;52:
431.
Position statement di genetisti clinici e di laboratorio, genetic counselor,
ricercatori e giuristi
sull’uso
del sequenziamento genomico per la diagnosi clinica. Il documento è stato fatto
circolare e commentato tra i membri del Canadian College of Medical Geneticists
(CCMG), organizzazione che ha il compito della
certificazione per i genetisti clinici e di laboratorio e di fornire
standard professionali ed etici per i servizi canadesi di Genetica Clinica. Le
raccomandazioni: 1. il sequenziamento del genoma clinico è un appropriato
approccio diagnostico per pz con sospetta malattia monogenica geneticamente
eterogenea o quando i test applicati non hanno individuato la causa. 2. Fino a
quando non saranno chiariti i benefici di riportare gli “incidental findings”
(IF) non si ritiene opportuno favorire l’approfondimento clinico per geni
malattia che non sono correlati all’indicazione iniziale (primaria) dell’esame.
Interessanti le considerazioni su cosa dire per IF nei bambini per malattie per
le quali non ci sono procedure preventive/terapeutiche nell’età infantile o a
comparsa in età adulta. 3. I clinici devono fornire la consulenza genetica ed
ottenere il consenso informato prima del test. La consulenza deve includere
(non solo i vantaggi, ndr) le limitazioni del test, la probabilità e le
implicazioni della diagnosi e i possibili IF, informando anche della possibile
necessità di ulteriori analisi per facilitare l’interpretazione clinica,
compreso il ricorso a studi nell’ambito della ricerca (giustissimo, va detto
subito prima del test, ndr). Queste
istruzioni fatte per il Canada, concludono gli AA, potrebbero anche essere
utili da tenere presente in altre nazioni.
Next-generation
sequencing-based genome diagnostics across clinical genetics centers:
implementation
choices
and their effects. EJMG 2015;23:1042. L’introduzione in clinica del NGS comporta molti
più problemi nella diagnostica routinaria rispetto a quelli avuti con il
microarray genomico. In questo lavoro si è voluto verificare e confrontare i
risultati dell’applicazione di NGS nella pratica clinica ottenuti in 8 diversi
centri olandesi di Genetica Clinica facendo eseguire a tutti l’analisi mediante
NGS di un campione di DNA di 9 pz in cui era stata diagnosticata prima una
cardiomiopatia ereditaria ricorrendo a tecniche genetiche tradizionali. Non per
sviluppare una procedura diagnostica standard su base nazionale o di confronto
di performance tra centri o tra piattaforme usate, ma per studiare la
variabilità di approccio diagnostico adottato dai vari centri e stabilire una
base di partenza per futuri miglioramenti delle prestazioni.
I
risultati: diagnosi concordante per tutti casi ad eccezione di un caso in cui
un centro non ha trovato varianti causative, mentre un altro ha fornito una
diagnosi alternativa (m. Fabry) avendo trovato una variante considerata
causativa. Oltre ai vari risultati di sequenza viene sottolineato che sono
state osservate considerevoli differenze di interpretazione di risultati simili, come ad es. appunto la
variante del gene della s. Fabry considerata da altri come VUS. Le procedure
per il consenso informato, in base agli aspetti etici e legali, sono state
adeguate per lo studio di un limitato numero di geni, mentre non è risultato
adeguato per l’esoma o l’analisi dell’intero genoma. Vengono proposte modifiche
per migliorare e uniformare le procedure, anche tenendo conto dell’ambiguità
talora riscontrata tra esame clinico e ricerca e suggerendo un counseling
specifico per le analisi più complesse come WES e WGS.
(Ndr. Una frase della conclusione mi è particolarmente
piaciuta: Obtaining a high-quality diagnosis can
thus no longer be the sole responsibility of clinical geneticists, but requires
intensive interaction between laboratory specialists, clinical geneticists,
other medical specialists and bioinformaticians/data analists).
The human gene
damage index as a gene-level approach to prioritizing exome variants. PNAS
2015;112:13615. Come filtrare le circa 20.000 varianti
prodotte dall’analisi dell’esoma, di cui il 58% delle varianti rare sono
localizzate in solo il 2% dei geni. Gli AA sono partiti dalla semplice considerazione
che i geni frequentemente mutati nella popolazione generale raramente possono
essere causa della malattia rara ereditata che ha motivato l’analisi e costituiscono
un buon contributo al pool delle varianti segnalate dall’esame del pz, mentre le
mutazioni di geni raramente o mai mutati nella popolazione sana sono
probabilmente quelle più facilmente associate alla malattia. Per filtrare il
maggior numero di falsi positivi è stato messo a punto un programma a cui
accedere gratuitamente chiamato Gene damage index (GDI) che misura il carico di
mutazioni non sinonime in ogni gene codificante una proteina nella popolazione
generale (http://lab.rockefeller.edu/casanova/GDI).
GD1 risulta un sistema efficiente per escludere nel filtraggio le varianti
false positive di geni che nella popolazione sono frequentemente interessati da
mutazioni dannose.
Experiences
with Obtaining Informed Consent for Genomic Sequencing. AJMG 2015;167:2635. Studio basato su interviste a Genetic counselor americani su
cosa focalizzare nella raccolta del consenso informato per eseguire il
sequenziamento genomico a scopi clinici. L’esperienza dice che piuttosto che
soffermarsi sui vari punti classici del consenso e sugli aspetti tecnici è
meglio focalizzare bene i punti che possono essere malinterpretati dai
consultandi aiutandoli a valutare realisticamente le loro attese sui tipi e
sulle implicazione dei possibili risultati, inclusi i risultati secondari.
Incidental
Findings with Genomic Testing: Implications for Genetic Counseling Practice. Curr Genet
Med Rep 2015;3:166. Vengono considerati i vari aspetti
ancora controversi che riguardano l’identificazione e la comunicazione dei
risultati ‘‘incidental’’ o ‘‘secondary’’ applicando in clinica il
sequenziamento genomico e le implicazioni nella consulenza genetica in base ai
vari modelli di consenso e al loro impatto sulle decisioni prese dai
consultandi. Viene sottolineato che c’è la necessità
del “clinico di prossima generazione” , pronto per usare al meglio la
complessità dei risultati del sequenziamento genomico che sarà parte integrante
dell’assistenza sanitaria e di una preparazione adeguata di tutta la
popolazione anche perché è prevedibile che il ricorso a tali tecniche non
riguarderà solo il momento del raccogliere il consenso per l’esecuzione
dell’esame ma l’intera vita delle persone.
MALATTIE NEUROLOGICHE/NEUROMUSCOLARI/NEURODEGENERATIVE/
PSICHIATRICHE
Dementia—not all
about Alzheimer’s. Lancet 2015;386:1600. Editoriale
di commento a 3 articoli sullo stesso fascicolo dedicato alle varie malattie
con demenza, clinica, genetica e terapia. Frontotemporal dementia. Pg. 1672,
termine clinico “ombrello” che comprende alcune malattie neurodegenerative con
progressivo deficit comportamentale, di funzioni esecutive e di linguaggio. E
una forma comune di demenza soprattutto nelle persone sotto i 65 anni. Lewy
body dementias. Pg. 1683, nuovo termine che comprende la Demenza con corpi
Lewy e il Parkinson con demenza, per frequenza la seconda patologia di demenza
degenerativa in soggetti oltre i 65 anni. Ambedue queste patologie condividono
infatti la stessa fisiopatologia e si prevede che il successo terapeutico
dipenderà non tanto dall’intervento sui sintomi quanto sui meccanismi patogenetici
prima che compaiano i segni clinici della malattia. Il terzo gruppo è
costituito dalla Vascular dementia. Pg. 1698, che è la più comune causa
di demenza dopo l’Alzheimer (15% dei casi), ma per la quale, a differenza
dell’Alzheimer, non è disponibile alcuna
terapia. Una delle patologie di questo gruppo è costituita dalla Demenza
vascolare ereditaria arteriopatica autosomica dominante (CADASIL)(MIM
#125310) con infarti sottocorticali e leucencefalopatia da mutazione frameshift del gene Notch.
Dementia prevention: call to action. Lancet
2015;386:1625. Correspondence. C’è stata
nel Marzo 2015 la WHO
Ministerial Conference on Global Action Against Dementia per intensificare la
ricerca delle cause e delle cure delle malattie con demenza. Dato che ormai si
ritiene irraggiungibile l’obiettivo che era stato fissato di trovare una cura
per il 2025, ora si punta all’obiettivo più raggiungibile di ridurre almeno il
rischio di demenza (ad es. stimolando l’uso del computer per gli anziani- PLoS One 2012; 7: e44239- e correggendo
deficit uditivi) con la riduzione di nuovi casi e cercando di posticipare la
comparsa dei primi segni clinici. C’è necessità, dice la lettera, di ampi studi
multicentrici internazionali e ben controllati sugli interventi sullo stile di
vita, che è diverso da nazione a nazione, per verificarne l’effetto, come ad
es. Healthy Ageing Through Internet Counselling in the Elderly (HATICE). Questa
nota vuol essere uno stimolo per WHO e per World Dementia Council di favorire
anche economicamente tali studi internazionali.
ALZHEIMER
Reduced
grid-cell–like representations in adults at genetic risk for Alzheimer’s
disease. Science 2015;350:430.
Nelle malattie neurodegenerative l’identificazione di biomarcatori che
precedono l’inizio della sintomatologia potrebbe consentire di applicare una
terapia prima che si producano danni cerebrali irreversibili. In questo lavoro
sono state studiate con fMRI in soggetti normali e in soggetti a rischio genetico
di Alzheimer (portatori di APOE-e4) le basi neurologiche nella corteccia entorinale
(parte dell’ippocampo, una delle prima parti dell’encefalo ad essere
interessata nell’Alzheimer) coinvolta nella cognizione spaziale.
Nei
soggetti a rischio sono presenti importanti disfunzioni entorinali correlate a
deficit di memoria spaziale molto tempo prima del potenziale inizio di
malattia. Queste anomalie, osservate alla fMRI, possono costituire un marcatore
prognostico, aiutare nello stabilire il periodo dell’inizio della terapia e costituire
un bersaglio terapeutico.
PARKINSON
A diagnostic algorithm for Parkinson’s disease: what next? Lancet
Neurology 2015;14:971. Editoriale
di un lavoro sullo stesso fascicolo (Diagnosis of Parkinson’s disease on the basis of clinical and
genetic classification: a population-based modelling study. Pg. 1002) sullo sviluppo e sull’uso di un algoritmo che potrebbe distinguere i
partecipanti con Parkinson dai controlli sani senza basarsi sulla patologia
motoria. Gli AA sperano che tale algoritmo, applicato alla popolazione
generale, consenta di individuare coloro che hanno probabilmente i prodromi
della malattia. Il principale segno prodromico individuate in questo studio è la
riduzione dell’olfatto. E’ noto che il coinvolgimento del tronco encefalico e
del sistema periferico nelle fasi precoci comporta oltre alla riduzione
dell’olfatto anche costipazione, disturbi del sonno (REM e sonnolenza diurna),
alterazioni visive, disfunzione autonomica e dolori. Ma questi sono
frequentemente presenti nella popolazione generale, e quindi una previsione
potrebbe basarsi non sul singolo sintomo ma su una combinazione di essi. E’
quello che viene considerato nell’algoritmo integrando i dati con il rischio
sulla base di varianti genetiche (30 varianti in base a studi di associazione
genome-wide). Applicando il modello su pz e controlli si è ottenuta una
sensibilità dell’83% e una specificità del 90%. La specificità sembra alta ma
in realtà in una popolazione di ultra sessantenni con una prevalenza di
malattia del 2% il valore predittivo positivo è solo del 15% (85 persone su 100
con test positivo non hanno il Parkinson). Il deficit olfattivo ha un forte
impatto sulla corretta discriminazione tra le due popolazioni (affetto non
affetto), mentre il contributo del rischio genetico è modesto. Altri studi
dovranno confermare questi risultati, importanti per individuare coloro che
hanno la malattia in fase prodromica e quindi facilitare l’identificazione di
biomarcatori e la terapia.
Multitarget disease-modifying therapy in Parkinson’s disease? Lancet
Neurology 2015;14:975. Editoriale dell’articolo (Insights from late-onset familial
parkinsonism on the pathogenesis of idiopathic Parkinson’s disease. Pg. 1054) sulla conoscenze dei meccanismi molecolari alla base del Parkinson che
si possono ottenere studiando le forme familiari ad insorgenza tardiva (geni
SNCA e LRRK2 della trasmissione sinaptica, geni VPS35 e DNAJC13 del riciclo e maturazione
endosomiale, gene CHCHD2 del metabolismo mitocondriale). L’editoriale sottolinea i risultati clinici e preclinici nella
comprensione della malattia. Il primo gruppo di studi riguarda la ricerca di
terapie a vari livelli molecolari che si sono però rivelate inefficaci, ma questi
hanno portato importanti informazioni sui pathway coinvolti nella patogenesi
del Parkinson sporadico e familiare. Un secondo gruppo ha riguardato la clinica
con l’individuazione di prodromi non motori della malattia (vedi articoli
precedenti). Il
terzo ha focalizzato la fisiologia dei gangli basali con l’individuazione di
due pathway genetici interconnessi. Su questo si è basato lo studio commentato
(Personal View) i cui risultati suggeriscono che le forme familiari di
Parkinson ad insorgenza tardiva hanno meccanismi molecolari simili al Parkinson
idiopatico e che in aggiunta ai trattamenti sintomatici non vada trascurata la
neuroprotezione, applicata senza successo in varie sperimentazioni
probabilmente per aver avuto come target solo uno dei più pathway coinvolti
nella malattia.
AUTISMO
Low load for
disruptive mutations in autism genes and their biased transmission. PNAS 2015
October:E5600. In questi ultimi anni l’autismo è stato
oggetto di numerosissimi studi che hanno confermato la teoria genetica “ unificata”,
proposta nel 2007, che sostiene che buona parte dei casi di autismo sono dovuti
a nuove mutazioni talora come mutazioni germinali o trasmesse da un genitore,
soprattutto di femmina, portatrice di una variante recente senza significativo
impatto clinico. Questa teoria si basa sul fatto che l’autismo nelle femmine è
meno frequente, che nelle forme familiari si trasmette nei bambini maschi in
modo apparentemente dominante e che nelle forme non familiari vi è una maggiore
incidenza delle varianti del numero di copie de novo nei bambini con autismo rispetto ai fratelli. Nei bambini
con autismo le mutazioni de novo dei
geni dell’autismo hanno minor impatto rispetto alle mutazioni distruttive che
si trovano tipicamente nei geni umani, fatto che suggerisce che queste
mutazioni siano sotto selezione negativa e che i geni dell’autismo sono
particolarmente vulnerabili alle mutazioni. Vi è quindi una trasmissione
alterata delle varianti distruttive di questi geni, che sono più frequentemente
trasmesse nei figli affetti e più spesso dalle madre rispetto ai padri. I
risultati di questo lavoro portano a concludere che esista una correlazione tra
gravità di effetto della mutazione sulla funzione del gene e fenotipo e, in
base a questo, viene presentata una lista di geni ritenuti causa di autismo (elencati
239, vedi Dataset S2), ordinati per probabilità di esserne la causa.
Leo Kanner, Hans Asperger, and the discovery of
autism. Lancet 2015;346:1329. Recensione
del libro NeuroTribes: The Legacy of Autism and How to Think Smarter
about People who Think Differently.
Steve Silberman. Allan and Unwin, 2015.Pp 544. £16·99. Nel 1943 Leo
Kanner, Neuropsichiatra infantile, dell’Università medica di Baltimora ha
descritto per la prima volta in un articolo 11 bambini disinteressati ai
contatti sociali e ai cambiamenti ed interessati solo ossessivamente a oggetti
e a ripetere le stesse cose. Diede il nome a questa condizione di autismo
infantile. Nel libro recensito ne viene descritta la storia. Solo 1 anno più
tardi il pediatra Hans Asperger dell’Università di Vienna descrisse, in
tedesco, un gruppo di bambini con lo stesso atteggiamento dei bambini descritti
da Kanner, ma per i successivi 40 anni l’articolo di quest’ultimo è stato
ampiamente citato nella letteratura anglosassone mentre quello di Aspenger per
molti anni non è stato citato (non mi suona nuovo, ndr). Ma c’è un particolare,
scoperto da Silberman, che fa pensare che Kanner nel 1938 fosse a conoscenza
del gruppo di bambini che venivano studiati a Vienna con un disturbo
comportamentale simile a quella del suo gruppo di bambini di Baltimora e che
abbia voluto segnalarli come una sua scoperta. Silberman non è l’unico ad avere
sospettato che in realtà il primo a diagnosticare quello che poi sarebbe stato
chiamato autismo fu Aspenger, ma a differenza di altri Silberman porta un buon
argomento in questo senso (lascio a voi la curiosità di scoprire come,
sorprendente in quegli anni, ndr).
GENETICA UMANA/CLINICA
Germline duplication of ATG2B and GSKIP predisposes
to familial myeloid malignancies. Nature Genetics 2015;47:1131.
Buona parte delle malattie mieloidi maligne sono sporadiche. Le poche forme
familiari sono rare ma estremamente informative perché possono farci capire le
mutazioni iniziali delle leucemie sporadiche. Le mutazioni germinali note
riguardano il gene RUNX1, causa di una
forma familiare di malattia piastrinica che predispone alla AML o
FDP/AML, i geni CEBPA2, GATA2 e ANKRD26 al 5’UTR (vedi anche
Articoli Febbraio 2015 (Germline ETV6 mutations in familial
thrombocytopenia and hematologic malignancy. Nature Genetics 2015;47:1809).
La loro trasmissione è usualmente AD con penetranza incompleta, la comparsa in
età adulta e la presenza di anomalie genetiche acquisite simili a quelle
trovate nei casi sporadici. L’acquisizione in pz con la forma sporadica di
parecchie anomalie (hit) genetiche fa pensare che in alcuni sia presente una
mutazione germinale predisponente allo sviluppo della patologia ematologica. In
questo articolo viene descritta una variazione del numero di copie (CNV) che
predispone a varie malattie mieolidi, in particolare una trombocitemia
essenziale che può progredire verso la mielofibrosi o la leucemia. Sono state identificate
due famiglie con una neoplasia familiare mieloproliferativa (MPN) atipica
rispetto alle MPN familiari con leucemia mielomonocitica cronica e leucemia
mieloide acuta (AML) trasmessa in modo AD. In 22/33 affetti inizialmente era
presente trombocitopenia essenziale e metà di questi poi hanno avuto
mielofibrosi o AML. Con analisi linkage, SNP array e RT-PCR è stata identificata
una duplicazione in tandem interstiziale di 700 kb del cromosoma 14 in tutti
gli affetti, duplicazione che contiene i geni TCL1A, GSKIP, ATG2B, BDKRB1, BDKRB2 e il primo esone di AK7. Mediante RT-PCR identificate altre due famiglie nella stessa area
geografica, con la stessa clinica e con la stessa duplicazione. Ricorrendo
all’uso di cellule staminali si è dimostrato che la sovraespressione di ATG2B e
GSKIP stimola la differenziazione dei progenitori ematopoietici aumentandone la
sensibilità alla trombopoietina. Questi due geni cooperano con mutazioni
acquisite di JAK2, MPL e CALR nello sviluppo della malattia mieloproliferativa.
Questi risultati sono utili per aumentare le nostre conoscenze sui fattori
genetici che promuovono l’espansione di cellule mutate e sono poi causa di
malattie mieloproliferative.
Dysregulation
and restoration of translational homeostasis in fragile X syndrome. Nature
Reviews Neuroscience 2015;16:595. La sindrome Fragile X, una delle più frequenti malattie
monogeniche che causano disabilità intellettiva e autismo, è dovuta alla
mancanza della proteina legante l’RNA (FMRP), codificata da FMR1, che ha la
funzione di reprimere la traduzione. Nel modello murino della sindrome il
ricorso a diversi farmaci o a riduzione genetica che hanno come bersaglio recettori,
proteine dello scaffolding (impalcatura), chinasi e proteine di controllo della
traduzione (ne sono elencate 13 in Tab. 1 ) può normalizzare la morfologia
neuronale, la funzione sinaptica e annullare il fenotipo comportamentale
tramite la riduzione a valori normali dei livelli di traduzione neuronale. In
questa Review sono presentate tali strategie che potrebbero portare
all’individuazione di mRNA critici per la fisiopatologia della sindrome.
MODELLI ANIMALI E NUOVE TERAPIE
***
A new
therapeutic effect of simvastatin revealed by functional improvement in
muscular dystrophy. PNAS 2015;112:12864.
La Distrofia muscolare Duchenne (DMD) è una malattia muscolare degenerativa
letale per la quale non c’è un’efficace terapia. A livello muscolare la
malattia causa un’infiammazione cronica, stress ossidativo e fibrosi. Le
statine utilizzate da tempo come farmaci che riducono i rischi cardiovascolari
legati all’eccesso di colesterolo hanno anche un effetto benefico
sull’infiammazione, stress ossidativo e fibrosi. Da qui l’idea di verificarne
l’efficacia in un modello murino di DMD
(mdx). In questi topi trattati con
simvastatina si è osservato un netto miglioramento della forza muscolare e
della resistenza alla fatica e, nel muscolo di animali di una certa età con
degenerazione muscolare, una normalizzazione dei livelli di creatinchinasi (che
è una noto segnale di danno muscolare) e una significativa riduzione dell’infiammazione
e della fibrosi. Questi miglioramenti sono stati accompagnati da un’attivazione
dei meccanismi di autofagia, che sono un recente bersaglio terapeutico per la
DMD, e un minor stresso ossidativo. Quindi la simvastatina è un nuovo e
promettente approccio terapeutico non solo per la DMD ma anche per altre simili
malattie muscolari. E’ importante sottolineare che la simvastatina è un farmaco
approvato dalla FDA anche in età pediatrica.
Lack of
Neuronal IFN-β-IFNAR Causes Lewy Bodyand Parkinson’s Disease-like Dementia. Cell 2015;163:324. Si dimostra che topi con mancanza di citochina
immunoregolatoria interferone-β (IFN-β)(topi Lfnb-/-) hanno una
neurodegenerazione spontanea che assomiglia alla demenza con corpi Lewy e
Parkinson dell’uomo e che è dovuta a difetti dell’autofagia neuronale. Questo
indica che IFN-β ha un ruolo di regolatore della degradazione proteina mediata
dall’autofagia.
CMT2D neuropathy is linked to the neomorphic binding
activity of glycyl-tRNA synthetase. Nature
2015;526:710.
Contrariamente alle aspettative nelle malattie neurodegenerative mutazioni di
geni espressi in vari tessuti causano una perdita neuronale selettiva. Le m. Charcot-Marie-Tooth
(CMT), le più comuni neuropatie ereditarie del SN periferico, sono
caratterizzate clinicamente da progressiva debolezza ed atrofia delle mani e
dei piedi e per le quali non c’è alcuna terapia. La forma CMT tipo 2D è dovuta
a mutazioni dominanti di GARS che codifica la glicil-t-RNA sintetasi (GlyRS)
ubiquitaria, necessaria per la sintesi proteica in tutte le cellule e la cui
carenza determina una degenerazione selettiva degli assoni periferici con
conseguente deficit della funzione motoria distale. Non è noto come questo
conduca ad una vulnerabilità dei motoneuroni. In questo lavoro in vitro e in vivo si dimostra che molte mutazioni di MT2D causano un’apertura
conformazionale anomala dell’enzima che antagonizza l’interazione VEGF (vascular endothelial
growth factor)-Nrp1 (neuropilin 1). Nel
modello di topo di CMT2D con deficit genetico di Nrp1 si osserva un
peggioramento della sintomatologia neurologica, mentre con l’aumento di
espressione di VEGF si produce un miglioramento della funzione motoria.
L’azione antagonizzante delle mutazioni responsabili di CMTD2 dell’interazione
VEGF-NRP1 indica che questo sistema di segnale sia un possibile bersaglio per
una terapia per la malattia.
Downsizing neurons.
Nature Reviews Neuroscience 2015 October;16. Commento
di un articolo (Neuronal atrophy early in degenerative ataxia is
a compensatory mechanism to regulate membrane excitability. J Neuroscience 2015;35:11292) in cui si dimostra che
l’atrofia dei neuroni Purkinje che si osserva nel modello murino dell’Atassia
spinocerebellare (SCA1) è una risposta compensatoria all’alterata depolarizzazione
di membrana.
Consequences of
zygote injection and germline transfer of mutant human mitochondrial DNA in
mice. PNAS
2015;112:E5689. La neuropatia ottica ereditaria Leber
(KHON) è una patologia della retina e del nervo ottico da mutazione di geni del
DNA mitocondriale. Le principali difficoltà nell’individuare una terapia sono
dovute al fatto che non ci sono adeguati modelli animali. In questo lavoro è
stato introdotta con un vettore virale (AAV) una mutazione umana del gene della
subunità 4 del NADH ubiquinone oxidoreductase nei mitocondri di un embrione di
topo. L’incrocio di femmina transgenica con maschio non transgenico ha prodotto
in diverse generazioni più di 200 topi transgenici che hanno le caratteristiche
fenotipiche della LHON e un aumentato stress ossidativo e una riduzione della
respirazione cellulare nel nervo ottico. Il fenotipo è stato parzialmente
corretto con l’iniezione nell’occhio del mtDNA normale. Viene suggerito che il
metodo applicato potrebbe essere adattato per produrre modelli animali per
altre malattie e come promettente terapia genica per queste malattie.
TERAPIA GENICA
Adeno-associated
virus finds its disease. Nature Genetics 2015;47:1104. News & Views di un articolo sullo stesso
fascicolo (Recurrent
AAV2-related insertional mutagenesis in human hepatocellular carcinomas. Pg.
1107) che riporta un dato preoccupante per la terapia genica che
usa come vettori virus adeno-associati (AAV)(parvovirus a singola elica di DNA
che non sono in grado di determinare un’infezione produttiva, wiki). Il
carcinoma epatocellulare umano (HCC) si produce in genere nel contesto di una
cirrosi epatica e di un’infiammazione cronica frequentemente associata ad
un’infezione del virus B dell’epatite. E’ noto che in tale tumore vi è la
sovraespressione di molti proto-oncogeni, ritenuta causa dello sviluppo del
tumore e che alcuni di questi geni (soprattuttoTERT, ma anche CCNE1e KMT2B)
sono associati ad inserzioni di HBV. In questo lavoro il sequenziamento di
campioni di HCC umano dimostra che l’integrazione di AAV, sierotipo 2, è causa
del tumore in un modo quindi molto simile all’integrazione del HBV, ma a
differenza del HCC associato al HBV il tumore con inserzioni di AAV non è
associato a cirrosi, e questo fa pensare che l’infiammazione indotta dal AAV
non sia il principale meccanismo oncogenetico.
Questo è un risultato del tutto
inatteso perché AAV è sempre stato considerato non patogeno, addirittura con
proprietà anti-oncogeniche. Quindi AAV2 è un virus a DNA associato a mutagenesi
inserzionale oncogenica nel carcinoma epatocellulare umano. E allora c’è
rischio di tumore epatico per la terapia genica con l’uso di AVV? Va
sottolineato che i vettori AAV usati nella terapia genica sono diversi come struttura
delle inserzioni di AAV selvatico. Ma comunque sarebbe opportuno, suggerisce la
nota, migliorare la sicurezza dei vettori AVV e tenere presente, quando si
vuole applicare la terapia genica, che ci sono fattori di rischio di tumore:
l’integrazione AAV avviene più frequentemente nelle cellule che si dividono
(quindi quando c’è un’attiva proliferazione epatocitica e allora specialmente
nei bambini), la presenza di infiammazione epatica o cirrosi, l’obesità che
comporta una cronica infiammazione epatica. La raccomandazione ovvia è di un
attento follow-up dei pz trattati con vettori AAV e la stimolazione di
ulteriori ricerche sulla loro potenziale oncogenicità.
Successful
arrest of photoreceptor and vision loss expands the therapeutic window of
retinal gene therapy to later stages of disease. PNAS
2015;112:E544. Le malattie retiniche degenerative ereditarie
causano una perdita dei fotorecettori portando alla cecità. Buona parte delle
terapie geniche che si stanno testando sembrano efficaci ma se applicate in
epoca precedente il processo degenerativo o, se applicate nel periodo intermedio
della neurogenerazione, sono comunque in grado di rallentarne lo sviluppo.
Effetti questi che, sia nell’uomo (come nella Amaurosi congenita Leber II da
mutazione del gene RPE65, MIM #204100) che nei modelli animali, non si
osservano se la terapia è applicata tardivamente rispetto alla
neurodegenerazione. In questo lavoro ricorrendo al modello canino (migliore per
questa malattia del murino) della grave e comune forma di Retinite pigmentosa 3
XL da mutazione di RPGR (MIM #300029) si dimostra che allo stadio intermedio
della malattia la terapia genica con vettore AVV blocca la morte dei
fotorecettori, migliora la struttura delle cellule retiniche e previene la
perdita di visione per più di 2 anni. E’ particolarmente interessante la
dimostrazione che la finestra temporale per una cura efficace di questa
malattia sia più ampia di quanto pensato.
CARATTERI-MALATTIE
COMPLESSE/STUDI ASSOCIAZIONE
Class II
HLA interactions modulate genetic risk for multiple sclerosis. Nature Genetics
2015;47:1107. Gli studi di associazione hanno
consentito di identificare l’influenza di variazioni dei geni HLA sul rischio
di sclerosi multipla. Ma non è noto se gli effetti dei classici alleli HLA siano
influenzati da interazioni con altri loci nella regione HLA o in altre sedi. Applicato
GWAS su 17.465 casi e 30.385 controlli
di 11 coorti di persone di discendenza europea. Sono stati trovati alleli a
rischio di classe II, nuovi e confermati, e alleli protettivi di classe I, con
evidenza di due possibili interazioni che riguardano alleli di classe II. Non
sono state osservate interazioni tra alleli HLA e varianti a rischio non HLA. Si
documenta un modesto contributo delle interazioni sulla variazione di rischio
genetico, fatto che suggerisce che nella sclerosi multipla l’epistasi (fenomeno
per cui un gene influenza l’espressione fenotipica di un altro gene) interessante i classici alleli HLA non
contribuisce in modo significativo alla “missing heritability”.
Genetic variance estimation with imputed variants
finds negligible missing heritability for human height and body mass index. Nature Genetics 2015;47:1114.
Viene proposto un metodo (GREML-LDMS)
per stimare l’ereditabilità di caratteri complessi in persone non correlate
ricorrendo al GWAS in 44.126 soggetti. Applicata all’altezza e al BMI viene
stimato che le varianti individuate in 44.126 persone non correlate spiegano il
56% (SE 2.3%) della varianza per l’altezza e il 27% (SE 2.5%) di BMI. La stima
dell’ereditabilità è del 60-70% per l’altezza e il 30-40% per BMI. In
conclusione per ambedue questi caratteri la “missing heritability” è ritenuta
molto bassa. La conclusione: per la scoperta dei geni associati a caratteri
complessi è più economico ricorrere alla tecnica SNP array con successiva
elaborazione dei dati rispetto al sequenziamento dell’intero genoma.
A comprehensive
1000 Genomes–based genome-wide association meta-analysis of coronary artery
disease. Nature Genetics 2015;47:1121. La malattia delle arterie coronariche (CAD) è in tutto il
mondo la principale causa di morte e di morbilità e rappresenta un modello di
comune malattia complessa con componente sia genetica che ambientale. Tramite
GWAS sono stati sinora individuati 48 loci associati. In questo lavoro mediante
una meta-analisi di ca. 185.000 casi di CAD e controlli e la valutazione di 6.7
milioni di varianti comuni e 2.7 di bassa frequenza è stato possibile confermare
le più note varianti associate a CAD (particolarmente significativo il locus
ABO associato con l’infarto miocardico e il locus HDAC9, regolatore dell’espressione genica, è in preferenza associato
con malattia coronarica stabile). Ed individuare 8 nuovi loci che
contengono geni candidati causativi implicati in processi biologici della
parete dei vasi sanguigni. E’ stata quindi caratterizzata l’architettura
genetica di questa comune malattia mostrando che la suscettibilità genetica è
in gran parte dovuta a SNP comuni, ciascuno con un piccolo effetto.
Genetic association analyses highlight biological
pathways underlying mitral valve prolapse. Nature Genetics 2015;47:1206.
Il prolasso della valvola mitrale (MVP) è una comune (1:40 persone)
valvulopatia cardiaca degenerativa che può comportare rigurgito mitralico,
insufficienza cardiaca e morte. In gran parte sporadica ma con una complessa
componente ereditaria che, almeno per la forma isolata, non è nota (vedi anche Mutations in DCHS1 cause mitral valve
prolapse. Nature 2015;525:109, selezione Articoli Agosto 2015). Questa è
una meta-analisi di 2 studi GWAS di 1.412
MVP casi e 2.439 controlli. Sono stato identificati 6 loci confermati in un
altro studio (1.422 casi e 6.779 controlli) compatibili per funzione per essere
nuovi geni candidati. In particolare LMCD1(LIM and cysteine-rich domains 1),
codificante un fattore di trascrizione, il cui KO morfolino-mediato nello
zebrafish determina insufficienza valvolare. Lo stesso fenotipo, sempre nello
zebrafish, lo si ottiene con KO dell’ortologo di TNS1, che codifica la tensina
1, una proteina di adesione focale coinvolta nell’organizzazione del
citoscheletro. Il topo Tns1-/- ha lembi valvolari posteriori ispessiti.
Quindi sono stati identificati nuovi meccanismi patogenetici del rigurgito
valvolare mitralico, che è la principale indicazione per l’intervento
cardio-chirurgico.