Scelta di articoli
di Genetica Clinica/Umana pubblicati in Gennaio
2016 nelle seguenti riviste: British Medical Journal, Lancet, Lancet
Neurology, Nature, Nature Biotechnology, Nature Genetics, Nature Medicine,
Nature Neuroscience, Nature Reviews Genetics, Nature Reviews Neuroscience,
NEJM, PNAS, Science & Cell.
ARTICOLI DA NON
PERDERE
Genetic
studies in intellectual disability and related disorders. Nature Reviews
Genetics 2016;17:9. Lunga introduzione sulla disabilità intellettiva (ID), che in età
pediatrica è la più comune causa di richiesta di consulenza genetica per
diagnosi e counseling. Per l’estrema eterogeneità genetica l’approccio più
logico è costituito dalle tecniche di screening genetico dell’intero genoma per
la ricerca delle CNV con i microarray e le SNV con NGS (WES o WGS). Abbiamo
imparato, in parte quanto già si sapeva, che la fitness riproduttiva condiziona
l’architettura genetica delle ID, che vi è una correlazione positiva tra numero
geni nel CNV e gravità, e che le mutazioni de
novo sono associate ad un ID più grave e a un quadro sindromico, mentre le forme
più comuni e più complesse di eredità sono la base delle forme più lievi di ID.
In questa Review sono presentate le conoscenze recentemente acquisite e il loro
impatto sulla diagnosi, prognosi e terapia. Un po’ di storia dall’esame
cromosomico ai microarray, che hanno contributo a definire l’architettura
genetica delle sindromi da CNV più note a quelle meno note e l’identificazione
dei geni responsabili sensibili all’effetto dose. Oltre 700 geni sono stati
sinora identificati per ID isolate o sindromica con trasmissione AR, AD (si
stima che moltissimi siano ancora da identificare) e XL (si stima che ne siano
stati identificati la maggior parte)(http://www.nature.com/nrg/journal/v17/n1/full/nrg3999.html#supplementary-information). NGS ha consentito di identificare il gene
delle sindromi note e il gene di sindromi ID private con il confronto dei
risultati del sequenziamento di pochissimi pz; la prossima tappa sarà quella di
identificare la base genetica delle ID non sindromiche più comuni. La resa
diagnostica delle ID gravi con WGS è del 60% (39% per mutazioni puntiformi de novo e 21% per CNV), senza alcun
contributo di mutazioni in sede non codificante. Per le recessive, la resa
diagnostica di NGS targeted dopo mappatura per omozigosi in famiglie
consanguinee è stata del 57%. La validazione della patogenicità di un gene si
avvale di varie tecniche (studi caso-controllo, il ricorso a studi in vitro e in vivo in modelli animali), la prima ovviamente è quella della
replicazione, cioè l’osservazione di pz con mutazioni dello stesso gene stimate
dannose e fenotipo simile tramite l’applicazione del reverse phenotyping
(rianalisi fenotipica alla luce del gene mutato). La Review poi prosegue con quanto
ora sappiamo dei processi biologici sottostanti ID, con particolare riguardo a pathway
comuni con altre patologie del neurosviluppo come l’autismo, la schizofrenia e
l’epilessia, e le nuove prospettive di ricerca tra cui l’eredità digenica ed
oligogenica, le mutazioni in sedi non codificanti e quelle somatiche
Telling
patients of incidental genetic findings is questionable, researchers warn. BMJ
2016;352:h7034.
Establishing
the Clinical Validity of Arrhythmia-Related Genetic Variations Using the ElectronicMedical
Record. JAMA 2016;35:33.
Association
of Arrhythmia-Related Genetic Variants With Phenotypes Documented in Electronic
Medical Records. JAMA 2016;35:47. Commento (BMJ) ed editoriale (JAMA) di uno
studio (JAMA) sulle conseguenze fenotipiche di possibili varianti di sequenza
patogene di 2 geni dei canali ionici, le cui mutazioni sono associate a due
sindromi potenzialmente fatali, gene SCN5A-s. Brugada (MIM #601144) e KCNH2 L’analisi
è stata condotta in una popolazione di 2.022 pz di 7 differenti centri medici
americani di età media di 61 anni, non selezionati per patologie di conduzione
cardiaca - s. QT lungo (MIM #192500). L’analisi è stata condotta in una
popolazione di 2.022 pz di 7 differenti centri medici americani di età media di
61 anni, non selezionati per patologie di conduzione cardiaca ricorrendo alle
informazioni presenti nella carella medica elettronica (EMR) ed al sequenziamento ad alta qualità, con
successiva conferma Sanger, dei due geni da parte di 2 laboratori commerciali
ed 1 accademico esperti di analisi molecolare di queste patologie.
Lo scopo, come ben riporta il lungo commento su JAMA, è di testare
la validità clinica di questi test genetici prima di consigliarne l’uso clinico,
validità che si può definire come la capacità, individuando una variante
genetica, di precisare o prevedere l’effetto sulla salute di una persona, anche
se va sottolineato che questa è una condizione necessaria ma non sufficiente
perché quel test possa essere considerato un biomarcatore utile in clinica.
Infatti buona parte delle informazioni sui test genetici di cui disponiamo si
basano su studi applicati a famiglie a rischio di quella patologia, mentre
sappiamo nulla o molto poco se cerchiamo tali “biomarcatori” in una popolazione
non selezionata di persone e in buona salute, premessa necessaria per poter
realizzare quello che si chiama medicina di precisione. Gli AA hanno trovato
che l’11% della coorte (223 persone) avevano una o più varianti rare di questi
due geni, con 42 varianti considerate da almeno un laboratorio come patogene o
probabilmente tali trovate in 63 persone. Come peraltro atteso (vedi
Next-generation
sequencing-based genome diagnostics across clinical genetics centers:
implementation
choices and their
effects. EJMG 2015;23:1042)(selezione articoli Ottobre 2015) è stata osservata bassa
concordanza di interpretazione sulla patogenicità delle varianti da parte dei tre
laboratori. L’analisi delle cartelle cliniche elettroniche con i risultati
degli ECG non ha trovato differenze significative di prevalenza di aritmia o di
anomalie ECG tra partecipanti con o senza tali varianti. Con il controllo
manuale delle cartelle il 35% (22 di 63) dei partecipanti con una di queste
varianti ha segni di aritmia o anomalie ECG e solo 2 hanno un intervallo QT
corretto più lungo di 500 millisecondi (vn in ms: <430 maschi, <450
femmine, ndr). Possibili spiegazioni: 1. le manifestazioni cliniche non sono
state registrate nelle cartelle elettroniche di qualche pz; 2. la variante
necessita di una concausa ambientale o genetica per determinare la patologia; 3.
qualche variante comporta poco o nessun rischio di aritmia o anomalie ECG. Quanto osservato potrebbe avere valore anche per situazioni
simili come gli Incidental Findings del NGS.
MALATTIE NEUROLOGICHE/NEUROMUSCOLARI/NEURODEGENERATIVE/
PSICHIATRICHE
Movement disorders: advances in 2015. Round up 2015: cose nuove per il
Parkinson ed altri disturbi del movimento. Nuovo gene del Parkinson
familiare AD (CHCHD2)
con NGS in una famiglia pakistana (o suscettibilità al Parkinson come sono
varianti di SNC e LRRK2, e alla demenza con corpi Lewy).
Patologia simile a quella dei prioni in
molti disturbi del movimento come Parkinson, demenza con corpi Lewy e Atrofia
multisistemica.
I modelli animali suggeriscono che
patogeni enterici neurotropici possono entrare nel cervello tramite il nervo
vago con un processo lentissimo che dura decenni.
Approvato dalla FDA un farmaco, IPX066
che è un nuova formulazione orale a lunga durata di carbidopa-levodopa, disegnato
per raggiungere rapidamente e mantenere dose terapeutiche dei farmaci.
Nel Parkinson avanzato sembra essere
efficace la stimolazione cerebrale bilaterale profonda della parte interna del
globo pallido e del nucleo subtalamico.
Degenerative neuromuscular diseases: crucial gene and
cell machinery discoveries. Lancet Neurology
2016;15:12.
Round up 2015 (AA italiani). Nuovi geni della Sclerosi Laterale Amiotrofica:
CHCHD10, NEK1 e, in particolare, TBK1. Questo gene trovato con GWAS oltre ad
altri noti (SOD1, VCP, and TARDBP), la cui proteina è coinvolta nell’autofagia
e nell’infiammazione, meccanismi patogenetici già sospettati in questa malattia
neurodegenerativa. Pz con mutazione di TBK1 possono avere diversi fenotipi.
Si è chiarito almeno in parte il
meccanismo molecolare della ALS da espansione esanucleotidica di CORF72 (causa
del 50% dei casi familiari e del 5% dei casi sporadici) da difettoso trasporto
nucleare.
Ci sono state ulteriori avanzamenti
nella comprensione della patogenesi di malattia neurogenerative da alterato
processamento RNA, come l’ALS da mutazioni del gene TARDBP e l’Atrofia
muscolare spinale 1, esempi di malattie da alterato splicing RNA, con buone
prospettive terapeutiche.
Prospettive terapeutiche vengono da
esperimenti nel topo per ALS da mutazioni di SOD1 e per la m.
Charcot-Marie-Tooth 1B tramite un meccanismo di stimolazione di eIF2
(eukaryotic translation initiation factor 2) che contrasta l’accumulo di
proteine malripiegate.
Nonnative SOD1 trimer is toxic to motor neurons in a model
of amyotrophic lateral sclerosis. PNAS
2016;113:614.
L’aggregazione proteica è alla base delle malattie neurodegenerative. Mutazioni
di SOD1 (superossido dismutasi) sono causa di ALS e l’ipotesi patogenetica, non
provata, è che aggregati di questa proteina causino la morte neuronale. In
questo lavoro si dimostra sperimentalmente che aggregati di SOD1 mutante comportano
in effetti la morte neuronale. La comprensione di questi processi patologici
può favorire l’individuazione di un modo di intervenire sulla formazione di
questi aggregati.
The road less traveled:
Start-ups invest in novel approaches against neurodegeneration. Nature Medicine 2016;22:11. Stanno nascendo
molte start up che intendono usare differenti approcci per la ricerca di una
terapia per le malattie neurodegenerative rispetto a quelli attuali come ridurre
l’accumulo di aggregati Aβ nell’Alzheimer e di α-sinucleina nel Parkinson.
Alcune si stanno orientando nell’individuazione del ruolo patogenetico
dell’accumulo di prodotti di scarto nei lisosomi dei neuroni anche partendo
dall’osservazione che gli eterozigoti di mutazioni causa della m. Gaucher, una
malattia da accumulo lisosomiale, sono a rischio di Parkinson. Altre nel
ridurre non tanto l’accumulo di aggregati Aβ nell’Alzheimer quanto nel ridurne
gli effetti tossici. Altri ancora si stanno concentrando sui meccanismi patogenetici
dei “degenogeni” (geni della neurodegenerazione) o dei geni di pathway che
partecipano a questo processo e che svolgono un ruolo di modificatori. Ci sono
start up che stanno sviluppando anticorpi monoconali che legano ed inibiscono
un componente del pathway del complemento, C1q, che attiva le risposte immunitarie
da anticorpi e che ha anche una funzione di
rimozione dell’eccesso di sinapsi nelle prime fasi dello sviluppo cerebrale e
che, si ipotizza, potrebbe essere riattivato su stimolazione dei processi
infiammatori presenti nelle malattie neurodegenerative. Il sistema immunitario
potrebbe anche essere un obiettivo terapeutico, come per alcuni tipi di cancro
trattati con immunoterapia, con anticorpi che modulano i geni dell’immunità
espressi nelle cellule immunitarie. In conclusione “We’ll be treating Alzheimer’s disease and Parkinson’s disease more like
we’re treating cancer. We won’t be classifying based on symptoms, but based on
underlying defects” (bel programma che dovrebbe essere adottato sempre, ndr).
Disrupted nuclear import-export in neurodegeneration. Science 2016;351:125. Commento dell’articolo sullo stesso fascicolo (Cytoplasmic
protein aggregates interfere with nucleocytoplasmic transport of protein and
RNA. Pg. 173) che rileva che il danno tossico nelle
malattie neurodegenerative è dovuto all’accumulo di proteina simil-amiloide nel
citoplasma, non nel nucleo. Le principali malattie neurodegenerative, come
l’Alzheimer, la SLA, il Parkinson e la m. Huntington sono dovute all’accumulo
di proteine malripiegate nel citoplasma cellulare. Nel lavoro, ricorrendo a
tecniche in vitro, si conclude che
l’aggregazione citoplasmatica interferisce con il trasporto nucleo-citoplasmatico
proteico e di RNA, mentre non si produce alcuna inibizione di trasporto quando
l’inclusione delle stesse proteine avviene in prossimità del nucleolo o nel
nucleo.
Parkinson’s
disease–associated mutant VPS35 causes mitochondrial dysfunction by recycling
DLP1 complexes. Nature Medicine 2016;22:54. La m. Parkinson ha come
caratteristica patogenetica una disfunzione mitocondriale che in base a recenti
ricerche sembra essere costituita da un’alterata dinamica e un alterato
controllo di qualità. Mutazioni del gene VPS35 (vacuolar
protein sorting 35) è il terzo gene dopo
SNCA e LRRK2 del Parkinson a
trasmissione autosomica dominante e non se ne conosce il meccanismo
patogenetico nel causare la neurodegenerazione. Da questo lavoro risulta una
frammentazione mitocondriale e morte cellulare nei neuroni coltivati in
vitro, nella sostanza nigra in vivo del topo KO di VPS35 e nei
fibroblasti di pz con una mutazione di VPS35. Le mutazioni determinano un’aumentata interazione della proteina codificata
con DLP1 (dynamin-like
protein) mitocondriale,
componente delle GTPasi che regolano le continue fissioni e fusioni
mitocondriali, con aumentato turnover dei complessi DLP1 e frammentazione
mitocondriale. Le anomalie mitocondriali e la disfunzione neuronale possono
essere evitate inibendo chimicamente la fissione mitocondriale. Da sottolineare
che lo stress ossidativo aumenta tale interazione, che è stata trovata anche
nel Parkinson sporadico. Questo meccanismo patogenetico sembra quindi operare
non solo nel Parkinson familiare ma anche in quello sporadico.
Amyloid
plaques are still main target for Alzheimer’s Drugs. BMJ 2016;352:i214.
Il genetista inglese che ha sostenuto che il meccanismo patogenetico
dell’Alzheimer sia dovuto all’accumulo di amiloide (amyloid
hypothesis) è ottimista (New Year lecture at the University College London School
of Pharmacy on 12 January) sui risultati dei farmaci che riducono le placche di
amiloide, nonostante gli insuccessi delle sperimentazioni cliniche. Peraltro,
fanno notare alcuni, questi farmaci sono molto costosi. Ottimista soprattutto
per la nuova sperimentazione della Eli Lilly con farmaci come solanezumab o più
recentemente come aducanumab della Biogen.
Interessante quanto propone per la s.
Down, in cui c’è il rischio consistente di Alzheimer precoce dovuto al fatto
che in questa trisomia vi è un’aumentata produzione di amiloide. Ma nella s.
Down non si ritiene etico fare una sperimentazione clinica, per motivi che secondo
lui sono del tutto fuori luogo. Ma annuncia che sta partendo in USA una
sperimentazione in questa sindrome con un vaccino contro l’amiloide β e spera
che un’analoga sperimentazione parta anche in UK.
Articoli sull’architettura genetica
della Schizofrenia.
Back to the past in schizophrenia genomics. Nature
Neuroscience 2016;19:1. Commento
degli articoli sullo stesso fascicolo (Mapping DNA methylation
across development, genotype and schizophrenia in the human frontal cortex. Pg.
40; Methylation QTLs in the developing brain and
their enrichment in schizophrenia risk loci. Pg. 48) sui risultati dell’analisi della mappa
della metilazione dinucleotidica CpG di encefali fetali ed adulti associata con
studi di genomica integrativa che portano ad individuare un legame tra
epigenoma e rischio di architettura genetica di schizofrenia. I risultati
portano a concludere che la maggior parte delle differenze di metilazione
nell’encefalo adulto dei pz con questa malattia non dipendano tanto dalla (dis)regolazione
epigenetica in età adulta quando compaiono i primi segni della malattia, quanto
da meccanismi che operano nel corso dello sviluppo cerebrale. L’ipotesi quindi
che vi sia una componente epigenetica allo origini dello sviluppo della schizofrenia.
Si può ipotizzare che l’architettura epigenetica della schizofrenia interagisca
con la sottostante architettura genetica che influenza l’epigenetica cerebrale durante
lo sviluppo prenatale e che tali interazioni geno-epigenotipiche si ripetano durante
la vita postnatale influenzando l’encefalo a rischio in diversi periodi di
sviluppo e di maturazione.
Altro articolo sullo stesso argomento:
Identification of schizophrenia-associated loci by combining
DNA methylation and gene expression data from whole blood. European J. Human
Genetics 2015;23:1106.
GENETICA UMANA/CLINICA
***
SNP location helps predict disease aetiology. Nature Reviews Genetics
January 2016. Commento di un articolo (Wu XM, Hurst
LD. Determinants of the Usage of
Splice-Associated cis-Motifs Predict the Distribution of Human Pathogenic SNPs.
Molecular
Biology and Evolution 2015;33:518). Nella selezione delle varianti trovate all’analisi
genetica alla ricerca di quelle causa di malattia vengono di solito escluse
quelle silenti, che non modificano la sequenza aminoacidica. Ma sappiamo che in
qualche caso lo sono tramite un effetto sul processo di splicing RNA, quando ad
es. alterano o un sito di splicing o un enhancer (ESE) o un silenziatore di
splicing esonico, che sono particolarmente presenti nel tratto finale
dell’esone. Ipotesi di lavoro: la distribuzione nei geni degli ESE potrebbe
prevedere la localizzazione delle SNP patogene. Gli AA hanno analizzato il
database ClinVar trovando 8.250 SNP esoniche sinonime o missenso in 1.747 geni.
Oltre l’82% di queste sono localizzate entro 69 pb dalla giunzione
esone-introne, con una maggior concentrazione entro 3 pb dal sito di splicing;
lo stesso arricchimento è stato trovato nelle regioni fiancheggianti le aree ad
alta densità di ESE, mentre le parti centrali degli esoni hanno la metà di SNP
patogene. Da qui la stima che il 24% delle SNP patogene, sia sinonime che
missenso, alterano lo splicing. Considerando che anche le mutazioni nella parte
centrale dell’esone possono alterare il processamento dell’RNA si arriva ad una
stima ancor maggiore (44%). Quindi sembra che l’alterazione dello splicing,
indipendentemente dal fatto che la SNP sia sinonima o missenso, sia un
frequente meccanismo causa di malattia. E questa ipotesi è ulteriormente
confermata dal fatto che buona parte dei geni-malattia hanno più esoni rispetto
ai geni che non risultano associati a malattie, pur tenendo conto della
lunghezza della sequenza di DNA codificante. Quanto suggerito ha una rilevanza
pratica considerevole, perché nella pratica corrente le varianti sinonime non
sono considerate, come invece dovrebbe essere. Gli AA stanno preparando un
sistema computazionale per predire quali sinonime potrebbero essere associate a
malattia.
A proposito di splicing:
RNA
mis-splicing in disease. Nature Reviews Genetics 2016;17:19. Review sui
meccanismi di splicing dell’RNA e sulle mutazioni causa di malattia con
particolare enfasi su quelle recentemente descritte che ci fanno capire meglio
il meccanismo regolatorio dello splicing. Vengono anche prese in considerazione
le recenti strategie terapeutiche di modulazione dello splicing. In Tab. 1 le
malattie da alterazione dello splicing (n° 10 in cis, tra cui la Progeria; n° 3
dello spliceosoma, tra cui la Retinite Pigmentosa AD gene PRPF6; n° 5 in trans,
tra cui la SMA). Come esempi di terapia di modulazione dello splicing la m.
Duchenne nel caso di delezione dell’esone 51 con il ricorso ad oligonucleotidi
antisenso (drisapersen o eteplirsen)
che consentono con lo skipping esonico di ottenere una proteina più corta ma
funzionante; un’altra malattia per la qualche è tuttora in corso la
sperimentazione clinica con ASO è la SMA. Oltre agli ASO sono in
sperimentazione anche terapie con piccole molecole che modulano l’attività di fattori
di splicing o sequenze di RNA per bloccare il reclutamento dei fattori di
splicing per le sequenze mutate, usate per migliorare l’efficienza della
terapia con ASO nella m. Duchenne (come il dantrolene) e nella SMA. Con il
miglioramento delle nostre capacità di identificare l’alterato splicing come
causa di malattia crescerà di pari passo il numero di condizioni in
sperimentazione clinica e possibilmente curabili.
***
Protein
misfolding in the endoplasmic reticulum as a conduit to human disease. Nature
2016;529:326.
Bellissima review sul meccanismo patogenetico comune ad alcune malattie neurodegenerative e metaboliche.
Il reticolo endoplasmatico (ER) è un organello specializzato che coordina la
sintesi, il ripiegamento e il trasporto di almeno un terzo delle proteine.
Regola l’omeostasi, processo di controllo della biogenesi, il ripiegamento,
l’assemblaggio il traffico e la degradazione delle proteine destinate agli
organelli dello spazio extracellulare. Queste proteine regolano processi
cellulari fondamentali e la comunicazione tra cellula e cellula. Il preciso
ripiegamento proteico è necessario per la sopravvivenza cellulare e per i
normali processi fisiologici dell’organismo. L’alterata omeostasi dell’ER porta
all’accumulo di proteine malripiegate all’interno dell’ER, conosciuto come
stress dell’ER, che attiva la risposta alle proteine malripiegate (UPR).
L’attivazione di UPR promuove la sopravvivenza o, se lo stress è cronico o
grave, la morte cellulare.
In questa Review viene presentato
quello che si sa dei meccanismi cellulari e molecolari che stimolano lo stress
ER e l’attivazione di UPR e l’impatto sulla funzione e sul destino della
cellula. E l’importanza dell’omeostasi ER per lo sviluppo, la fisiologia e le
malattie nell’uomo. La review termina con la prospettiva del ricorso a farmaci
che hanno come bersaglio il meccanismo di stress ER ed i pathway UPR, farmaci
che costituiscono l’approccio più promettente nella terapia del cancro.
***
Shared Genetic
Predisposition in Peripartum and Dilated Cardiomyopathies. NEJM
2016;374:233. La cardiomiopatia materna perinatale
(poco prima o poco dopo) che provoca insufficienza cardiaca è una seria
condizione con mortalità del 5-10% e che nel 4% si risolve con un trapianto
cardiaco. L’incidenza varia molto, in alcuni paese dall’1:100 al 1/300 (Nigeria
e Haiti), in Europa e USA è di 1:4.000. I fattori di rischio sono la
pre-eclampsia, la gravidanza gemellare e l’età materna avanzata. Non se ne
conoscono le cause, ipotizzata un’autoimmunità, il microchimerismo, una
miocardite, l’eccesso alimentare di sale o il deficit di selenio. Dal punto di
vista patogenetico si pensa sia una patologia vascolare prodotta dalle
modificazioni ormonali tipiche della gravidanza, anche se questo meccanismo è poco
spiegabile sulla base della sua incidenza. L’ipotesi di una base genetica è
stata posta per la sua frequenza particolarmente alta in alcune popolazioni e per
la familiarità, non comune, anche se in Germania in uno studio è stata
osservata nel 15% delle pz con familiari affette da patologia cardiaca
perinatale, come miocardiopatia, miocardiopatia dilatativa, aritmia o morte
improvvisa. In questi casi di familiarità sono state trovate mutazioni
causative di geni delle proteine microfibrilalri, tra cui TTN che codifica la
proteina sarcomerica Titina. Infine clinicamente la cardiomiopatia perinatale
ha alcuni aspetti clinici in comune con la quella idiopatica dilatativa, in cui
sono state trovate mutazione di vari geni, incluse mutazioni troncanti di TTN (presenti
nel 25% dei casi familiari e nel 18% dei casi sporadici con miocardiopatia
dilatativa). In questo lavoro sono stati sequenziati 43 geni della miocardiopatia
dilatativa idiopatica in 172 donne con cardiomiopatia perinatale (di 6 diversi
gruppi e gravità) e confrontata la prevalenza di varianti nonsenso, frameshift
e di splicing con quella di pz con cardiomiopatia dilatativa idiopatica e in
controlli. La prevalenza trovata nei due primi gruppi è simile, con alcune
mutazioni in comune. Identificate mutazioni troncanti nel 15% delle pz, in gran
parte a carico del gene TTN. In un sottogruppo di pz con la cardiomiopatia
perinatale con quadro clinico ben definito la presenza di m. troncanti TTN era
significativamente correlata con una più bassa frazione di eiezione al
follow-up di 1 anno. In conclusione situazione genetica simile tra la
cardiomiopatia perinatale e quella dilatativa idiopatica con le varianti troncanti
di TTN come principale causa genetica di ambedue le patologie.
TRAIP
promotes DNA damage response during genome replication and is mutated in
primordial dwarfism. Nature Genetics 2016;48:36 (due AA italiani). Mutazioni dei geni del
pathway di segnale della risposta al danno del DNA (DDR)(che regola la
replicazione e la riparazione del DNA ma anche altri importanti processi come
la trascrizione, lo splicing dell’RNA e il metabolismo e il cui principale gene
è ATM –Atassia Telangiectasia Mutata) sono causa di malattie con
predisposizione al cancro, immunodeficienza, invecchiamento prematuro,
neurodegenerazione, deficit di crescita e microcefalia. Il nanismo primordiale
microcefalico (MPD) è costituito da un gruppo di malattie genetiche a trasmissione
AR (s. Seckel, Nanismo primordial osteodisplasico, s. Meier-Gorlin) con deficit
di crescita pre- e post-natale (altezza definitiva ~1 metro) e grave
microcefalia che contraddistingue queste malattie da altre con deficit di
crescita anche rilevante. Per identificare nuovi geni di MPD è stato applicato
WES a un pz ed è stata individuata una mutazione nonsenso in omozigosi di un gene,
TRAIP, la cui proteina regola la risposta a lesioni genotossiche durante la
replicazione. L’analisi Sanger in 262 pz con MPD ha individuato un secondo bambino
con la stessa mutazione, sempre in omozigosi, in ambedue i casi i genitori non erano
consanguinei e le famiglie non correlate. L’analisi WES di 28 pz con sospetta
s. Seckel ha individuato una omozigosi di una mutazione missenso in un bambino
di genitori di origine turca (gli altri due erano un italiano e un inglese) con
consanguineità di terzo grado. La clinica dei 3 bambini era molto simile con
MPD, lieve-moderato ritardo psico-motorio, infezioni respiratorie. Il gene TRAIP
è necessario per la progressione del ciclo cellulare le cui mutazioni ne
limitano la proliferazione, fatto questo che spiega bene il fenotipo. E’ quindi
un componente della risposta al danno del DNA a lesioni che ne bloccano la
replicazione.
The requirement of iron transport for lymphocyte
function. Nature Genetics 2016;48:10. Commento di un articolo sullo stesso fascicolo (A missense mutation in TFRC,
encoding transferrin receptor 1, causes combined immunodeficiency. Pg. 74)
in cui si descrive una nuova immunodeficienza combinata (CID) da alterato
ingresso di ferro nella cellula. Le CID sono un gruppo di malattie genetiche
(oltre 40) con difetto di sviluppo o di funzione dei linfociti T e B con
suscettibilità a infezioni gravi, anche mortali. Ma molti pz sono affetti da
CID senza che per essi sia identificata la causa. In questo lavoro è stata
identificata mediante WGS una mutazione missenso in omozigosi del gene TFRC,
che codifica il recettore transferrinico 1 (TfR1), come causative di una CID in
due famiglie ambedue con consanguineità: la prima (Kwait) con 14 bambini
affetti, di cui 6 deceduti 6;l’analisi con linkage WG ha indicato un locus in 3q28-29
dove non sono state trovate mutazioni. Al WGS trovata una mutazione in
omozigosi del gene TFRC (in 3q29), segregante con il fenotipo, gene che si
trova a valle di 919 kb del limite distale del picco di linkage. Nella seconda
famiglia (solo 1 affetto) data la somiglianza clinica con la famiglia 1 è stato
applicato il Sanger e trovata in omozigosi la setssa mutazione (famiglie non
correlate).
La clinica: ipogammaglobulinemia con
linfociti normali, neutropenia e piastrinopenia intermittenti, in alcuni
modesta anemia. Nella famiglia 1 eseguito il trapianto di cellule staminali
ematopoietiche in 8 affetti, con successo.Il bambino della famiglia 2 aveva avuto
diarrea ed infezioni ricorrenti con un quadro ematologico simile. Le cellule B
della memoria CD19+CD27+, importanti
per la produzione di anticorpi, sono ridotte rispetto alle altre cellule B CD19+.
La patogenicità della mutazione è stata documentata nel topo.
Altro dato interessante il fatto che sia presente nei pz una forma
lieve di anemia nonostante il gene abbia un ruolo critico nello sviluppo e
nella funzione eritrocitaria. Nel lavoro si dimostra che una metalloriduttasi
(STEAP3) si associa a TfR1 e nei fibroblasti di alcuni pz in parte normalizza
l’uptake transferrinico agendo come un segnale endocitosico accessorio che
evita la comparsa di una grave anemia. TfR1 è quindi un componente importante della
immunità adattativa e il ferro è necessario per il trasporto di ossigeno da parte
degli eritrociti ma lo è anche per la replicazione del DNA e la respirazione
cellulare e TfR1 è il principale recettore responsabile del trasporto di Fe in
buona parte delle cellule, inclusi i linfociti.
Principle of proportionality in genomic data sharing. Nature Review Genetics 2016;17:1.
Proposta che si applichi un principio di proporzionalità da applicare per la
condivisione dei dati genomici che pesi la profondità e la quantità dei dati che
sono potenzialmente identificanti la persona (cosa è condiviso) contro
l’ampiezza della condivisione (con chi) per trovare un approccio adeguato che
bilanci la beneficenza (far bene) e la non maleficenza (primum non nocere).
Micronucleus
formation causes perpetual unilateral chromosome inheritance in mouse embryos. PNAS
2016;113:626. E’ frequente il riscontro negli
embrioni di un mosaicismo cromosomico, che può determinare ridotta (in)fertilità.
Nonostante la frequenza di questo evento poco si sa su come si producano così
frequentemente nell’embrione cellule aneuploidi e il mosaicismo. L’osservazione
prolungata della segregazione cromosomica nell’embrione di topo ha consentito
di osservare che i cromosomi sono frequentemente incapsulati in strutture
simili a nuclei, chiamati micronuclei. Questi micronuclei mancano di cinetocore
e sono quindi incapaci di segregare in modo appropriato e migrano nel corso
della divisione cellulare in una delle cellule figlie. Questo meccanismo,
suggeriscono gli AA, costituisce una nuova modalità di malsegregazione
cromosomica che può contribuire all’alta frequenza di aneuploidie negli
embrioni dei mammiferi, d’altra parte costituisce una modalità di prevenire la
precoce cromotripsi (caos cromosomico) genomica embrionale.
Sex-specific
silencing of X-linked genes by Xist RNA. PNAS 2016;113:E309. L’inattivazione del cromosoma X nei mammiferi, “rimedia”
(mi piace questo termine, ndr) al differente contenuto di numero di cromosomi X
tra femmina e maschio. Il silenziamento dei geni avviene grazie ad uno
specifico RNA (Xist). Si dimostra che nel topo questo RNA opera il
silenziamento dei geni localizzati sul cromosoma X delle femmine, non dei
maschi. Questo silenziamento sesso specifico è osservabile nell’embrione, nelle
cellule staminali embrionali differenziate e nelle cellule staminali
dell’epiblasto (da cui derivano i 3 foglietti germinativi e tutti i tessuti
dell’embrione, ndr). Gli AA suggeriscono, in base ai risultati ottenuti, che
sia l’induzione di Xist che il silenziamento genico siano condizionanti
(effetto dose?) dai geni che nelle femmine non vanno incontro all’inattivazione
X.
KCC2 rescues
functional deficits in human neurons derived from patients with Rett syndrome. PNAS
2016;113:751. Come sappiamo sino ad ora non c’è
alcuna possibilità terapeutica per la s. Rett. In questo lavoro, ricorrendo a
neuroni ottenuti da cellule staminali pluripotenti indotte di pz da mutazione
di MeCP2, si riscontra un significativo deficit di espressione di KCC2 (cotrasportatore
2 K+Cl- neurone specifico). Questo deficit determina un ritardo funzionale di
attivazione di GABA, che viene normalizzato aumentando i livelli di KCC2 nei
neuroni di Rett. Si dimostra che la proteina MeCP2 regola l’espressione di KCC2
inibendo il fattore di trascrizione RE1-silencing, proteina codificata dal gene
REST, che agisce come repressore trascrizionale. La modulazione farmacologica
potrebbe quindi essere una prospettiva terapeutica per questa devastante
malattia del neurosviluppo.
Exacting Requirements for Development of the Egg. NEJM
2016;374:279. Editoriale di un articolo sullo stesso fascicolo (Mutations in TUBB8 and
Human Oocyte Meiotic Arrest. Pg. 223) sull’individuazione di una nuovo
condizione che causa l’arresto maturativo oocitario in MI, che porta a sterilità.
Non sapevamo sino ad ora quale fossero le cause genetiche dell’arresto
meiotico. Bellissima la figura dell’editoriale che mostra la maturazione
meiotica degli oociti nella nostra specie. Nel lavoro si è iniziato con l’analisi
esomica di 5 membri di una famiglia di quattro generazioni, 3 di questi avevano
infertilità da arresto in MI, l’analisi, poi è stata estesa con Sanger del gene
candidato (TUBB8, beta tubulina8, espressa solo negli oociti e nei primi
periodi di vita dell’embrione in cui è l’unica beta tubulina espressa), in
altri membri della famiglia e in altre 23 famiglie con infertilità primaria.
Trovate mutazioni in 7 su un totale di 24 famiglie, in 5 ereditate dal padre e
in 2 de novo nelle donne con
infertilità. Le mutazioni hanno un effetto dominante negativo che altera la
funzione microtubulare e l’assemblaggio meiotico del fuso dell’oocita con
conseguente difetto maturativo.
Autoimmune
vitiligo is associated with gain-of function by a transcriptional regulator
that elevates expression of HLA-A*02:01 in vivo. PNAS
2016;113:1357. La vitiligine è una malattia
autoimmunitaria cronica della cute geneticamente associata a variazioni nella
regione MHC classe, vicino al gene HLA-A, precisamente HLA-A*02:01 nella
popolazione di derivazione europea e giapponese. In questo lavoro si precisa
ulteriormente la localizzazione genomica di questa associazione ad un aplotipo
SNP a valle di circa 20 kb rispetto a HLA-A. Quindi la sua associazione
primaria è in una regione regolatoria del gene che è in forte disequilibrio con
l’allele HLAA che conferisce specificità *02:01:01:01.
MHC
class II super-enhancer increases surface expression of HLA-DR and HLA-DQ and
affects cytokine production in autoimmune vitiligo. PNAS
2016;113:1357. In questo lavoro si
sottolinea l’importanza della regolazione trascrizionale dei geni HLA per il
rischio di sviluppare la malattia autoimmunitaria, con i livelli di espressione
delle molecole di HLA classe II forse ancor più importanti della specificità
antigenica.
CANCRO E GENETICA
CLINICA
The Role of Risk-Reducing Surgery in Hereditary Breast
and Ovarian Cancer. NEJM 2016;374:454. Review che affronta un
tema classico di counseling genetico del cancro al seno ed ovarico familiare,
in particolare come si seguono le donne che non hanno avuto il cancro: come
calcolarne il rischio in base all’età, l’efficacia della chirurgia per la
riduzione del rischio, le complicazioni e gli effetti psicologici di queste
procedure, le strategie alternative per affrontare il rischio e come aiutarle
al meglio a prendere decisioni.
MODELLI ANIMALI
E TERAPIE
Monkeys genetically
modified to show autism symptoms. Nature 2016;529:449. Commento di un lavoro sullo stesso
fascicolo (Autism-like behaviours and germline transmission in
transgenic monkeys overexpressing MeCP2. Nature 2016;530:98) sulle possibilità e anche sulla difficoltà di avere un
modello di autismo in una specie vicina alla nostra. La scimmia di laboratorio
non è in genere ideale per valutare il comportamento sociale perché ignora le
altre scimmie ma corre ossessivamente in circolo e grugnisce ansiosamente contro
di loro. In questo lavoro, il primo che pubblica i risultati di scimmie
ingegnerizzate dell’autismo, vengono presentati alcuni risultati interessanti,
anche se non è ben chiaro quanto i risultati ottenuti siano sovrapponibili a
quelli tipici dell’autismo.
Il primo risultato è che nei
feti nati morti con copie in eccesso da 1 a 7 copie di MECP2 queste sono
espresse a livello cerebrale. Sono state anche ottenute 8 scimmie, sempre con
copie extra di MECP2, il cui comportamento nel corso dell’anno in parte almeno
richiama quello dell’autismo: corrono in tondo ma in modo strano, quando
incontrano un’altra scimmia la saltano o le girano intorno e riprendono a ruotare
a cerchi stretti. Sottoposti a una batteria di test tutti hanno almeno un segno
dell’autismo, come comportamenti ripetitivi e asociali con sintomi più gravi
nel maschio, come nell’uomo con duplicazione di MECP2. Questi risultati,
ottenuti nel 2013, non sono stati ritenuti dai revisori degni di pubblicazione
fino a quando ora gli AA hanno ottenuto la stessa sintomatologia nella
generazione successiva, sempre con scimmie con copie extra di MECP2. Viene
fatto notare però che in realtà la clinica della duplicazione MECP2 nell’uomo
comporta oltre a segni autistici anche gravi deficit cognitivi e crisi
convulsive, non nel modello animale forse perché nella scimmia l’espressione
del gene ha effetti diversi. In prospettiva vi è ora un modello migliore di
quello murino a cui applicare le tecniche di imaging cerebrale, per verificare
se sono coinvolte le stesse aree con la possibilità, se così fosse, di
intervenire con tecniche di genome editing con CRISP con il KO delle copie di
MECP2 in eccesso o con stimolazione cerebrale profonda, tecnica già utilizzata
nel Parkinson e nella depressione.
Tau toxicity feeds forward in frontotemporal dementia.
Nature Medicine 2016;22:24. Commento di
un articolo (Tau-driven 26S proteasome
impairment and cognitive dysfunction can be prevented early in disease by
activating cAMP-PKA signaling. Pg. 46) che dimostra
che gli aggregati di tau che causano
la Demenza fronto-temporale danneggiano l’attività proteasomica. In un modello
murino di tauopatia e in vitro l’inibizione del proteasoma può essere ridotta
da una piccola molecola che porta alla fosforilazione e all’attivazione del
proteasoma riducendo l’accumulo della proteina tau. In vivo vi sono
ridotti livelli di aggregati tau e un
miglioramento delle prestazioni cognitive.
PPAR-δ is repressed in Huntington’s disease, is
required for normal neuronal function and can be targeted therapeutically. Nature
Medicine 2016;22:37. PPARs (peroxisome proliferator-activated receptor)
sono fattori di trascrizione attivati da ligando, i cui sottotipi
PPAR-α, PPAR-δ and PPAR-γ sono attivati da lipidi ed acidi grassi e sono importanti
per l’omeostasi lipidica, il metabolismo glucidico, la produzione di energia e
la differenziazione cellulare. PPAR-δ, a funzione non nota, è il sottotipo
principale nel SNC. In questo studio si dimostra che interagisce con la
proteina Huntingtina. La proteina mutata, causa della m. Huntington (HD),
reprime PPAR-δ e nel modello murino di HD la sua transattivazione
riduce la disfunzione mitocondriale e migliora la
sopravvivenza dei neuroni. La sua inattivazione a livello cerebrale nel topo
comporta alterazioni cerebrali e funzionali simili a quelle prodotte dalla
mutazione e la sua attivazione farmacologica riduce la neurodegenerazione,
migliora la funzione motoria e la sopravvivenza. Effetti favorevoli della sua
attivazione si ottengono anche in neuroni da cellule staminali di pz con HD. Una
possibilità terapeutica.
Transplantation
of human embryonic stem cell-derived retinal tissue in two primate models of retinal
degeneration. PNAS 2016;113:E81.
E’ già stato sperimentato con successo nel topo il trapianto di cellule
staminali embrionali (ES) come approccio terapeutico della retinite pigmentosa
(RP). In questo lavoro è stato effettuato un trapianto di tessuto retinico
derivato da cellule ES di derivazione retinica nello spazio subretinico in un
modello di ratto di RP avanzata ed è stato documentato un buon attecchimento ed
organizzazione in strati retinici che si sono ben integrati con la retina
ospitante. E’ stato successivamente usata la stessa tecnica in due diversi
modelli di scimmie in cui erano state prodotte lesioni retiniche simili a
quella della RP avanzata. Mediante OCT e l’analisi immunoistochimica si è
documentato un buon attecchimento del trapianto, che si è sviluppato per i
primi 120 giorni per poi stabilizzarsi, e una suo buon posizionamento che
consente le connessioni sinaptiche con le cellule bipolari della retina
recipiente. Buone prospettive per il trapianto nell’uomo e risultati utili per avere
messo a punto una metodologia di valutazione dell’attecchimento.
Inhibition of
Hif1α prevents both trauma-induced and genetic heterotopic
ossification. PNAS 2016;113:E338.
L’ossificazione eterotopica è una condizione debilitante in cui si forma
tessuto osseo nei tessuti molli, che può essere acquisita da trauma
muscolo-scheletrico o da gravi ustioni oppure dovuta ad una malattia genetica,
la fibrodisplasia ossificante progressiva (FOP, MIM #135100) da mutazione del
gene codificante il recettore morfogenetico dell’osso (vedi anche Neofunction of ACVR1 in fibrodysplasia
ossificans progressiva. PNAS 2015;112;15438)(Articoli Dicembre 2015). In
questo articolo, ricorrendo a tre diversi modelli murini, traumatico, genetico
e misto, si dimostra che sia nelle forme acquisite che nella forma monogenica è
coinvolto un pathway di segnale comune Hif1α (hypoxia inducible factor-1α) e
che l’inibizione farmacologica o il KO genetico riduce o addirittura evita la
formazione di tessuto osseo ectopico. Possibile opzione terapeutica.
I
farmaci in uso nella m. Parkinson hanno la funzione di correggere la perdita di
dopamina, ma comportano effetti sfavorevoli come le discinesie (movimenti
volontari anomali), che non sono correggibili se non a prezzo di peggiorare i
sintomi della malattia. Quindi la necessità di capire meglio la fisiopatologia
delle discinesie e trovare nuove terapie, ricorrendo a modelli animali: Gene therapy blockade of dorsal striatal
p11 improves motor function and dyskinesia in parkinsonian mice. PNAS 2016;113:1423.
p11 modulates
L-DOPA therapeutic effects and dyskinesia via distinct cell types in experimental
Parkinsonism. PNAS 2016;113:1429.
Transcription
factors LRF and BCL11A independently repress expression of fetal hemoglobin. Science
2016;351:285. Mutazioni dei geni della globina
adulta causano la Falcemia e la talassemia. Per le emoglobinopatie è ora
possibile la terapia genica, ma data la loro frequenza, elevata in certe
popolazioni, si stanno cercando terapie farmacologiche che possano essere
utilizzate a livello di popolazione. Un approccio promettente potrebbe esser
quello di riattivare farmacologicamente l’espressione dell’emoglobina fetale
(HbF) nelle cellule eritroidi adulte. Ma non si conosce il meccanismo che
reprime HbF (α2ϫ2). In questo lavoro, ricorrendo a studi in vitro e nel modello di topo
umanizzato, si dimostra che la repressione avviene ad opera il fattore di
trascrizione LRF codificato dal gene ZBTB7A che mantiene la densità
nucleosomica necessaria per il silenziamento ϫ-globinico
nell’adulto e che la sua attività repressiva avviene tramite il complesso NuRD
(del rimodellamento e deacetilazione del nucleosoma) che
è indipendente dal noto repressore della HbF BCL11A. Quindi una potenziale
opportunità terapeutica per le emoglobinopatie.
Two genes substitute for the mouse Y
chromosome for spermatogenesis and reproduction. Science 2016;351:514. In un precedente lavoro gli AA hanno osservato che solo
due geni con locus nel cromosoma Y, Sry (codificante il fattore di
determinazione del testicolo) e Eif2s3y (fattore di proliferazione degli
spermatogoni) sono determinanti per il successo nella riproduzione assistita.
In questo lavoro gli AA si sono chiesti se questi due geni possono essere
rimpiazzati dall’attivazione transgenica dei loro omologhi codificati da geni
su altri cromosomi. Sry è stato sostituito con attivazione transgenica di Sox9
(gene target a valle) e Eif2s3y con sovraespressione transgenica del suo
omologo sul cromosoma X Eif2s3x. Il maschio, senza cromosoma Y, è in grado di
produrre gameti aploidi e di generare figli da riproduzione assistita. Si
dimostra quindi una ridondanza funzionale tra geni Y e i suoi omologhi di altri
cromosomi. Per evitare
equivoci gli AA precisano: So, although
our data demonstrate that it is possible to bypass the requirement for the Y
chromosome in male assisted reproduction, the Y clearly remains the genetic
determinant of full natural masculinity”.
GENOME EDITING
Cautious
welcome for gene editing of Duchenne muscular dystrophy in animal model. BMJ 2016;352:h7033.
Commenti di tre lavori sulla stesso fascicolo di Science sull’uso dell’editing genetico
con CRISPR-Cas9 in topi neonati con mutazioni del gene Duchenne. Nel 2014 la
tecnica era stata usata con successo, sempre nel topo, ma ricorrendo alla
correzione germinale; questo ha sollevato ampie discussioni e pareri
contrastanti sul suo uso nell’uomo, anche per l’imprecisione della correzione
ed il rischio di trasmettere alle successive generazioni altre mutazioni. Nel
primo lavoro nel modello murino di questa malattia, mdx con mutazione non senso nell’esone 23, si è adottata la
strategia dello skipping esonico con una tecnica chiamata “Myoediting” che consiste
in NHEJ mediata da CRISPR/Cas9 nel muscolo postnatale
diretta dall’adenovirus (AAV9) che ha un altro tropismo per il tessuto
muscolare. La delezione dell’esone 23 comporta l’espressione di una proteina
tronca e parzialmente funzionante. Gli effetti avuti sono molto incoraggianti,
sia come espressione di distrofina a livello cardiaco che muscolare, sia come
effetto clinico di forza muscolare. Questa tecnica potrebbe essere usata per la
correzione dell’80% delle mutazioni causa nell’uomo di Duchenne e per altre
malattie monogeniche.
Il
ricorso nel Duchenne ad Oligonucleotidi antisenso, sempre per abolire la funzione
dell’esone 23, è una terapia prospettata e sperimentata che si è rivelata poco
praticabile per la tossicità e per la necessità di ripetute somministrazioni (iniezioni)
per mantenere un adeguato skipping esonico (vedi Functional correction in mouse models of
muscular dystrophy using exon-skipping tricyclo-DNA oligomers. Nature Medicine 2015;21:270)(Spigolature
Marzo 2015).
Postnatal
genome editing partially restores dystrophin expression in a mouse model of
muscular dystrophy. Science 2016;351:400.
Stessa metodica, sempre nel topo mdx,
stessi risultati.
In vivo genome editing improves muscle
function in a mouse model of Duchenne muscular dystrophy. Science 2016;351:403. Idem.
In vivo gene
editing in dystrophic mouse muscle and muscle stem cells. Science 2016;351:407. Idem.
A CRISPR-Cas9
gene drive system targeting female reproduction in the malaria mosquito vector Anopheles
gambiae. Nature Biotechnology 2016;34:78 (1 A italiano). Lo sviluppo della tecnologia
CRISPR/Cas9 per modificare la popolazione della Anopheles gambiae, il
principale vettore del parassita malarico, apre la strada per il controllo di
questo insetto parassita.
Bitter fight over CRISPR patent heats up. Nature 2016;526:265.
Competizione tra due università americane per il brevetto della tecnica di
genome editing CRISPR–Cas9. Intanto uno dei due ha riportato che ha messo a
punto una nuova tecnica con un altro enzima, Cpf1, che opera come Cas9.
The
domestication of Cas9. Nature 2016;530:468. Commento del lavoro sullo
stesso fascicolo (High-fidelity CRISPR–Cas9 nucleases with
no detectable genome-wide off-target effects. Pg. 490) sul miglioramento della tecnica di
taglio di precise sequenze di DNA da parte dell’enzima Cas9. Una limitazione infatti
all’uso di questa tecnica per correggere mutazioni geniche nell’uomo è
costituita dal fatto che l’endonucleasi oltre all’ editing genomico richiesto
può determinare non volute mutazioni in altre sedi del genoma che hanno
sequenza simile a quella bersaglio (bello il termine addomesticamento, come se
si trattasse di un leone, ndr).
Embryo editing
gets green light. Nature 2016;530:18.
Come preanunciato UK decision sets precedent
for research on editing genomes of
human embryos. Dopo l’approvazione dello 1 Febbraio 2016 da parte
del UK
Human Fertilisation and Embryology Authority (HFEA) a Londra un gruppo di
scienziati sta
preparandosi ad applicare il genome editing per ricerca ricorrendo ad embrioni
umani,.
Il programma è di ricorrere ad embrioni umani normali mutando loro geni attivi
subito dopo la fertilizzazione e distruggendoli dopo 7 giorni. Questo per
studiare e verificare se siano possibili terapie per la sterilità. Si è ora in
attesa del parere del comitato etico locale.
Applications of CRISPR–Cas systems in neuroscience. Nature Reviews Neuroscience 2016;17:36. Questa tecnica, applicata alle
neuroscienze, consentirà di sviluppare nuove ricerche per studiare la
complessità del sistema nervoso, ricorrendo anche a modelli animali e delle cellule
staminali totipotenti indotte. L’applicazione di CRISP offrirà quindi
l’opportunità di sviluppare ricerche di neuroscienze di base e traslazionali.
Go-ahead for human genome editing
with caveats. Nature Biotechnology 2016;34:11. Nuova sintesi del convegno di Washington del 1-3 Dicembre
2015 che ha riunito 500 tra eticisti, legali, ricercatori biomedici e
associazioni laiche con una dichiarazione in comune e 4 conclusioni
(http://www8.nationalacademies.org/onpinews/newsitem.aspx?RecordID=12032015a)
EPIGENETICA
Sperm RNA fragments modify offspring metabolism.
Science 2016;351:13. Commento su
due lavori (Biogenesis and function of
tRNA fragments during sperm maturation and fertilization in mammals. Pg. 391
e Sperm tsRNAs contribute to intergenerational
inheritance of an acquired metabolic disorder. Pg. 397) che dimostrano che lo sperma di
roditori contiene RNA che modifica il metabolismo dei figli. Nel primo studio
si è osservata un’eredità epigenetica della progenie di topi alimentati con una
dieta con poche proteine, figli che hanno un incremento di attività di geni del
metabolismo del colesterolo e lipidico; nello sperma dei topi a basso contenuto
proteico c’è un considerevole incremento di frammenti di vari tipi di tRNA. Gli
AA pensano che lo sperma acquisisca tali frammenti passando attraverso
l’epididimo. Nel secondo lavoro gli AA hanno iniettato lo sperma in oociti non
fertilizzati dopo aver nutrito il topo maschio con dieta ad alto o basso
contenuto di grassi. La prole, nutrita normalmente, dei maschi in dieta ad alto
contenuto di grassi rimaneva snella ma condividevano con il genitore due
anomalie metaboliche, un anomalo assorbimento di glucosio e l’insensibilità
all’insulina. Per identificare il ruolo dei frammenti di tRNA in questo effetto
gli AA hanno inserito tali frammenti in oociti fertilizzati con altro sperma ed
hanno osservato che se provenivano da padri in dieta grassa i figli avevano un
alterato metabolismo glucidico.
Il commento termina con una domanda
“how permanent these changes are and how quickly they can be reversed by
changing diet” e una speranza “If a bad diet can influence us, I think a
healthy diet can do it in the same way” (quanta responsabilità abbiamo come
genitori nei confronti dei nostri figli! Ndr).
CARATTERI-MALATTIE
COMPLESSE/STUDI ASSOCIAZIONE
Genetics and phenotypes in infl ammatory bowel disease.
Lancet 2016;387:98. Editoriale
di un articolo sullo stesso fascicolo (Inherited determinants of Crohn’s
disease and ulcerative colitis phenotypes: a genetic association study. Pg. 156)
sul rapporto genotipo/fenotipo nella malattia infiammatoria intestinale. La m.
Crohn e la colite ulcerosa sono le principali forme della malattia
infiammatoria intestinale. Sono riportati 163 loci di sucettibilità in gran
parte condivisi da queste due forme, alcuni in comune con altre malattie
dell’immunità. In questo lavoro è stato condotto uno ampio studio (49 centri di
16 paesi, 29.838 pz ben classificati nei vari sottotipi) di associazione (con
Immunochip array) per capire la relazione biologica tra i vari sottotipi
(classificazione Montreal). Risultati significativi: 1. Non è stata confermata
la relazione tra NOD2 e malattia stenosante, ma c’è associazione tra NOD2 ed
età giovanile e localizzazione ileale. 2. La localizzazione colica della m.
Crohn e più legata agli alleli di suscettibilità HLA della colite ulcerosa che
agli alleli di suscettibilità del Crohn. In particolare la localizzazione
colica del Crohn risulta quindi geneticamente intermedia tra la localizzazione
ileale del Crohn e la colite ulcerosa, fatto che suggerisce di modificare la
sua posizione nosologica. La malattia infiammatoria intestinale potrebbe essere
un continuum di malattie con tre gruppi principali costituiti da m. Crohn
ileale, m. Crohn colico e Colite ulcerosa e la localizzazione intestinale della
malattia sia un aspetto intrinseco della malattia stessa, solo in parte
geneticamente determinata, e fattore chiave dell’evoluzione della patologia
infiammatoria.