Raccolta e brevi commenti di articoli di Genetica Medica e
Umana e di interesse generale del mese di Marzo
2016 (e di qualche articolo di Aprile o Maggio)(Spigolature) che hanno attirato la mia attenzione o curiosità,
pubblicati nelle seguenti riviste: British Medical Journal, Lancet, Lancet Neurology,
Nature, Nature Biotechnology, Nature Genetics, Nature Medicine, Nature Neuroscience,
Nature Reviews Genetics, Nature Reviews Neuroscience, NEJM, PNAS, Science &
Cell.
DA NON PERDERE
Colleghi ostetrici leggete e fate propaganda:
Getting more than
Mom's looks. Science(22
April 2016). E’ noto che il fumo della madre in
gravidanza aumenta nel figlio il rischio di patologia polmonare (respiro
sibilante, asma), cancro ed obesità. Nel lavoro che viene commentato (Environment-induced epigenetic reprogramming in genomic regulatory
elements in smoking mothers and their children. Molecular Systems Biology 2016;12:861) sono state studiate le alterazioni epigenetiche associate
al fumo materno analizzando la metilazione del DNA dell’intero genoma, le
modificazioni istoniche e la trascrizione in 32 soggetti: 16 coppie madre (8
fumatrici e 8 non fumatrici, in 36 settimane gestazionali)-figlio (sangue del
cordone ombelicale e a 4 anni). Il fumo è associato ad una metilazione differenziale
e generalizzata, diversa da madre e figlio, arricchita di elementi di
regolazione positiva (enhancer) ed interessante enhancer chiamati “commutatori”,
che risiedono in un gene ma che agiscono su vari geni distali. Tale metilazione
persiste nei figli di fumatrici per oltre il primo anno di vita e in
particolare comporta una transizione cromatinica in uno stato iperattivo. In
questi bambini esposti in utero al fumo materno è stato osservata alla nascita un’ipometilazione
della regione enhancer di JNK2, membro del pathway WNT, chinasi implicata nelle
patologie polmonari legate al fumo e al cancro. In questi bambini con perdita
di metilazione di questa regione alla nascita vi è un incremento del 400% di
rischio di avere negli anni successivi un respiro sibilante. Da sottolineare
che questo lavoro documenta un chiaro legame tra alterazioni epigenetiche ed
esposizione ambientali.
The red-hot debate about Trasmissible Alzheimer’s. Nature 2016;351:294. In altre parole (Daily Mail) “Can you CATCH Alzheimer’s?”. Tutto è
dovuto ad un articolo (Evidence for
human transmission of amyloid-β pathology and cerebral amyloid angiopathy. Pg.
247 e Amyloid-β
pathology induced in humans. Nature 2015;525: 193)(vedi Articoli Settembre 2015) in cui si
rileva che in alcune persone trattate anni fa con ormone della crescita
estratto da cadavere gli aggregati che sono stati osservati nel loro SNC
sembrano dovuti ad una disseminazione di aggregati Aβ che
erano presenti nelle ghiandole ipofisarie di pz con Alzheimer. Ci si chiede se
l’ipotesi sia vera ed alcuni criticano le conclusioni rilevando che il campione
studiato è piccolo (encefalo di 8 persone decedute per m. Creutzfeldt–Jakob
all’età 36-51 anni trattate 30 anni prima con GH da cadavere). Il principale A del lavoro del 2015 fa presente che i
risultati non portano a concludere che l’Alzheimer sia contagioso, ma solo che
alcune procedure mediche potrebbero inavvertitamente trasferire l’”amyloid-β
seeds”. Ci sono gli scettici che sostengono che non esiste alcuna evidenza
conclusiva che questi “semi” di amiloide possano trasmettere veramente la
malattia e ci sono coloro che chiedono ulteriori studi e che a loro volta
sottolineano che il fatto che per avere dati epidemiologici sul rischio di
trasmissione dell’Alzheimer con le normali procedure mediche o chirurgiche
occorre uno studio specifico ricorrendo ad un database di pz con Alzheimer di
dimensioni molto consistenti. Ma se fosse vero? Allora si dovrebbe ricorrere a
procedure di sterilizzazione specifica per i prioni e depositi di amiloide di
tutte le attrezzature mediche e chirurgiche. Procedure simili da adottare anche
nei laboratori. Alla fine una opportuna nota finale sull’impatto di articoli scientifici
che sollevano un aspetto così rilevante per tutti, non solo medici o
laboratoristi, ma anche la popolazione: una donna con Alzheimer dice al suo medico
che “she wasn’t getting any hugs (abbraccio) any more from her husband who had
read about the case in the media — that made me sad”.
Counter the risk of
Alzheimer’s transfer. Nature 2016;351:580. Correspondence. Gli AA sono del parere che ci si
deve attrezzare per evitare la diffusione dell’Alzheimer con la adeguata
sterilizzazione degli strumenti medici e fanno riferimento al loro un articolo
(Decontamination of medical devices from
pathological amyloid-β-, tau- and α-synuclein aggregates. Acta Neuropathol
Commun 2014;2:151) in cui sono state sperimentate
procedure per la sterilizzazione degli strumenti contro aggregati proteici
associati sia all’Alzheimer che al Parkinson con risultato controllato con
western blotting.
PER I PEDIATRI E PER ALTRI SPECIALISTI (Pediatri,
Neuropsichiatri Infantili, Neurologi, Ostetrici, Cardiologi, Psichiatri, ORL,
Medici della riproduzione, Patologi ecc.).
***
Acetylcholine
receptors from human muscle as pharmacological targets for ALS therapy. PNAS
2016;113:3060 (primo A e altri italiani). La
Sclerosi Laterale Amiotrofica è una malattia letale per una degenerazione dei
motoneuroni con progressive paralisi. Nei pz con ALS vi è un difetto di
espressione dei recettori acetilcolinici (AChR) nel muscolo scheletrico
presente anche in assenza di anomalie dei motoneuroni suggerendo l’ipotesi
patogenetica del “dying-back” in cui la degenerazione della placca motrice
distale porta alla degenerazione ed alla paralisi. In questo lavoro mediante
studi in vitro (microtrapianti di membrane muscolari da biopsie muscolari
di pz con ALS in oociti di rana) si dimostrano gli effetti di palmitoiletanolamide (PEA)(un antiinfiammatorio classificato
in Italia come alimento
dietetico per fini medici), sulle
correnti dovute all'attivazione del recettore nicotinico muscolare con un
miglioramento di attivazione del recettore dell'acetilcolina durante ripetute
stimolazioni. Si è anche osservato che nei muscoli dei pz SLA il recettore
dell'acetilcolina è alterato per un'aumentata espressione di una sua subunità
(α1 AChR), che riduce la sensibilità alla stimolazione da parte
dell’acetilcolina. Questo ha portato ad una sperimentazione clinica randomizzata
con trattamento di sei mesi con PEA e Riluzolo (già in uso nella ALS) in 28 pz ALS
e solo con Riluzolo in altri 36 ALS. Nel gruppo dei trattati con PEA si è
osservata una buona riduzione del declino della capacità vitale forzata con
miglioramento della performance respiratoria. Questo dimostra che PEA,
associato alla terapia standard, rende il recettore dell’acetilcolina più
funzionale potenziando conseguentemente la contrazione di alcuni tipi di
muscoli e in particolare migliorando il lavoro dei muscoli respiratori.
Ci riguarda tutti:
On the Road (to a Cure?) —
Stem-Cell Tourism and Lessons for Gene Editing. NEJM 2016;374:901. Perchè
molti cittadini USA praticano quello che si chiama turismo sanitario, magari
recandosi in paesi con regole meno stringenti e senza sapere con
esattezza l’efficacia e i rischi? Una prima risposta è un argumentum ad
novitatem (in latino
nel testo). Non è certo una novità perché nel secolo scorso c’era il ricorso
alle nuove tecnologie come l’elettricità, il magnetismo (ma anche ora viene
proposto l’esposizione a campi magnetici per varie condizioni, ndr), radiazioni
per curare ogni cosa dall’obesità alla depressione. Di per sé il turismo
sanitario non è una brutta cosa perché può essere dovuto al fatto che la
tecnica non è ancora disponibile ovunque, che costa poco in alcune nazioni o
che sono minori i tempi di attesa. Ma ora tale pratica trova un campo aperto
per le nuove possibilità terapeutiche, come quello della medicina rigenerativa
e del gene editing. Le cliniche in USA che reclamizzano terapie con cellule
staminali sostengono che vengono usate cellule dello stesso pz e quindi non
soggette alla giurisdizione della FDA. Alcune poi reclutano pz in USA e
applicano la terapia senza specificare quale (cellule staminali embrionali o
no) in altre nazioni dove non ci sono controlli. Aiutate magari da alcuni
ricercatori che parlando con la stampa si lasciano andare a prospettive troppo
ottimistiche (pericolo che corriamo tutti, anche parlando con i pz e
prospettando in consulenza quello che potrà essere, forse, in futuro per le
malattie genetiche, ndr). Lo stesso sta riguardando il gene editing, con
l’esempio della terapia reclamizzata dal New York Times per il Duchenne che
funziona nel topo. E così altri esempi, sempre con tale tecnica, di un
eccessivo ottimismo (per pz con HIV e bambini con leucemia). Occorrerebbe uno
sforzo comune dei ricercatori, editori di giornali, compagnie farmaceutiche, finanziatori
e i media nel tracciare una bella linea tra “hope and hype (montatura)”.
Biologia ed
Etica: l’impianto della blastocisti, che nell’uomo avviene dopo 7 giorni dalla
fecondazione (nel topo 5), è nei mammiferi è una tappa fondamentale dello
sviluppo dell’embrione perché inizia un programma coordinato di
diversificazione delle linee cellulari, di specificazione del differenziazione
delle cellule, di morfogenesi con cui si stabilisce la formazione dei tessuti
extra-embrionali e si determinano le condizioni per la prosecuzione della
gravidanza e per la gastrulazione. Infatti se l’embrione non si impianta
nell’utero avviene l’interruzione della gravidanza (questa è appunto la causa
principale di perdita del prodotto del concepimento). Per questo vi sono leggi
in alcuni paesi (12) e linee guida (altri 5) che consentono di studiare in
laboratorio embrioni umani non oltre i primi 14 giorni dalla fertilizzazione in vitro.
Nel commento Human embryo research confronts
ethical ‘rule‘. Science 2016;352:640 di due
lavori (Self-organization
of the in vitro attached human
Embryo. Nature 2016;533:251 e Self-organization of the human
embryo in the absence of maternal tissues. Nature Cell Biology advance online
publication) si riportano i risultati di questi
due studi che si sono interrotti correttamente in 14a giornata, ma è stato loro
possibile vedere nell’embrione umano che, a differenza di quanto avviene nel
topo, la distinzione tra tessuti extra-embrionali ed embrionali avviene più
tardi. E allora ci si chiede se non sia l’ora, viste le poche conoscenze che
abbiamo delle prime settimane di vita come lo sviluppo del sistema nervoso, di
allungare i tempi di studio degli embrioni umani, almeno di 1 settimana (“Every
hour as we move forward in development is a treasure box”).
Altri commenti Human embryos grown in lab for longest time ever. Nature 2016;533:15 e Implantation barrier overcome. Nature News &Views 2016;533:182.
Communication
in Drug Development: ‘‘Translating’’ Scientific Discovery. Cell
2016;164:1101. Commento su un altro aspetto che sarà sempre più importante: la scoperta e lo sviluppo di
nuovi farmaci per promuovere la salute e allungare la vita naturale
costituiscono un poderosa sfida del presente e del futuro. Vengono precisati i
punti chiave di comunicazione per far sì che i risultati della ricerca più
promettenti si concretizzino nell’approvazione di nuove terapie e ne vengono
discusse le possibili difficoltà e le opportunità.
New and emerging targeted therapies
for cystic fibrosis. BMJ 2016;352:i859. Dall’abst. perchè non ho il testo
intero. Un aggiornamento sulle nuove terapie per la Fibrosi cistica con il
ricorso a piccole molecole per os, con ottime prospettive future perché la terapia
non sarà limitata come ora solo ad alcune specifiche mutazioni ma a tutte le
mutazioni causative ricorrendo al gene editing. La review presenta poi lo stato
dell’arte di quanto conosciamo della struttura e funzione della proteina CFTR e
dei nuovi farmaci molecolari che sono in sperimentazione.
Neurocognitive factors in
sensory restoration of early deafness: a connectome model. Lancet
2016;15:610. I progressi della tecnologia biomedica (impianto
cocleare, vestibolare, retinico) hanno considerevolmente influito sul ripristino
della funzione neurosensoriale, in particolare del sistema uditivo. Ma gli
esiti variano considerevolmente da caso a caso anche tenendo conto della
co-morbilità. Infatti dopo l’impianto cocleare alcuni bambini acquisiscono
rapidamente il linguaggio parlato raggiungendo quello dei coetanei, mentre
altri no. In questa review si dimostra che la deprivazione uditiva ha effetti
diffusi sullo sviluppo cerebrale con interessamento di processi non limitati al
sistema uditivo. In conseguenza del deficit sensoriale e sordità, è alterata la
connettività nel sistema uditivo, tra i sistemi sensoriali e tra il sistema
uditivo e i centri delle funzioni cognitive. Limitazione dell’esperienza
uditiva nel corso dello sviluppo possono infatti avere effetti non solo sul linguaggio
parlato ma anche sulle funzioni neuro-cognitive. La perdita sensoriale
congenita può quindi essere definita quindi una connettomopatia con una
variabilità tra persona e persona dell’adattamento alla perdita sensoriale spiegando
così la grande variabilità di effetti dopo un impianto cocleare. Nei bambini
con sordità sono a rischio diverse funzioni esecutive (funzioni corticali superiori deputate al controllo e alla
pianificazione del comportamento), il processamento
sequenziale e la formazione del concetto. Utile allora eseguire in questi
bambini una serie di test per identificare precocemente fattori di rischio
neuro-cognitivo ed applicare interventi personalizzati che possono portare a migliori
risultati funzionali dopo un impianto.
Dementia in Down’s syndrome. Lancet Neurology
2016;15:622. Come noto il declino cognitivo legato all’età è
significativamente più frequente e precoce nelle persone con s. Down (< 60
anni) rispetto alla popolazione generale (vedi Tabella con risultati di vari
studi) e la demenza in persone di età <50% è in gran parte causata da questa
anomalia cromosomica. Quindi un problema rilevante di salute pubblica in quanto
tale complicazione è una combinazione di disabilità cognitiva progressiva,
declino funzionale e di sintomi neuropsichiatrici e comportamentali. In questi
ultimi anni sono stati fatti molti progressi nella ricerca di fattori di
rischio genetici della demenza nella sindrome e nell’individuazione di differenze
ed analogie neuropatologiche con l’Alzheimer non associato alla s. Down. Questo
ha portato all’identificazione di geni come DYRK1A (con locus nella regione critica della T21 e
il cui prodotto, una tirosinchinasi, svolge un ruolo
chiave nella modificazione post traduzionale della proteina precursore della
beta-amiloide), di pathway della neurogenesi e target molecolari e di
potenziali terapie, come la Vitamina E per agire sullo stresso ossidativo (ClinicalTrials NCT01594346)
e di altri farmaci. In questa Review sono riportate le caratteristiche
epidemiologiche e cliniche della demenza nella s. Down, quanto si conosce della
neurobiologia di questa patologia in questa popolazione, soprattutto per pz di
età >40 anni, e presentate e commentate le terapie e le sperimentazioni
cliniche in corso (Tab. 3).
Challenges of modifying
disease progression in prediagnostic Parkinson’s disease. Lancet
Neurology 2016;15:637. Personal View dedicata
ai neurologi clinici, in particolare per coloro impegnati nel seguire pz con m.
neurodegenerative. E’ noto come nel Parkinson (come in altre malattie simili)
la neurodegenerazione preceda di anni la comparsa dei segni clinici. Questa
fase pre-diagnostica costituisce una finestra di opportunità per applicare interventi
preventivi o che rallentino la progressione della malattia, peraltro per ora
non ancora disponibili. E’ quindi fondamentale individuare biomarcatori della
neurodegenerazione e della sua progressione, marcatori che possono aiutarci a
selezionare i pz da reclutare nelle sperimentazioni cliniche, con qualche
problema etico per l’esposizione a rischi potenziali di persone che potrebbero
non avere manifestata la malattia o per altre situazioni in cui ad es. sarebbe
utile reclutare come controlli consanguinei dei casi con Parkinson da mutazione
di un gene causativo, ma alcuni di loro potrebbero non volere sapere se sono o
meno portatori. In questa Personal
View, vengono presentati i recenti risultati delle ricerche sul Parkinson prima
della comparsa dei segni clinici e su come le conoscenze epidemiologiche e
fisiopatologiche possono favorire la preparazione di sperimentazioni cliniche
di neuroprotezione.
Maternal
exercise during pregnancy promotes physical activity in adult offspring. FASEB
J 31 March 2015. Commentato da Science (22 April
2016) Inheriting Mom's exercise regime. Science 22 April 2016 che sottolinea che i genitori trasmettono al figlio
qualcosa di più del loro DNA. Ad es. in questo lavoro è stata verificata
l’attività motoria di femmine di topo prima e nel corso della gravidanza
(alcune avevano la ruota della gabbia bloccata altre no) e si è visto che i cuccioli
le cui madri avevano fatto attività fisica avevano da adulti un aumento
significativo rispetto agli altri di attività fisica, aumento anticipato alla
maturazione sessuale nelle femmine con una maggior perdita di tessuto adiposo.
Questo ci dice, insieme ad altri studi, che nel topo l’ambiente materno
influenza lo stato metabolico della progenie e che potrebbe essere lo stesso anche
nell’uomo. Un modo per combattere l’epidemia in tutto il mondo di scarsa
attività fisica ed obesità.
Four Artemisinin-Based Treatments in African Pregnant Women
with Malaria. NEJM 2016;374:913. Sperimentazione
clinica in gravide con due associazioni farmacologiche al nuovo farmaco per la
cura della malaria (ClinicalTrials.gov number, NCT00852423). La migliore è l’associazione
diidroartemisinina e piperachina, cioè Eurartesim,
con
migliore efficacia e con minori effetti collaterali. Vedi
anche Editoriale Treatment of Malaria in Pregnancy. Pg. 81.
IMMAGINI
Midline
Destructive Lesions in a Cocaine User. NEJM 2016;374:969. Uomo di 44 anni con
una storia di assunzione di cocaina che ha da 1 anno una riduzione meccanica
dei movimenti dei globi oculari, segni del tratto piramidale unilateralmente e
schisi palatina acquisita. Un disastro solo parzialmente ridotto con
l’astensione (immagini da mostrare in giro, ndr).
Scabies.
NEJM 2016;374:e20.
Non è facile la diagnosi. La sintomatologia è di un fastidio prurito
soprattutto di notte.
Orologio circadiano ed effetti sulle
funzioni, sui comportamenti e sulle malattie:
A PERIOD3
variant causes a circadian phenotype and is associated with a seasonal mood
trait. PNAS
2016;113:E1536. Alterazioni dei tempi circadiani sono
associate a disturbi dell’umore, come la forma più frequente (1.5-9% dipendente
dalla latitudine) della “depressione invernale” o quelle attività lavorative
che disturbano l’allineamento circadiano e che sono un fattore di rischio per i
disturbi depressivi. Non ne conosciamo le basi molecolari, anche se in
precedenti lavori sono state trovate varianti genetiche di geni dell’orogologio
circadiano tramite linkage ed analisi dei geni candidati in casi di familiarità
per la condizione di “a letto presto e svegliarsi presto” (advanced sleep
phase)(FASP). In questo lavoro sono state individuate varianti rare del gene
PERIOD3 in persone con fasi del sonno alterate associate a disturbi dell’umore
di tipo depressivo che sostengono che l’inverno è il periodo dell’anno per loro
peggiore. Nel modello murino tali varianti comportano lo stesso fenotipo
dell’uomo. Nella Drosofila, in cui ovviamente non è possibile verificarne l’umore,
le varianti umane comportano lo stesso fenotipo del sonno. Tali varianti
comportano una proteina PER3 meno stabile e con ridotto effetto stabilizzante sulle
proteine correlate PER1/PER2 (sono componenti molecolari dell’orologio
circadiano nel nucleo soprachiasmatico dell’ipotalamo anteriore, wiki). E’ stata
così precisata una base molecolare tra processi che regolano i ritmi circadiani
e quelli dell’umore. Lo studio della funzione di PER3 potrebbe portare a
sviluppare terapie dei disordini affettivi.
Circadian
misalignment increases cardiovascular disease risk factors in humans. PNAS
2016;113:E1402. I turni lavorativi sono associati ad
ipertensione ed infiammazione, fattori di rischio della patologia cardiovascolare.
In un gruppo di volontari (con campione di controllo) è stato osservato che
l’alterato allineamento circadiano è associato con incremento di marcatori
infiammatori ed incremento pressorio soprattutto nella notte. Gli AA, pur con la
limitazione del piccolo gruppo di volontari studiato e per i pochi giorni
dell’esperimento, auspicano studi più ampi per confermare o meno quanto trovato
e suggeriscono che nel caso di turni lavorativi si adottino contromisure come
una dieta adeguata ed attività sportiva serale per prevenire i danni
cardiovascolari prodotti dal malallineamento circadiano.
Seasonality in
human cognitive brain responses. PNAS 2016;113:3066.
E’ nota la correlazione esistente tra stagionalità ed alcune caratteristiche
fisiologiche quali la PA, i livelli di colesterolemia, l’assunzione di cibo
(inverno ed autunno), i disturbi dell’umore (peggio d’inverno, il 18% degli
americani) e probabilmente anche alcune funzioni cerebrali quali quelle
cognitive che mostrano nelle persone normali variazioni nel corso dell’anno. In
questo lavoro mediante RM cerebrale funzionale in un gruppo di volontari in
differenti stagioni mentre svolgevano due differenti compiti cognitivi è stato
documentato un impatto significativo stagionale per compiti di attenzione
sostenuta (vigilanza) con massimo e minimo risultato rispettivamente vicino al solstizio
di estate e di inverno. Per il compito di memoria di lavoro è stato osservato
un impatto significativo con massimo e minimo risultato rispettivamente intorno
all’equinozio autunnale e primaverile. Queste variazioni di prestazioni
cognitive legate alle stagioni contribuiscono a spiegare le modificazioni
cognitive che variano da persona a persona non solo nel corso della giornata ma
anche nei vari periodi dell’anno.
TERATOLOGIA
Fetal alcohol spectrum
disorder: complexity from comorbidity. Lancet 2016;387:926.Commento dell’articolo sullo stesso fascicolo (Comorbidity of fetal alcohol spectrum disorder: a systematic review
and meta-analysis. Pg. 978) che riporta i risultati di una meta-analisi
sulle patologie che accompagnano i Disturbi dello spettro alcolico fetale (FASD), termine che comprende la sindrome alcolica fetale (FAS), la FAS parziale
e il disturbo del neurosviluppo, disturbo legato all’esposizione in epoca
prenatale all’alcool assunto dalla madre. Da sottolineare che studi nell’uomo e
negli animali dimostrano che l’alcool è estremamente teratogeno con effetti
sullo sviluppo di moltissimi organi/sistemi e che FASD è molto frequente (probabilmente
come l’autismo), spesso non diagnosticato soprattutto se si presenta solo con
compromissione del neurosviluppo, o diagnosticato tardi, dopo anni con il
crescere del numero di delle patologie. Ogni giorno si stima che nascano solo
in USA 100-150 bambini con FASD, con costi per persona nel corso della vita di
milioni di D USA. Da un’analisi completa della letteratura vengono identificate
le varie condizioni di co-morbilità della FAST e stimata la prevalenza di
queste condizioni nella FAS. Sono particolarmente frequenti nella FAS le
patologie del SNC e di deficit sensoriali (50-91%)(Tab. 1, non sono comprese
quelle tipiche che consentono la diagnosi della sindrome), dal 90.9% di
prevalenza per anomalie elettrofisiologiche dei nervi periferici al 51.2% per
ADHD, patologie che vengono poi paragonate con la frequenza di ciascuna nella
popolazione generale (Tab. 2), con un incremento di 126-129 volte per
l’ipoacusia trasmissiva o NS, all’incremento di 6 volte per la prematurità. La
prevenzione si effettua con l’individuazione delle donne che assumono alcool
prima e durante la gravidanza e madri di bambini affetti, per avvertirle che se
continuano ad assumere alcool in gravidanza hanno più del 70% di probabilità di
ricorrenza. Quindi la diagnosi di FASD deve essere precoce anche per
identificare in tempo le patologie che possono in seguito comparire ed altri
effetti secondari in modo da applicare una adeguato management. Ma la prevenzione
primaria è chiedere alle donne in età fertile che si rivolgono ai servizi
sanitari “when
was your last drink?”
Female survivors of childhood cancer
have good chance of motherhood, study finds.
BMJ 2016; 352:i1704. Commento di un lavoro (Pregnancy after chemotherapy
in male and female survivors of childhood cancer treated between 1970 and 1999:
a report from the Childhood Cancer Survivor Study cohort. Lancet
Oncology 2016;17:567) in cui si sottolinea che le attuali chemioterapie applicate
in età pediatrica hanno maggior effetto negativo sulla fertilità nei maschi
rispetto alle femmine, femmine che hanno maggior probabilità di concepire
soprattutto se programmano una gravidanza in giovane età, anche se risultano
aver avuto meno gravidanze rispetto ai fratelli/sorelle non sottoposti a tali
terapie. L’effetto negativo sulla fertilità riguarda maggiormente i maschi
sopravvissuti sottoposti ad una terapia anticancro in età infantile e con alte
dose di farmaci alchilanti quali la ciclofosfamide, ifosfamide, procarbazina e
il cisplatino, ma riguarda anche le femmine esposte ad alcuni farmaci come agenti
alchilanti e busulfano. Per coloro che vengono trattati con chemioterapici in
epoca post-puberale è raccomandabile, per conservare la fertilità, ricorrere a
criopreservazione embrionale od oocitaria e spermatica.
Lysosomal
Disorders Drive Susceptibility to Tuberculosis by Compromising Macrophage Migration.
Cell
2016;165:139. Patologie lisosomiali da mutazione
genetica od accumulo di particolato di tabacco nel compartimento lisosomiale
compromettono la funzione macrofagica e inducono la formazione di granulomi
tubercolari rendendo ragione dell’osservazione di un’aumentata suscettibilità
all’infezione tubercolare nei fumatori.
ZIKA virus
***
Zika Virus and Microcephaly.
NEJM
2016;374:984. Editoriale di commento del case report Zika Virus Associated with Microcephaly. Pg. 951 in cui viene ben documentato un caso di danno teratologico molto
probabilmente da infezione prenatale da zika rafforzando quindi l’ipotesi della
teratogenicità di tale virus.
Donna europea
che lavorava nel nord est del Brasile e che a 13sg ha avuto una sintomatologia
compatibile con infezione da zika. Tornata in Europa all’ecografia fetale
riscontrata a 29sg microcefalia e calcificazioni cerebrali fetali. Ha scelto di
terminare la gravidanza in 32sg. L’autopsia fetale ha riscontrato cervello di
84 g, agiria, grave dilatazione dei ventricoli cerebrali, calcificazioni
distrofiche corticali, ipoplasia del tronco cerebrale e spinale. Non altre
anomalie. Trovate particelle virali zika al ME e notevoli quantità di RNA
genomico del virus, sequenze virali simili a quelle di altri ceppi isolati di
recente. Non è una prova certa, anche perché i criteri di R Koch del 1890 non
sono tutti facilmente applicabili perché richiedono l’isolamento dell’organismo
causativo, la reinfezione di una persona suscettibile in cui si manifesta la
malattia con l’isolamento poi dello stesso organismo infettante. Ma spesso,
come in questo caso, ci si deve basare sulla combinazione di dati scientifici
ed epidemiologici. Questo caso rafforza quindi l’associazione tra infezione
della gravida e lesioni cerebrali fetali. Ma se è così dobbiamo ancora sapere
se e quale sia il periodo di suscettibilità teratologica, l’entità del rischio,
se vi sia una relazione tra sintomatologia materna (può essere addirittura
asintomatica) e rischio teratogeno, se aver avuto l’infezione in precedenza
esclude l’effetto teratogeno e infine quanto precocemente sono rilevabili i
difetti fetali (domanda giusta perché solo alcuni paesi consentono
l’interruzione tardiva della gravidanza, ndr). Ci sono poi difficoltà alla
diagnosi retrospettiva (la diagnosi è possibile solo con PCR del RNA virale presente
solo quando è in corso la viremia) perché i test oggi disponibili non
consentono di distinguere un’infezione da zika con altri virus.
L’editoriale
termina con la giusta considerazione “an outbreak is going to challenge our public health
infrastructure and require a substantial response”.
Vedi anche
Zika infection in pregnancy is linked to range of fetal abnormalities,
data indicate. BMJ 2016;352:i1362.
Evidence grows for Zika virus as
pregnancy danger. Science 2016;351:1123. Commentati 3 studi che
supportano l’effetto patogeno sul SNC fetale del virus zika. In due studi
indipendenti si dimostra in laboratorio che il virus infetta le cellule del SNC
in sviluppo (da cellule staminali totipotenti) ma non quelle di altri tessuti/organi
che spiega bene il fenotipo teratologico che conosciamo nell’uomo (Cell Stem Cell. 2016;18:587). Nel secondo studio (Peer
J, preprint on-line - non trovo l’indicazione biblio) si sono ottenuti
simili risultati ricorrendo a organoidi 3D. Nel terzo studio sono state seguite molte gravide infettate da zika rilevando
un legame tra infezione e danno cerebrale forse anche indirettamente per
lesioni placentari da infezione virale. Questa nota su Science ricorda che lo
scorso Febbraio WHO ha dichiarato l’infezione da virus zika come un’emergenza
internazionale di sanità pubblica ma che non è ancora pronta per indicare il
virus come colpevole. Ma le cose si stanno muovendo rapidamente e in una sola
direzione.
Zika-linked birth defects
seen in Colombia. Nature (go.nature.com/cpzb8o). Prime
segnalazione di bambini con difetti congeniti (un b. con microcefalia e due con
malformazioni del SNC tutti positivi al virus) associati all’infezione zika
materna in Colombia dove il virus, arrivato lo scorso Settembre, ha infettato
un gran numero di persone tanto che la Colombia come numero di persone
infettate è il secondo in America del Sud dopo il Brasile. Ormai sembra sicuro
che il virus sia teratogeno perché è stato trovato nel liquido amniotico, nel
liquor CR dei bambini affetti e nell’encefalo di nati morti e nelle IVG per
gravi malformazioni fetali. Ancora non si sa però quale sia la proporzione di
donne infettate nel primo trimestre che hanno figli normali. In Colombia è quindi
iniziato uno studio collaborativo (RECOLZIKA) che terrà sotto controllo la
popolazione di gravide per segni di infezione e identificare precoci difetti
morfologici nei feti.
Zika highlights role of
fetal-tissue research. Nature 2016;352:16. Recenti studi provano che una proteina, AXL (recettore tirosin
chinasico) favorisce l’ingresso del virus Zika
nelle cellule umane. Un lavoro in pubblicazione (Expression Analysis Highlights AXL
as a Candidate Zika Virus Entry Receptor in Neural Stem Cells. Cell Stem Cell 2016;18 in press)
ricorrendo a tessuto fetale umano donato dimostra che tale proteina è presente
nelle cellule destinate a formare l’occhio e l’encefalo. Altri due studi
pubblicati in Marzo mostrano che il virus colpisce specificamente, causandone
la morte, le cellule destinate a formare i neuroni, anche quelli degli organoidi
che sono strutture simil-cerebrali derivate dalla riprogrammazione delle
cellule cutanee. Ma come noto si sta ancora discutendo dell’eticità di usare o
vendere ad istituti di ricerca tessuto embrionale umano e pochi sono comunque coloro
che decidono di donarli per ricerca. Si sta studiando come il virus viene trasmesso
dalla madre al feto ed è stato trovato che AXL è presente nelle cellule del
trofoblasto che sappiamo responsabili della trasmissione materno-fetale di
altri virus come il citomegalovirus, quindi la placenta è in grado di
trasmettere Zika al feto. Per ora quindi la ricerca in questo campo si basa su
organoidi o modelli animali, utili ma non perfetti sostituti dei tessuti
derivati dalle cellule fetali umane.
Missing link: Animal models to study whether Zika
causes birth defects. Nature Medicine
2016;22:225.
Alla ricerca di un buon modello per studiare se e come agisce il virus a
livello cerebrale e di altri organi. Dal topo, che non è un buon modello perché
lo sviluppo del suo SNC è molto differente da quello dell’uomo, al topo
transgenico con difetto di risposta citochinica agli organoidi.
GM mosquitoes fire
first salvo against Zika. Nature Biotechnology 2016;34:221. Ci si sta organizzando per combattere l’infezione da zika
con la preparazione di un vaccino (Tab. 1, 10 compagnie ed istituti in varie
nazioni) e per combattere la zanzara che trasmette l’infezione non solo con
insetticidi ma con più efficaci mezzi biologici come la tecnica di inserimento dell’insetto
sterile (reso tale da irradiazione) o geneticamente modificato nell’ambiente.
A modest proposal. Nature Medicine 2016;22:229. “Amid
heightened concerns about the Zika virus outbreak in parts of the Western
Hemisphere, it is worth remembering that the most extreme countermeasures are
not necessarily the only ones worth trying. We must engage in calculated and
diverse responses that will ensure sustainable outcomes for this and other
outbreaks”. Che conclude: “At a time when
some are resorting to extreme calls such as delaying pregnancy, perhaps a trial
to test genetically modified organisms is not so radical”.
Don’t blame sports for
Zika’s spread. Science 2016:351:1377. Non sono stati gli
atleti né gli spettatori della coppa del mondo in Brasile del Luglio del 2014 a
portare il virus in Brasile perché in base agli studi genomici il virus,
identificato per la prima volta nel Marzo 2015 nelle regioni del nord est, si
era diffuso ben prima dell’evento, tra il Marzo e il Dicembre 2013, molto
probabilmente portato da un volo della Polinesia francese o dal sud est
asiatico.
WHO strengthens Zika travel
advice to pregnant women. BMJ
2016;352:i1460. In considerazione del fatto che si sono raccolti
molti dati che portano a zika teratogeno, WHO sottolinea ancora una volta
l’opportunità per le gravide di non andare nei paesi dove c’è l’epidemia di
questo virus.
CASI
CLINICI
Case 10-2016: A 22-Year-Old Man with Sickle Cell
Disease, Headache, and Difficulty Speaking. NEJM
2016;374:1265.
Ragazzo di 22 anni afroamericano che da mezzogiorno accusa mal di testa, difficoltà
di parola di crescente intensità e stato confusionale, alle 8pm portato in PS.
Dalla storia risulta che è affetto da Falcemia e frequentemente soffre di
dolori improvvisi al torace e cefalea, soprattutto negli ultimi 15 mesi. In
passato ripetute RM cerebrali hanno riportato aneurismi stabili nel tempo.
Regolare consumatore di marjuana. EN: riesce a parlare con qualche errore
parafasico, modesta anomia (precisare i nomi) e giri di parole, normale
comprensione ma grave alessia e agrafia, confonde la ds con la sn, non riesce assolutamente
a leggere o scrivere, è incapace di eseguire semplici calcoli aritmetici. Al
test per la diagnosi di ictus (NIHSS) ha un punteggio molto basso (3 in una
scala da 0 a 42). Dagli esami risulta un’anemia emolitica con iperbilirubinemia
non coniugata ed aumento della latticodeidrogenasi. La diagnosi è chiara, nella
discussione si vuole localizzare la lesione cerebrale (ottima discussione dove
dovrebbero essere le lesioni cerebrali in base alla clinica, ndr). Le neuroimmagini
denunciano, oltre alla presenza di aneurismi, un’occlusione della carotide
interna sn e una dissecazione con un infarto acuto nel territorio dell’arteria cerebrale
media sn. Non osservati emboli multipli intracranici e questo riduce la
probabilità che l’ictus sia dovuto ad una falcizzazione intravascolare. Tutto
quanto rilevato spiega bene la clinica. Che terapia per questo ragazzo con Falcemia
che ha un ictus acuto e che ha fumato recentemente marijuana? Il 17% dei pz con
Falcemia ha sintomi cerebrovascolari e di questi il 75% ha infarti cerebrali,
il 20% emorragie cerebrali o subaracnoidee e pochi una trombosi del seno
venoso. Prima bisogna capire come si sia prodotto l’ictus: viene fatta un’ampia
diagnosi differenziale molto didattica, incluse altre malattie genetiche, data
l’età del pz, e le caratteristiche delle malattie vascolari della Falcemia.
Dopo un’attenta analisi si opta per una exanguinotrasfusione con l’intento di ottenere
una concentrazione di HbS inferiore al 30% ed un ematocrito al 30%. In
conclusione la diagnosi è di una complessa patologia cerebrale da Falcemia. Pz
posto in trattamento anticoagulante con miglioramento clinico parziale. Ha un
rischio del 50% di avere un secondo ictus che avviene più frequentemente entro
3 anni dal primo episodio. Opportuna una prevenzione con trasfusioni periodiche
o, se questo non fosse possibile, un trattamento con idrossiurea per aumentare
i livelli di HbF (con l’immigrazione prepariamo a curare bene anche noi la
Falcemia, ndr).
NUOVE
TERAPIE
Illuminating next-generation brain therapies. Nature Neuroscience 2016;19:414. La dipendenza è una
patologia con meccanismi poco conosciuti, frequente (1:20 persone), costosa per
la società intera in termini di crimine, mancata produttività e costi
rilevanti. Le terapie attuali hanno molti effetti collaterali e sono poco
efficaci. Occorrono, dice questa nota, nuove idee. L’optogenetica, recente
tecnologia adottata nella ricerca per agire su specifiche cellule e connessioni
cerebrali, è stata applicata in questi ultimi anni nella sperimentazione
animale e anche in una recente sperimentazione clinica di AA italiani (Transcranial
magnetic stimulation of dorsolateral prefrontal cortex reduces cocaine use: A
pilot study. European Neuropsychopharmacology 2016;26:37) in cui in un gruppo di 32 soggetti con dipendenza dalla
cocaina la terapia con ripetute stimolazioni magnetiche transcranica ha
dimostrato di avere un potenziale terapeutico (astensione e ricadute) migliore
rispetto al gruppo di controllo in terapia farmacologica. Da sottolineare che
tali tecniche non invasive sono state approvate in USA e in Europa nel
trattamento della depressione maggiore. Gli AA stessi sottolineano alcuni punti
deboli della loro sperimentazione come il fatto che fosse aperta e di breve
durata. Questo lavoro, dice il commento, è comunque un forte stimolo per nuove
sperimentazioni di optogenetica con altri approcci metodologici e ulteriori
studi sugli animali di laboratorio.
Bright sparks. Nature
2016;531:S6. Sottotitolo: “As neuroscientists explore the therapeutic prospects of brain stimulation,
the amateur community are hoping the technology will enhance their mental
faculties or well-being”. Da quando alcuni
neuroscienziati hanno incominciato a studiare (e pubblicare, vedi a questo proposito
Restorative Neurology Neuroscience 2016;34:215 di AA italiani
sull’efficacia della stimolazione elettrica transcranica nei
b. con dislessia, ndr) gli effetti sorprendenti di tale tecnica nello stimolare
le funzioni cerebrali (apprendimento, memoria, matematica) o per terapia
(depressione), si è subito temuto, come poi è avvenuto, un uso amatoriale, una
sorta di “fai da te”, di questa tecnica (vedi Spigolature Settembre 2015)(Brain
stimulation in children spurs hope — and concern. Nature 2015;525:436). La stimolazione, che è a bassissimo
amperaggio (1-2)(per l’elettroshock si usa 1 ampere) prodotta da una batteria,
non è in grado di stimolare direttamente il firing (trasmissione) di segnale
tra i neuroni ma la corrente elettrica diffusa potrebbe modificare solo il loro
potenziale di membrana. Ci sono risultati contrastanti ottenuti da alcune
ricerche, alcune positive altre addirittura negative sul QI, forse per
l’eterogeneità delle aree cerebrali stimolate. Ma chi sono gli amatori? Da una
recente analisi (121 persone) in genere giovani (picco a 26-30 anni, in gran
parte maschi), ma ci sono anche persone di 60 e più anni, per effettuare una stimolazione
cognitiva (59%), per motivi medici (11%) o per ambedue (24%). Ma occorrono
studi su come sembra funzionare, su che tipo di corrente usare (alternata o
continua). Ma nonostante i pareri contrastanti “many neuroscientists have no doubt that transcranial
electrical stimulation will come to be an important tool for cognitive health
and well-being” (e gli effetti a distanza? Ndr).
Ma:
Cadaver study challenges brain
stimulation methods. Science
2016;352:397. Al meeting
di New York della Cognitive Neuroscience Society ai primi
di Marzo è stata presentata una ricerca su cadaveri che dimostra che con la
stimolazione transcranica con corrente alternata all’amperaggio consigliato
solo una minima quantità di corrente penetra nel cranio (documentata con più di
200 elettrodi inseriti in sede intracranica) e quindi è improbabile che questa
comporti un effetto sui neuroni con risultati, secondo alcuni, strabilianti. Una
possibile obiezione è che i tessuti morti hanno un conduzione elettrica
rispetto ai tessuti vivi. Un ricercatore di neuroscienze inglese commenta che
tale tecnica è “a sea of bullshit and bad science” (più chiaro di così, ndr).
Genetic Targeting of the
Albumin Locus to Treat Hemophilia. NEJM 2016;375:1288. Clinical Implications of
Basic Research. L’emofilia si cura con trasfusioni di plasma o con
proteina ricombinante, che non risolvono il problema; la proteina ricombinante
è poi costosissima (usata come profilassi costa oltre 100.000 D
USA/persona/anno), richiede un’infusione venosa prolungata e non è disponibile
in molte nazioni. La terapia genica con infusione epatica è attraente, ma può
essere solo temporaneamente efficace a meno che non si proceda ad integrare il
DNA estraneo direttamente nell’epatociti, tecnica non priva di rischi (oncogenesi
inserzionale, alterazione di espressione endogena genica). Da studi nel modello
murino con Emofilia B si è trasferito con successo mediante vettore AAV il gene
umano codificante il fattore IX nel locus dell’albumina, sito ad alta attività
trascrizionale e ritenuto un “safe harbor” per l’integrazione. Vi è stata in
questi topi una normalizzazione fenotipica, una normale funzione albuminica e
un limitatissimo numero di inserzioni in sedi diverse dal locus albuminico e
ridotta immunogenicità. E’ ancora da verificare, ricorrendo ad altri animali,
se funziona ed è da precisare che polimorfismi dell’albumina potrebbero rendere
impossibile l’inserzione di F9 in tutti i pz.
STATISTICA
Statisticians issue warning on P values. Nature 2016;531:151. L’Associazione
Statistica Americana (ASA) lo scorso 8 Marzo, sottolineando il cattivo uso che
si fa del “valore p”, test usato correntemente per valutare la forza di
evidenza scientifica, ha preso l’inusuale decisione di ricordare come vada
utilizzato sottolineando che non può determinare se un’ipotesi sia vera o se i
risultati siano importanti. Ma nello stesso tempo chi si occupa di statistica
sa che una migliore comprensione di tale valore statistico non impedirà
comunque ai ricercatori di usare la statistica per ottenere una impossibile
certezza perché “People want something that
they can’t really get. They want certainty”.
ZIBALDONE
Patient safety is not a
luxury. Lancet 2016;387:2016. Già, “Err
is Human”, alcuni sono inevitabili ma cerchiamo di ridurne la frequenza che è
alta (nel solo UK si ha 1 incidente con danno al pz ogni 35 secondi). E allora
bisogna preoccuparsi di includere nei controlli di qualità anche la sicurezza.
CRISPR scientists win 2016
Gairdner International Awards. Lancet 2016;387:1262. Il Canada Gairdner Awards del 2016 è
stato assegnato ai 5 scienziati che hanno inventato l’editing genico
CRISPR-Cas.
Coitus
defunctus. Nature 2016;35:35. Recensione del libro dell’avvocato e
bioeticista Henry Greely che spiega le basi scientifiche e la regolamentazione
legale delle tecnologie riproduttive e genetiche e giunge alla provocazione del
coitus defunctus ricordando che con
la diagnosi genetica preimpianto si può sequenziare l’intero genoma di un
embrione e con la tecnica di editing genetico CRISPR-Cas9 modificarlo e
migliorarlo a piacimento. Quindi, ha
messo come sottotitolo, The End of Sex and the Future of Human Reproduction.
Con le previsioni di una “easy PGD” (pre-implantation
genetic diagnosis), superando la necessità di ricorrere al sesso per la
fecondazione, con una sua semplificazione (senza terapia ormonale per avere oociti)
ed accettabilità sociale, e una semplificazione delle tecniche di diagnosi
genetica prenatale (si eviterebbe il ricorso alla IVG in caso di patologia) e
infine facilitandone l’accesso rendendola gratuita per tutti. Addirittura
ricorrendo alle cellule staminali per ovviare all’invasività della PGD. Con i
vari commenti del recensore. In altre parole la scissione tra significato
unitivo e procreativo dell’atto coniugale.
The fight for accessibility.
Nature 2016;352:137. Un articolo di uno scrittore freelance che ha come sottotitolo “An aisle
too narrow, a lab bench too high: the scientific world is a complex place for
researchers with disabilities. But many of them find ingenious ways to make it
work”. Varie storie di persone con
handicap che desiderano lavorare in un laboratorio, con le difficoltà che sono
ritenute insormontabili per chi ci lavora, come primo esempio è riportata
l’esperienza di una persona con handicap visivo che aveva chiesto di entrare in
un laboratorio di chimica organica e gli era stato detto che “the
field was too visual”, ma lui ha insistito e c’è riuscito. Il successo delle
persone con handicap visivo o uditivo o motorio richiede, come in tutto,
desiderio, grinta e creatività, addirittura adattando in alcune situazioni le
attrezzature alle proprie possibilità. Accettando talora il fatto che non è
possibile, almeno temporaneamente, eseguire alcuni compiti. Sebbene si sa che
le opportunità di lavoro per una persona con handicap sono minori, in USA la US
National Science Foundation ha calcolato che 1 ricercatore su 9 di meno di 75
anni ha una disabilità. Per non parlare delle barriere architettoniche/fisiche,
anche se la situazione sembra in miglioramento in alcune sedi grazie alle
regolamentazioni sull’handicap (Americans with Disabilities Act del 1990, UK
Disability Discrimination Act del 1995 e Canada’s Accessibility for Ontarians
with Disabilities Act del 2005). Un aspetto pratico è quello se scrivere o meno
nel CV la propria disabilità. Conclude una
persona disabile: “Being a scientist has been lots of fun. I’ve done things
that I hope have benefitted humanity. This is what I always wanted to do”.
The maternal
microbiota drives early postnatal innate immune development. Science
2016;351:1296. La colonizzazione microbica
costituisce lo stimolo principale di sviluppo dell’immunità dopo la nascita. In
questo lavoro il microbiota materno da colonizzazione transitoria della femmina
di topo gravida porta ad impostare il sistema immunitario dei figli. La
colonizzazione transitoria, provocata con E. coli ingegnerizzato che lascia la
gravida senza germi prima del parto con l’intento di ottenere una
colonizzazione limitata alla gravidanza, aumenta nei cuccioli le cellule
linfoidi innate tipo 3 e alcune specifiche cellule mononucleate, ne riprogramma
i profili trascrizionali intestinali inclusa l’espressione di geni codificanti
peptidi antibatterici e il metabolismo di molecole microbiche. Questi effetti
sono dovuti ad anticorpi materni che vengono trasmessi dalla placenta ed anche
con l’alimentazione con il latte dopo la nascita. Il microbiota materno prepara
quindi i cuccioli a un patto reciproco di ospitalità, preparazione dovuta ad un
trasferimento microbico molecolare e, insieme all’immunità materna, prepara il
neonato per gli inevitabili eventi successivi.
I’m
over 65, but I don’t need a discounted bus fare. BMJ 2016;352:i1365. Purtroppo
non ho il testo intero ma solo l’abstract, che è divertente e giusto perché è
uno spreco di risorse e non opportuno che le persone anziane benestanti e che
stanno bene godano degli stessi benefici delle persone anziane con difficoltà
economica, come lo sconto sul biglietto dell’autobus, cinematografi, musei,
ristoranti ecc. In più viene citato l’adagio “You’re only as old as you feel” e chi scrive non
si sente per nulla “anziano” (appena compiuti i 65 anni), sta e si sente bene e
continua a lavorare come geriatra con uno stipendio ragionevole. E non ha
bisogno di sconti (bellissimo, condivido in pieno, ndr).