lunedì 18 aprile 2016

Articoli di Genetica Clinica/Umana Febbraio 2016. R. Tenconi



Scelta di articoli di Genetica Clinica/Umana pubblicati in Febbraio 2016 nelle seguenti riviste: British Medical Journal, Lancet, Lancet Neurology, Nature, Nature Biotechnology, Nature Genetics, Nature Medicine, Nature Neuroscience, Nature Reviews Genetics, Nature Reviews Neuroscience, NEJM, PNAS, Science & Cell.

ARTICOLI DA NON PERDERE
Tomorrow’s children. Nature 2016;530:402. What would genome editing really mean for future generations? Il racconto comincia con la storia di una brava giocatrice da pallacanestro, che è albina con un’acuità visiva che è un decimo del normale e nonostante ciò riesce a leggere e a fare canestro. Alla domanda del padre (scienziato del UCSF) se avrebbe preferito, se fosse stato possibile, correggere prima della nascita il suo difetto genetico, la risposta è stata “No”. E la ovvia successiva: e per suoi figli? Ancora “No”. Al che il padre, che ammette che se fosse stato disponibile il gene editing a quel tempo avrebbe scelto tale opzione, ma ora dopo questa risposta di sua figlia si rende conto che avrebbe fatto un errore. Questa storia per aprire un dibattito sull’eticità del gene editing che, se applicato, supera un limite etico considerato invalicabile che è quello di modificare il genoma di una persona che verrà poi trasmesso ad altre generazioni.
Ma nel recente passato e nel presente sono applicate all’uomo tecnologie che mettono in discussione i limiti che ci siamo posti, come la diagnosi prenatale e la scelta di interrompere una gravidanza, la diagnosi genetica preimpianto per selezionare embrioni senza una specifica anomalia genetica e ora la donazione (sostituzione) mitocondriale per evitare la nascita di b. a rischio di una malattia mitocondriale. Da qui il suggerimento a scienziati, politici e popolazione di pensarci bene prima di applicare editing su embrioni umani e soprattutto di sentire chi si trova in queste condizioni che sono correggibili con il gene editing. Alcuni percepiscono la loro disabilità addirittura come un arricchimento personale.
Interessante quanto riportato alla fine sui risultati di uno studio del 1978 di un’intervista di persone recentemente paralizzate per un incidente e coloro che hanno vinto dai 50.000 al milione di D USA: quelli con disabilità hanno una percezione della felicità minore ma traggono maggior soddisfazione per le varie attività quotidiane (colazione, parlare con un amico) e stimano che il loro livello di felicità nel futuro sia uguale a quello di coloro che hanno vinto alla lotteria. Ma vengono fatti altri esempi di persone a rischio di malattie gravi o di genitori con un figlio con una malattia genetica gravissima, le cui testimonianze sono per ricorrere a tale tecnica dato che è l’unico modo possibile per evitarle.
Varie società scientifiche (USA, UK Cina) sono per una moratoria per la tecnica del editing embrionale nell’uomo sino a quando non saranno chiariti gli aspetti etici e i rischi connessi, ma molti eticisti sono dell’idea che possa essere applicata almeno per le malattie gravi. Allora bisogna mettersi d’accordo su quali malattie potrebbero essere candidate per questa scelta e qui si apre un ampio dibattito su cosa considerare disabilità e sulla necessità per la società di integrazione nel lavoro e nella vita sociale che ne è affetto. Ma ammettendo che sia possibile l’embryo editing per alcune condizioni gravi quanti ricorrerebbero a tale tecnica? Interessante quanto si sa del ricorso alla diagnosi genetica pre-impianto per la s. Huntington: il 5%. Alcuni perché non lo sanno, altri perché non vogliono correre rischi e per motivi economici ed altri perché considerano che possono correre il rischio del 50%. Ma rimanendo a questa patologia il neurologo che ha fatto l’osservazione su riportata non pensa che per la m. Huntington l’embryo editing sia efficace perché continuano ad essere identificate nuove famiglie in quanto spesso non viene diagnosticata nelle precedenti generazioni o perché i segni clinici peggiorano e diventano riconoscibili dopo varie generazioni.
Bellissima nota molto utile, tocca vari argomenti del counseling, prenatale e postnatale.

Taking race out of human genetics. Science 2016;351:564. Engaging a century-long debate about the role of race in science. Il termine di razza è stato storicamente usato come una categorizzazione tassonomica basata su caratteri ereditari, come il colore della pelle, per spiegare la relazione tra i nostri antenati ed i nostri geni. In questa Perspective si ritiene che il concetto biologico di razza in genetica umana sia quantomeno problematico se non dannoso e che è ora che i biologici ricorrano ad altri termini. Va distinta l’ascendenza dalla categoria tassonomica di razza: l’ascendenza è un termine che riguarda la relazione di una persona con altre nella loro comune storia genealogica, che ha a che fare con un’eredità genomica. La razza invece è una definizione che si basa sull’organizzazione gerarchica delle persone, che viene usata per collegare una persona ad altre in base a criteri geografici o sociali. Questa distinzione va tenuta presente soprattutto in epoca post-genomica per gli studi che si conducono per studiare la storia dell’evoluzione, caratterizzare la frequenza dei caratteri in una o tra le popolazioni e per identificare fattori di rischio genetico per indirizzare meglio eventuali terapie. Nei lavori scientifici quindi va incoraggiato l’uso di “ancestry” o di “population” per descrivere gruppi di persone e nello stesso tempo va chiaramente descritta la metodologia classificatoria adottata. Non si sta ponendo una banale questione di parole ma un elemento a favore di come il pubblico e i ricercatori interpretano la diversità umana (per analogia mi viene in mente la raccomandazione di molti anni fa di non usare più il termine di mongolismo ma di s. Down o quella più recente di non usare il termine di ritardo mentale ma di disabilità intellettiva, ndr). Termina con una considerazione molto condivisibile: “Historical racial categories that are treated as natural and infused with notions of superiority and inferiority have no place in biology”.

From genetics to physiology at last. Nature 2016;530:162. Commento di un articolo sullo stesso fascicolo (Schizophrenia risk from complex variation of complement component 4. Pg. 177) sull’identificazione di varianti genetiche fortemente associate al rischio di schizophrenia, che aiutano a farcene intuire la neurobiologia. Il commento inizia con una buona considerazione su come si scoprono i farmaci: il modo più comune è la casualità di un evento in laboratorio, metodologia che non può essere sistematizzata e che spesso produce, come nella schizofrenia, farmaci a vita breve; un secondo metodo è quello di disegnare terapie sulla base della causa della patologia da trattare.
Ma di questa patologia non abbiamo alterazioni biologiche che possano guidare la ricerca di un farmaco, anche se sappiamo che ha una forte componente genetica e quindi capirne la genetica favorirebbe l’identificazione di un farmaco specifico. Gli studi di associazione genome-wide (GWAS) hanno indicato molti loci (108) , ma trovare un locus non significa trovare il gene (loci spesso in sequenze non codificanti, più varianti vicine rendono difficile l’identificazione di quella significativa). Nel lavoro commentato l’associazione più forte risulta essere nella regione di istocompatibilità (MHC) con il maggior rischio vicino al gene C4 che codifica un fattore del complemento che è parte del sistema immunitario innato. Da qui la ricerca di variazioni di sequenza di C4 che potrebbero essere coinvolte nel rischio di schizofrenia, resa difficile dalla complessità di C4 (due geni con numero di copie diverse da persona a persona) e con prodotti genici diversi con o senza un’inserzione in una regione non codificante di un retrovirus endogeno (HERV). E’ stato osservato che il rischio cambia a seconda delle varie combinazioni del numero di copie di C4 e dello stato di HERV, indipendentemente da altre varianti di MHC. Interessante osservazione perché il pathway del complemento è coinvolto nel “pruning” sinaptico, sfoltimento delle sinapsi poco utilizzate che prosegue sino all’età adulta. Nel modello animale vi è una sopraregolazione di C4 nei periodi di pruning e topi carenti di C4 hanno un ridotto pruning. Da qui l’ipotesi che nella schizofrenia l’aumentata espressione di C4 causa un eccessivo sfoltimento sinaptico. Questo è compatibile con quanto osservato nelle persone con schizofrenia che hanno a livello della corticale cerebrale assottigliamento e una riduzione delle strutture sinaptiche. Il lavoro viene così commentato: the authors’ beautiful and comprehensive study gives much-needed inspiration for all those researchers who are trying to leverage genetics to advance our understanding of the biology of neuropsychiatric diseases”.

MALATTIE NEUROLOGICHE/NEUROMUSCOLARI/NEURODEGENERATIVE/ PSICHIATRICHE
Stem cell therapy for Alzheimer’s disease: hope or hype? Lancet Neurology 2016;15:133. Commento sulle prospettive dell’uso di iPSC da pz con Alzheimer, ad es. con mutazione APP e PRESEN1, per disporre di modelli in vitro su cui provare farmaci anche se ci sono evidenze che la microglia e gli astrociti partecipino nella patogenesi. Inoltre il modello in vitro non può indicare i meccanismi patogenetici che sono causa della sintomatologia clinica che si instaura decenni dopo le prime anomalie cellulari, anche nei casi familiari a comparsa precoce. Si stanno anche accumulando dati interessanti per l’uso terapeutico delle cellule staminali con risultati significativi negli animali da esperimento. Risultati promettenti che potrebbero portare alla terapia con cellule staminali, quando conosceremo meglio i rischi di rigetto e la non buona conoscenza della capacità replicativa delle staminali che potrebbe portare allo sviluppo di tumori. Altro aspetto, che vale soprattutto per le forme sporadiche, la diagnosi precoce per una maggior efficacia. Quindi la terapia con cellule staminali rimane una prospettiva interessante che potrebbe realizzarsi nel prossimo futuro.
Vedi anche Accelerating stem cell trials for Alzheimer’s disease: Lancet Neurology 2016;15:219 in cui di nuovo viene sottolineata la potenzialità dei modelli in vitro da cellule staminali umani e vengono presentati suggerimenti per accelerare il ricorso alla terapia con cellule staminali, di cui sono già in atto sperimentazioni cliniche (vedi tabella con 6 diverse sperimentazioni cliniche di terapia con cellule staminali: cellule staminali mesenchimali derivate da cellule del cordone ombelicale iniettate per via venosa o nei ventricoli cerebrali, cellule staminali mesenchimali per via venosa, fattore ricombinante umano metioninico stimolante le colonie granulocitarie iniettato per via sottocutanea, tutte in fase 1 o 1/2).

The Cellular Phase of Alzheimer’s Disease. Cell  2016;164:603. Negli ultimi 120 anni ha preso piede e condizionato i trial clinici l’ipotesi della ‘‘amyloid cascade’’ come meccanismo patogenetico dell’Alzheimer, con le placche amiloidi o i loro principali componenti i peptidi Aβ, che accumulatesi nei neuroni determinano la loro neurodegenerazione e la demenza. Ma, come sostenuto da molti, l’ipotesi non è compatibile con le osservazioni cliniche (non c’è corrispondenza tra placche di amiloide e demenza, le mutazioni di Presenilina 1 non aumentano la formazione di Aβ). In questo lavoro si commentano i recenti risultati sulla fase cellulare dell’Alzheimer con risposte e segnali provenienti dagli astrociti, microglia e vascolatura con considerevoli possibilità conoscitive ricorrendo alle ricerche ora possibili di ‘‘single-cell biology’’ con studi di espressione di geni in molti differenti tipi cellulari in parallelo.

The adaptive immune system restrains Alzheimer’s disease pathogenesis by modulating microglial function. PNAS 2016 February 16:E1316. I risultati di questo lavoro sottolineano l’importanza del sistema immunitario adattativo e le sue interazioni con la microglia nella patogenesi dell’Alzheimer.

Progress in autism research and postgenomic studies. Lancet Neurology 2016;15:136. Lettera che riguarda il lavoro (Comment) Progress in autism and related disorders of brain development. Lancet Neurology 2015;14:1069 (vedi Articoli Novembre 2015) in cui si è sottolineato che i geni associati al ASD condividono un numero limitato di pathway molecolari, il che fa ben sperare nella possibilità di intervenire in futuro ad una specifica terapia non limitata alla soppressione dei sintomi ma ad una modificazione fenotipica, nonostante la presenza di anomalie che spesso accompagnano l’autismo e dovute a patologie del neurosviluppo (deficit cognitivo, epilessia, malformazioni cerebrali o cerebellari). Nella lettera si sottolinea che è semplicistico pensare di capire i meccanismi patogenetici di mutazioni di geni studiandone direttamente l’effetto fenotipico, mentre sarebbe più informativo tentare di capire nei modelli animali la cascata di eventi provocata dalle mutazioni che si produce dinamicamente nel corso della vita embrionale e fetale cerebrale. Nella risposta si sottolinea che il loro è stato un tentativo di considerare le anomalie del neurosviluppo che possono accompagnare l’autismo come endofenotipi utili per favorire la comprensione dei meccanismi patogenetici comuni. Quindi sono dell’idea che sia valido il loro approccio di neurosviluppo, pur condividendo con l’A della lettera che vi sia un rapporto di sviluppo di queste anomalie e che eventuali interventi devono avvenire prima che si esprima in pieno l’ontogenia.

Joy of super smeller: sebum clues for PD diagnostics. Lancet Neurology 2016;15:138. Sembra proprio che alcune persone riescano con l’olfatto a percepire uno specifico odore di muschio che proviene dalle persone con Parkinson. E’ stato fatto anche un test a doppio cieco e i risultati sono incoraggianti. Risulterebbe anche che tale odore sia presente anni prima della comparsa della sintomatologia. Da sottolineare che non ci sono biomarcatori o mezzi per la diagnosi presintomatica di Parkinson. Tutto questo è stato sufficiente per programmare uno studio di metabolomica con spettrometria di massa (Manchester University, UK) sui metaboliti estratti dalla maglietta di un pz affetto, metodologia seguita in base alla semplice sperimentazione con l’olfatto su descritta, con la speranza, se ci saranno risultati, di individuare molecole specifiche da testare con una tecnica meno dispendiosa. Sembra che l’odore non provenga dal sudore ma si produca sul collo da ipersecrezione sebacea. Da sottolineare che la diagnosi preintomatica è essenziale perché gran parte della neurodegenerazione (60%) avviene prima della diagnosi e quindi la neuroprotezione ha maggiori probabilità di essere efficace nel prevenire e nel rallentarne eventualmente la progressione. Se si trovassero metaboliti malattia specifici questi potrebbero condurci ad una via metabolica e quindi ad una possibilità terapeutica.

α -Synuclein–induced lysosomal dysfunction occurs through disruptions in protein trafficking in human midbrain synucleinopathy models. PNAS 2016;113:1931. Non vi sono terapie per il Parkinson. In questo lavoro ricorrendo a studi in vitro si dimostra che il potenziamento di un pathway coinvolto nel traffico delle idrolasi e della funzione lisosomiale riduce considerevolmente l’accumulo di α–sinucleina in neuroni umani del mesencefalo. Un’indicazione a future terapie per le malattie neurodegenerative legate all’età tramite la riduzione di aggregati proteici.

Expanding the phenotype half of the genotype-phenotype space. PNAS 2016;113:1477. Commento di un articolo sullo stesso fascicolo (Genetic contributions to circadian activity rhythm and sleep pattern phenotypes in pedigrees segregating for severe bipolar disorder. Pg. E754) sui risultati di una valutazione dei fenotipi del ritmo delle attività circadiane e del sonno-veglia in famiglie con più affetti da disturbo bipolare (BP), patologia frequente ed estremamente debilitante. La caratterizzazione di questi endofenotipi che sono associati a tale patologia può aiutare a conoscerne meglio le basi biologiche. Nel BP infatti i disturbi del sonno e del ritmo riposo-attività costituiscono le principali caratteristiche cliniche che interferiscono profondamente con la vita delle persone affette. Nel lavoro sono state monitorati tali fenotipi in 26 famiglie con più affetti da una forma grave di BP in fase di remissione e non affetti e ne è stata stimata l’ereditabilità, cioè è stato paragonato il grado di parentela con la somiglianza fenotipica. Dei 49 fenotipi con significativa ereditabilità 13 sono risultati endofenotipi del BP, che sono correlati con livelli di attività, bassi negli affetti. Lo studio di associazione GWAS dei 49 fenotipi, soprattutto dei 13 endofenotipi del BP, ha consentito di identificare una regione in 12pter associata alla stabilità dei livelli di attività quotidiana e ad altri 2 fenotipi di attività.

GENETICA UMANA/CLINICA
***
Timing, rates and spectra of human germline mutation. Nature Genetics 2016;48:126.
Mutazioni del DNA hanno cause esogene (radiazioni ionizzati, mutageni chimici) o endogene (respirazione ossidativa, errori di replicazione del DNA) che possono essere corrette da un pathway di riparazione del DNA suscettibile però ad errori che sono responsabili di mutazioni de novo ad ogni generazione. La stima del tasso di mutazioni ad ogni generazione di sostituzione di una singola base è di ~1–1.5×10−8 che avviene più frequentemente nella linea germinale maschile rispetto alla femminile, con una correlazione positiva con l’età paterna (ogni anno di età paterna al concepimento comporta ~2 ulteriori mutazioni de novo nel figlio/a). A riprova di questo è noto che il rischio di prole con una malattie autosomica dominante cresce con il crescere dell’età paterna. Tale effetto dell’età paterna è molto probabilmente dovuto al crescere delle replicazioni genomiche con l’età (da 160 nella linea germinale di un maschio di 20 anni a 610 all’età di 40 anni). Tramite il sequenziamento dell’intero genoma di 3 famiglie con più figli è stato rilevato un tasso medio di mutazione di 1.28×10−8 per nucleotide e per generazione, con un rapporto di mutazione paterno/materno di 3.5 e con un aumento lineare di 2.9 mutazioni per ogni ulteriore anno di età dei genitori, ma con significative differenze (più di 2 volte) tra le famiglie studiate. Analizzando accuratamente i dati del sequenziamento gli AA sono stati in grado di identificare nella linea germinale di un genitore (in uguale proporzione maschi/femmine) mutazioni de novo in mosaico (3.8%) in almeno l’1% delle cellule ematiche e una ricorrenza in due figli dell’1.3% della stessa mutazione appartenenti alla stessa famiglia, probabilità di ricorrenza compatibile con quanto noto dagli studi di rischio empirico. Questi dati fanno concludere che il tasso di mutazione per divisione cellulare è maggiore nel corso dell’embriogenesi e della differenziazione delle cellule primordiali germinali, tasso che si riduce considerevolmente durante la spermatogenesi post-puberale. Dal punto di vista pratico della consulenza genetica è opportuno tenere presente che ci sono differenze di ricorrenza di mutazioni de novo da famiglia a famiglia e che tale ricorrenza è stata osservata nel 24% per mutazioni in mosaico in >1% e nel 50% per mutazioni in mosaico nel 6% del sangue periferico di un genitore. Questo consiglia nel caso di mutazioni patogene un sequenziamento massivo (deep sequencing) del campione ematico dei genitori per escludere rischi di ricorrenza superiore al rischio empirico. Un altro dato interessante dallo studio è costituito dall’osservazione che l’origine parentale di una mutazione de novo modifica sensibilmente il rischio di ricorrenza con un rischio di 3-4 volte per mutazioni materne rispetto alle paterne. Questo è in accordo con quanto noto di un maggior rischio di ricorrenza di malattie X-L rispetto a quelle AD.

***
Visualizing the origins of selfish de novo mutations in individual seminiferous tubules of human testes. PNAS 2016;113:2454. Sempre in tema di cause di mutazioni de novo e linea germinale maschile. E’ noto l’effetto età paterna sulla frequenza di malattie AD nella prole. A livello della linea germinale maschile alcune mutazioni, inizialmente rare, per una crescita o un vantaggio di sopravvivenza acquistano un’espansione clonale simile a quello della crescita tumorale, fenomeno che sembra unico della specie umana. Questa “selfish (egoistica, ndr) selection” è stata documentata da studi che hanno quantificato le mutazioni presenti non tenendo conto però della loro origine cellulare. In questo lavoro sono state individuate mutazioni patogene nei tubuli seminiferi e consentono di documentare con più precisione lo spettro e la prevalenza delle mutazioni “egoistiche” in 14 testicoli di maschi di età dai 39 ai 90 anni (testicoli normali resi disponibili per lo studio per patologie accidentali, in gran parte da interventi di ernia inguinale, non tumori o infertilità), identificando 11 mutazioni con acquisizione di funzione dei geni FGFR2, FGFR3, PTPN11, RAS e KRAS da 16 dei 22 tubuli analizzati. Tutte le mutazioni sono responsabili di malattie che variano da quelle congenite al cancro. Questi interessanti risultati confermano l’ipotesi di una selezione positiva delle mutazioni delle cellule staminali spermatogoniali interessanti i geni del sistema di segnale RAS e la loro prevalenza nei maschi di età avanzata.

***
Deep phenotyping of 89 xeroderma pigmentosum patients reveals unexpected heterogeneity dependent on the precise molecular defect. PNAS 2016, 16 February:E1236 (alcuni AA italiani, che si sono sempre occupati di questa malattia). Lo XP è una rara malattia AR geneticamente eterogenea (noti 8 geni-malattia che intervengono in differenti tappe del processo di riparazione del DNA) con anomalie oculari (cheratite, che causa opacità e vascolarizzazione corneale) e di pigmentazione cutanea, alta sensibilità cutanea alle radiazioni UV, carcinomi cutanei multipli e in qualche caso segni neurodegenerativi. Un ampio campione di pz è stato sottoposto ad un follow-up di lungo termine dallo stesso team di clinici e ricercatori. L’analisi fenotipica ha messo in evidenza un’inattesa ed ampia eterogeneità di manifestazioni cliniche che dipendono dal gene interessato e dal tipo di mutazione (es. pz con XP-C, XP-E e XP-V, che sono meno soggetti a ustioni solari e quindi vengono protetti alle radiazioni UV, sono a maggior rischio di cancro cutaneo; pz XP-C hanno una maggior sensibilità ai danni oculari; la suscettibilità o la resistenza alla patologia neurologica in alcuni casi sono correlate alle differenti mutazioni). I risultati di questo studio consentono di conoscere meglio i meccanismi patogenetici della carcinogenesi, della patologia della superficie oculare e della neurodegenerazione, di formulare una più precisa prognosi in base ai dati genetici e di programmare un adeguato management clinico.

Mutations in CTNNA1 cause butterfly-shaped pigment dystrophy and perturbed retinal pigment epithelium integrity. Nature Genetics 2016;48:144 (due coAA italiani). La distrofia pigmentaria a forma di farfalla (Butterfly-shaped pigment dystrophy, MIM #608970) fa parte delle distrofie del pigmento retinico a trasmissione AD, il cui nome deriva dall’accumulo di pigmento a forma di ali di farfalla a livello maculare che comporta in età adulta la riduzione del visus e dei colori in genere con andamento benigno, ma che può progredire verso l’atrofia corio-retinica maculare. Solo in una piccola proporzione di casi sono presenti mutazioni del gene PRPH2, nei casi restanti non sono noti altri geni causativi. In questo lavoro ricorrendo a WGS in una famiglia olandese con più affetti vengono descritte mutazioni del gene CTNNA1 (Cadherin-Associated Protein). Il sequenziamento di questo gene in altre 93 famiglie con tale patologia e con altri tipi di distrofia ha individuato mutazioni dello stesso gene in altre 3 famiglie. Simili anomalie sono osservabili in un modello murino della malattia. Interessante il fatto che mutazioni di CDH3, che codifica un’altra caderina (P-cadernina), siano causa di atrofia del pigmento retinico e di anomalie pigmentarie, suggerendo quindi che anomalie di altri componenti del sistema di adesione intercellulare siano implicate nella degenerazione maculare.

Vibratory Urticaria Associated with a Missense Variant in ADGRE2, NEJM 2016;374:656. Le orticarie fisiche sono caratterizzate dalla formazione di lesioni (pomfi) cutanei in risposta a vari stimoli con degranulazione dei mastociti e liberazione di istamina. Le forme isolate o sindromiche di orticaria da freddo possono essere dovute a varianti del gene NLRP3 (MIM #120100, Familial Cold Autoinflammatory Syndrome 1) che codifica un componente del complesso di segnale infiammasomico o del gene PLCG2 (MIM #614468, Familial Cold Autoinflammatory Syndrome 3) che codifica una fosfolipasi regolatoria. In questo lavoro applicando l’analisi di linkage, il sequenziamento esomico e Sanger in due famiglie con più affetti e nel probando di una terza famiglia che presentavano orticaria vibratoria (orticaria da contatto con oggetti che vibrano) con trasmissione AD è stata trovata una mutazione missenso del gene ADGRE2 (EMR2) che segrega con la patologia cutanea (MIM #125630). Il sequenziamento con Sanger degli esoni codificanti di ADGRE2 in altri 60 pz con varie forme di orticaria fisica è risultato negativo. L’analisi funzionale indica che la missenso trovata ha le caratteristiche di una variante ipermorfica che comporta un’acquisizione di funzione da parte del recettore destabilizzando l’interazione inibitoria delle sue subunità alfa e beta e sensibilizzando i mastociti alla degranulazione non IgE mediata ma indotta dalle vibrazioni.

Systems genetics identifies a convergent gene network for cognition and neurodevelopmental disease. Nature Neuroscience 2016;19:223. Poco sappiamo delle determinanti genetiche delle capacità cognitive e la loro relazione con i geni implicati nelle patologie del neurosviluppo (schizofrenia, autismo, epilessia, disabilità intellettiva). In questo lavoro si è voluto studiare il network che regola i geni delle funzioni cognitive e verificare la loro relazione con le relative malattie. E’ stato applicato un studio genome-wide di espressione genica di varie regioni cerebrali di pz e di controlli. L’analisi del trascrittoma ippocampale ha consentito di individuare 24 moduli di coespressione (M1-M24), con numero di geni variabile da 29 a 1.148. Due moduli, M1 e M3, hanno mostrato un comune arricchimento di varianti dei geni delle capacità cognitive, tra cui la memoria. Analizzando i dati del sequenziamento esonico di 6.871 nuclei familiari (trio), si è osservato che i 150 geni del modulo M3 sono particolarmente arricchiti di mutazioni trovate in pz con patologie del neurosviluppo, disabilità intellettiva e soprattutto encefalopatia epilettica. Questi ultimi geni, la cui espressione è strettamente controllata nel corso dello sviluppo, non hanno ancora una certa collocazione in noti pathway funzionali. In conclusione sono stati individuati due network di coespressione associati alle normali capacità cognitive ed uno di questi che empiricamente sembra un network di geni regolatori influenzanti sia le capacità cognitive che la presenza di malattie del neurosviluppo.

Repeat, repeat, repeat — gene expression variability explained. Nature Reviews Genetics Feb 2016. Commento di un lavoro (Abundant contribution of short tandem repeats to gene expression variation in humans. Nature Genetics 2016;48:22) in cui si ammette che sappiamo poco del contributo di elementi ripetitivi dei caratteri quantitative della nostra specie e si portano i risultati di uno studio genome wide del contributo delle ripetizioni in tandem brevi (STR)(microsatelliti), che sono una delle più comuni classe di ripetizioni e di polimorfismi, sull’espressione genica nell’uomo. Le STR significative per espressione (eSTR) contribuiscono per il 10-15% della variazione ereditabile dell’espressione genica tra individui. Le eSTR sono localizzate in regione conservate e co-localizzano con elementi funzionali tra cui i siti di inizio della trascrizione e degli intensificatori (enhancer) e sembrano modulare alcune modificazioni istoniche. E’ noto il loro ruolo in alcune malattie mendeliane, come la m. Huntington, meno noto il ruolo nei caratteri quantitativi e nelle malattie complesse. Nello studio si è osservato che eSTR sono arricchite in loci segnalati dagli studi GWAS come associati a varie patologie autoimmunitarie come la m. Crohn e l’artrite reumatoide ed altre. Potrebbero quindi fornire importanti informazioni sull’architettura genetica dei caratteri quantitativi.

GENOME EDITING
Going Germline: Mitochondrial Replacement as a Guide to Genome Editing. Cell 2016;164:832. Nuovo appello perché per la modificazione germinale del genoma umano con il Genome editing si sfrutti l’esperienza acquisita e l’iter anche legislativo (per era solo in UK approvato il 3 Febbraio 2016) intrapreso per un’altra nuova tecnica e possibilità terapeutica (la donazione di mitocondri o three-parent babies). In Tabella 1 (interessante) vengono precisate le varie possibili tappe con confronto UK USA tra donazione di mitocondri e genome editing e l’avviso che è iniziata la sperimentazione clinica di sicurezza ed efficacia ed e’ in preparazione un regolamento etico per la prima in UK, e che è programmata una sperimentazione clinica per la sicurezza ed efficacia e in preparazione un regolamento sull’etica per il genome editing in USA. Vedi anche UK’s approval of mitochondrial donation shows how decisions on gene editing can be made. BMJ 2015;351:6745 (Articoli Dicembre 2015).

UK’s approval of mitochondrial donation shows how decisions on gene editing can be made. BMJ 2015;351:6745. Come fare per risolvere la questione se sia o meno opportuno l’editing genetico su embrioni umani? Fare come è stato fatto, in UK, per la donazione di mitocondri (Three-parent babies) approvata dopo più di 10 anni di proposte e discussioni dal Parlamento lo scorso 29 Ottobre. I 3 giorni dell’International Summit on Human Gene Editing di Dicembre a Washington DC, pur con molte cautele, non ha escluso che si possa ricorrere al gene editing nell’uomo. Si commenta che questi dibattiti con pareri contrastanti hanno sempre preceduto ogni avanzamento della tecnologia riproduttiva. La domanda finale:” We modify everything: our diet, our environment, our climate. Why not ourselves?”.

A proposito ancora di donazione di mitocondri: Finding an ethical path forward for mitochondrial replacement. Science 2016;351:668. I geni dei mitocondri sono pochi (solo 37), ma le loro mutazioni patogene sono relativamente frequenti (stime da 1:200 a 1:5.000) e le malattie gravemente debilitanti e progressive e talora fatali (questo rende difficile conoscere la loro prevalenza). Quindi il ricorso a strumenti preventivi è benvenuto e lecito. Nei primi mesi del 2016 UK, l’unica nazione, ha approvato il ricorso alla sperimentazione clinica nell’uomo delle tecniche di sostituzione con donazione di mitocondri (mitochondrial replacement)(MRT) per madri con mutazione del mtDNA. La FDA americana tramite l’Institute of Medicine ha formato un comitato di esperti per rispondere al quesito se sia etico ricorrere al MRT nell’uomo, comitato che il 3 Febbraio 2016 ha pubblicato le sue raccomandazioni che vengono illustrate in questa Perspective. Da dove si parte: coppie a rischio possono riprodursi affrontando il rischio (variabile ma probabilmente alto), oppure ricorrere alla diagnosi genetica preimpianto (ma con poche probabilità di individuare l’embrione senza mutazione), o a IVF ricorrendo a donazione di ovocita, o adozione o infine rassegnarsi a non avere figli. Il comitato ritiene (messa così, non aveva scelta, ndr) che sia etico ricorrere a sperimentazioni con MRT. Per l’aspetto ampiamente dibattuto di modificare geneticamente cellule germinali il comitato conclude che vanno presi in considerazioni i vari aspetti etici sociali e politici ma che non si può semplicemente proibire il ricorso a MRT. Per il rischio che se venisse consentita possa essere usata per altre condizioni (infertilità idiopatica o per l’età) comportando questo un’esplosione di richieste, il comitato propone di limitarla alla specifica indicazione di partenza. Per il rischio di un doppio contributo (materno e donatrice) di mtDNA il comitato non pone problemi. Per l’importante questione di distinguere modificazioni di mtDNA da quelle del nDNA (tecnologia CRISPR-Cas9) il comitato ne sottolinea le differenze e conclude che “it is ethically permissible to conduct clinical investigations of MRT, although only under certain conditions and principles”. Altro aspetto: selezione dei sessi, il comitato ritiene eticamente consentito di partire con sperimentazione solo di embrioni maschi (non per quelli femmine) per la necessità di procedere con cautela. Per l’aspetto infine delle garanzie per le sperimentazioni cliniche di MRT in termini di efficacia e sicurezza il comitato suggerisce che vengano effettuati studi preliminari su animali ed adottati adeguati sistemi di controllo concludendo che “Transparency and partnership with prospective parents and the general public are crucial, and public engagement is vital”.

CRISPR patents to go on trial. Nature Biotechnology 2016;34:121. Ancora la storia su chi appartiene la proprietà intellettuale del sistema di genome editing CRISPR-Cas. Si sta decidendo a chi dare il brevetto. Nel frattempo l’industria investe, come Bayer’s Life Science Center che ha scelto Baseland Cambridge, Massachusetts-based CRISPR Therapeutics per il primo investimento per sviluppare terapie in vivo per malattie ematologiche, cecità e difetti congeniti cardiaci e altri investimenti. Insomma l’industria si sta muovendo in questo nuovo campo di ricerca che ha buone prospettive terapeutiche.
Un articolo con un commento su Science: Structures of a CRISPR-Cas9 R-loop complex primed for DNA cleava. Science 2016;351:867 e Cas9, poised for DNA cleavage. Pg 811.CRISPR goes retro. Science 2016;351:920 e Direct CRISPR spacer acquisition from RNA by a natural reverse transcriptase–Cas1 fusion protein. Science 2016;351:932.

MODELLI ANIMALI E TERAPIE
***
Throttling back the heart’s molecular motor. Science 2016;351:556. Perspective di commento di un articolo sullo stesso fascicolo (A small-molecule inhibitor of sarcomere contractility suppresses hypertrophic cardiomyopathy in mice. Pg. 617) sulla possibilità di cura di una malattia genetica causa di morte improvvisa. Leggiamo frequentemente sui quotidiani che giovani atleti muoiono improvvisamente durante una gara e che all’autopsia si riscontra cardiomegalia con pareti ispessite e cellule muscolari cardiache disorganizzate e circondate da tessuto fibrotico. Da qui la diagnosi di cardiomiopatia ipertrofica familiare (HCM), malattia di frequenza non trascurabile (1:500 persone); uno dei geni-malattia è la miosina, motore molecolare cardiaco, identificato come causa della malattia nel 1990. La miosina è una adenosina trifosfatasi (ATPasi) che interagisce ciclicamente con i filamenti di actina del citoscheletro per convertire l’energia chimica in forza e movimento per la funzione di pompaggio del cuore. Genera il potere che muove i filamenti di actina nel sarcomero contraendo così le cellule muscolari. Grazie al modello murino si è stabilito il meccanismo patogenetico della HCM le cui mutazioni causative determinano un aumento di questa capacità (di due volte nel topo) e di conseguenza l’ipertrofia miocardica. Nel modello di topo è possibile contrastare questa contrazione iperdinamica muscolare con una piccola molecola inibitrice (MYK-461) che funziona solo se applicata prima che si instaurino i processi patologici della condizione. Di significativo è il fatto che la sregolazione dell’attività miosinica alla base di HCM può essere dovuta a mutazioni di altre proteine contrattili del cuore ed anche di alcune forme di cardiomiopatia dilatativa, tra cui anche alcune specifiche mutazioni della stessa miosina che in questo caso determinano una ridotta capacità contrattile. Da qui il ricorso ad un attivatore miosinico (omecamtiv) per la cura dell’insufficienza cardiaca nell’uomo (è in sperimentazione clinica in fase 2). Per ambedue queste patologie, l’ipertrofica e la dilatativa, per le quali sembra esserci una nuova possibilità terapeutica solo se applicata precocemente, è necessario allora uno screening genetico dei portatori di mutazioni patogene, screening che può essere limitato ai consanguinei di pz o, più efficacemente, esteso a popolazioni selezionate.

Epigenetic ON/OFF Switches for Obesity. Cell 2016;164:341. Commento e lavoro (Trim28 Haploinsufficiency Triggers Bi-stable Epigenetic Obesity. Pg. 353) Interessanti risultati nel topo in cui è stato individuato un interruttore molecolare epigenetico trasmissibile che controlla il peso corporeo causando due fenotipi diversi relativi per il peso corporeo. Gli AA sono partiti da topi singenici (hanno tutti i geni identici) con mutazione di TRIM28 che hanno i due fenotipi differenti (normale ed obeso), gli obesi hanno però una ridotta espressione di un network di geni, tra cui Nnat e Peg3, e la delezione di uno di questi due geni è sufficiente per ricapitolare il fenotipo bimodale di adiposità.
Interessante: gli AA hanno esaminato i profili trascrizionali di più coorti trovando che anche nell’uomo c’è la stessa stratificazione in due fenotipi secondo l’espressione di TRIM28, il trascrittoma e BMI. E così sembra che ci siano meccanismi epigenetici ereditabili che possono contribuire all’incremento di prevalenza dell’obesità.
Adult restoration of Shank3 expression rescues selective autistic-like phenotypes. Nature 2016;530:481. L’1% dei casi di autismo è dovuto a mutazioni di SHANK3, codificante una proteina che regola lo sviluppo e la plasticità sinaptica che dirige l’assemblaggio del complesso di segnale macromolecolare della densità postsinaptica. Da notare che duplicazioni di questo gene comportano ADHD e disturbo bipolare, quindi l’espressione di SHANK3 è critica per il normale sviluppo neurologico.
Nel topo la delezione di questo gene porta a comportamenti simil-autistici, mentre nel topo adulto knock-in condizionale la ri-espressione del gene è associata ad un miglioramento della composizione proteica sinaptica, della densità delle spine sinaptiche e della funzione neurale dello striato. E dal punto di vista comportamentale si assiste nell’adulto ad un recupero di alcuni segni quali l’interazione sociale e il comportamento ripetitivo di lisciatura della pelliccia, ma non dell’ansietà e delle difficoltà di coordinazione motoria. Questi risultati depongono per un effetto importante sulla funzione neurale dell’espressione di Shank3 e un certo grado di persistenza di plasticità del cervello adulto.

Stem cells make the bowel nervous. Nature 2016;531:44. Commento di un articolo sullo stesso fascicolo (Deriving human ENS lineages for cell therapy and drug discovery in Hirschsprung disease. Pg. 105) in cui si applica nel modello murino della m. Hirschsprung una terapia con precursori delle cellule staminali del sistema nervoso enterico (ENS). Nella m. Hirschsprung manca il network di neuroni e cellule gliali di supporto nella parete dell’intestino (chiamato “secondo cervello” per la sua autonomia, diversità di neurotrasmissione e complessità di architettura), network essenziale per la funzione digestiva. La mancata migrazione dei precursori neuronali nel nel corso del primo trimestre di vita intrauterina può comportare una malattia letale, con una tipica sintomatologia intestinale accompagnata da una costante contrazione dell’intestino interessato. Il trattamento classico consiste nella rimozione chirurgica dell’intestino senza ENS, spesso (in 1/3 dei casi) però con la permanenza di problemi intestinali (enterocoliti). Nel lavoro il trapianto in epoca postnatale di precursori di cellule staminali derivate dal ENS, cellule che possono essere isolate dall’intestino umano ad ogni età e coltivate in vitro, previene la morte prematura dell’animale. La terapia con cellule staminali autologhe nel prossimo futuro potrebbe, se confermata anche in altri modelli, sostituire il trattamento chirurgico.

PD-1 immune checkpoint blockade reduces pathology and improves memory in mouse models of Alzheimer’s disease. Nature Medicine 2016;22:135. Ricorrendo al modello murino dell’Alzheimer si dimostra che il checkpoint immunitario può essere un bersaglio terapeutico per questa malattia.

Human neural crest cells contribute to coat pigmentation in interspecies chimeras after in utero injection into mouse embryos. PNAS 2016;113:1570. Le cellule staminali umane mantenute in coltura a breve termine non sono un buon modello per studiare la fisiopatologia di malattie a comparsa tardiva e a lenta evoluzione istopatologica. Sembrano invece più utili altri modelli come le chimere uomo-topo, come dimostrato in questo lavoro con il ricorso a cellule della cresta neurale ottenute da cellule staminale pluripotenti umane iniettate in embrione di topo albino. Queste cellule migrano nell’embrione e generano cellule pigmentate funzionanti, come documentato dalla pigmentazione del mantello dell’animale in epoca postnatale. Si conferma quindi che ricorrendo alle iPSC e alle chimere uomo-animale è possibile studiare in vivo il potenziale sviluppo di cellule umane derivate da pazienti.

Induction of de novo α-synuclein fibrillization in a neuronal model for Parkinson’s disease. PNAS 2 February 2016:E912. I corpi Lewy (LB) sono la principale caratteristica istopatologica del Parkinson, ma non sappiamo come si formano queste inclusioni fibrillari intraneuronali di α–sinucleina o come contribuiscono alla progressione della malattia. Questo dipende dal fatto che manchiamo di adeguati modelli animali che riproducono la formazione delle inclusioni fibrillari. Nel lavoro si osserva che l’assenza di fibrillazione di α–sinucleina umana in LB nel topo transgenico può essere attribuita all’interazione tra α–sinucleina umana e il suo omologo espresso dall’animale. Questi risultati aiutano a capire meglio il processo di fibrillazione e forniscono un modello adeguato di studio per uno screening farmacologico e di modulatori genetici della fibrillazione della α–sinucleina nei neuroni.

Making marks in oocyte development. Nature Reviews Genetics. February 2016. Commento dell’articolo Dynamic changes in histone modifications precede de novo DNA methylation in oocytes. Genes & Development 2016;29:2449 in cui si dimostra che modificazioni istoniche dinamiche sono alla base negli oociti del topo del processo di metilazione del DNA nelle cellule germinali durante lo sviluppo.

CARATTERI-MALATTIE COMPLESSE/STUDI ASSOCIAZIONE
Human genetics shines a light on ischaemic stroke. Lancet Neurology 2016;15:130. Commento dell’articolo sullo stesso fascicolo (Loci associated with ischaemic stroke and its subtypes
(SiGN): a genome-wide association study. Pg. 174) sull’uso degli studi di associazione genome wide (GWAS) per identificare loci dell’ictus ischemico, che condivide alcune cause con la malattia coronarica in cui con la stessa metodica sono stati individuati almeno 50 loci associati che hanno contribuito a conoscere meglio la patogenesi, come nel caso del gene ADAMTS7. In questo ampio studio di GWAS per l’ictus ischemico si conferma l’associazione che alcuni loci della malattia coronarica, come HDZC9 in particolare per i processi aterosclerotici delle grandi arterie. E un nuovo locus coinvolgente TSPAN2, parte della superfamiglia delle tetraspanine, la cui proteina è espressa nelle grandi arterie e nei leucociti, locus non associato alla malattia coronarica e quindi un utile riferimento per la patogenesi specifica per l’ictus ischemico. Sarebbe interessante verificare se la proteina può essere identificata nel plasma e identificare se sue varianti genetiche sono associate ai livelli delle proteine plasmatiche. Quindi individuare nuovi fattori di rischio causa di specifici sottotipi di ictus ischemico.

A large genome-wide association study of age-related macular degeneration highlights contributions of rare and common variants. Nature Genetics 2016;48:134. Lo studio di associazione genome-wide dimostra che per la ricerca di nuovi loci per malattie genetiche complesse occorrono grandi campioni da analizzare. Sono infatti stati sottoposti a GWAS 16.144 pz con degenerazione maculare senile e 17.832 controlli e sono state identificate 52 varianti comuni e rare di 34 loci, con un’associazione significativa per la sola degenerazione “umida” in prossimità di MMP9 (Matrix metallopeptidase 9). Sono state individuate rarissime (<0.1%) varianti codificanti che suggeriscono un ruolo causativo di CFH, CFI e TIMP3 e una variante di splicing di SLC16A8 (un membro della famiglia di molecole trasportatrici che mediano il trasporto di lattato attraverso le membrane cellulari).

Genome-wide association analysis identifies TXNRD2, ATXN2 and FOXC1 as susceptibility loci for primary open-angle glaucoma. Nature Genetics 2016;48:189. Mediante GWAS sono stati individuati numerosi loci associati al glaucoma primario ad angolo aperto, principale causa di cecità in tutto il mondo. In questo lavoro è stata applicata una meta-analisi di studi con GWAS di popolazioni diverse (USA; Australia, Europa, Singapore) per individuarne nuovi loci: TXNRD2, che codifica una proteina mitocondriale necessaria per l’omeostasi ossidoriduttiva, ATXN2 e a monte di FOXC1. Si dimostra anche che TXNRD2 e ATXN2 sono espressi nelle cellule gangliari retiniche e a livello della testa del nervo ottico.