lunedì 28 settembre 2015

Spigolature di Genetica Clinica/Umana Luglio 2015. R. Tenconi



Raccolta e brevi commenti di articoli di Genetica Medica e Umana e di interesse generale del mese di Luglio 2015 (Spigolature) che hanno attirato la mia attenzione o curiosità, pubblicati nelle seguenti riviste: British Medical Journal, Lancet, Lancet Neurology, Nature, Nature Biotechnology, Nature Genetics, Nature Medicine, Nature Neuroscience, Nature Reviews Genetics, Nature Reviews Neuroscience, NEJM, PNAS, Science & Cell.

DA NON PERDERE
A dose of humility. BMJ 351:h3857. Fiona Godlee, editore del BMJ, offre alcune considerazioni su come andrebbero presentati al pz i medicinali per alleviare il dolore (“taking an empathic, person centred approach may be as important as having better guidelines and a better evidence base”). E commenta l’Head to Head tra due medici accademici sull’omeopatia (Should doctors recommend homeopathy? Pg. h3735). Uno pro che sostiene che i medici che la prescrivono hanno migliori risultati agli stessi costi. Uno contro che sottolinea che il prodotto omeopatico più venduto di estratto di fegato di anatra è estremamente diluito (usa nel testo 134 delle 909 parole che ha a disposizione per riportarne la diluizione, con dieci righe di zeri) e quindi non contiene alcuna molecola attiva. Sostiene che in base a recenti ricerche il prodotto omeopatico ha lo stesso effetto del placebo. E commenta la considerazione che comunemente si fa in questi casi sul fatto che almeno non ha effetti collaterali sottolineando che intanto questo non è provato e se anche lo fosse allora anche il placebo non li ha. L’Editore è della stessa opinione) e a proposito di umiltà scrive “there is good evidence of benefit, if we make compassion and empathy an essential part of the therapeutic package”. (Come non condividere? Ndr).

Natural Variation in Gene Expression Modulates the Severity of Mutant Phenotypes. Cell 2015;162:391.
Chiaro incipt: “an identical genetic mutation can have very different effects on phenotype in different individuals of the same species. In part this is due to differences in genetic background, that is, to the specific combination of rare and common variants that comprise each individual genome”. Sebbene sia noto da almeno un secolo l’impatto del background genetico sulla gravità fenotipica del mutante negli organismi modello (topo, lievito), poco si sa come funzioni. Nell’uomo anche per malattie molto ben conosciute come la Fibrosi cistica sappiamo che vi è un’ampia variabilità fenotipica per la stessa mutazione come la ∆F508 con geni modificatori del fenotipo come MBL2 and TGF-β. Lo stesso per altre malattie mendeliane, conosciamo alcuni geni modificatori ma non siamo in grado però di prevedere la gravità della malattia modulata dal background genetico. Né sappiamo come questi modificatori agiscano.
In questo lavoro è stata usata l’inerferenza dell’RNA per confrontare il fenotipo da perdita di funzione di 1.353 geni (grosso modo sono i geni OMIM) in due ceppi di C. elegans e si è osservato che ~ il 20% dei geni hanno differente gravità fenotipica dovuta al differente background genetico. In secondo luogo si è osservato che la variazione naturale dell’espressione di un gene ha un impatto significativo sulla gravità fenotipica del mutante, più è bassa l’espressione più sarà grave nel mutante. E il fenotipo mutante di ogni gene è condizionato anche dall’espressione di altri geni dello stesso modulo funzionale. Questi dati quindi suggeriscono che il livello personale di espressione genica è un ottimo previsore degli effetti fenotipici di una rara variante causa di una  malattie mendeliana (la Fig. 7 con le faccine – che non mi piacciono soprattutto su un articolo scientifico- non è stata per me immediatamente chiara, ndr).
A riprova di quanto sopra è interessante il parallelo che viene fatto tra C. Elegans e uomo per mutazioni dello stesso gene (mua-3 e FBN1), che nell’uomo causano la s. Marfan, sindrome in cui sappiamo che la gravità correla con i livelli di FBN1. Lo stesso per un’altra malattia AD, la Retinite pigmentosa 11. Resta da vedere se questo effetto vale anche per le m. mendeliane AR. Gli AA concludono suggerendo per le m. mendeliane due differenti rischi genetici: uno di avere la malattia mendeliana e l’altro, sempre genetico, riguardante la gravità. Il rischio è binario, monogenico e prevedibile in base alla sequenza genomica.

Genetic variation links creativity to psychiatric disorders. Nature Neuroscience 2015;18:928. Aristotele diceva (non in inglese, ndr): “no great genius was without a mixture of insanity” e questa associazione è entrata nel senso comune, con molti esempi che si possono fare da van Gogh a Hemingway. Ci sono anche studi da cui risulta che non solo i pz con disturbo bipolare o schizofrenia ma anche i loro familiari non affetti avrebbero maggiore creatività e sarebbero più rappresentati nelle professioni creative. Geni o ambiente? Nel lavoro sullo stesso fascicolo (Polygenic risk scores for schizophrenia and bipolar disorder predict creativity. Pg. 953) si è cercato di verificare se creatività e alcune malattie psichiatriche siano associate a varianti comuni nel genoma, ricorrendo allo studio mediante GWAS di 86.292 adulti islandesi e oltre 27.000 adulti svedesi ed olandesi di cui è nota la professione e non affetti da malattia psichiatrica. I dati genotipici nella Schizofrenia e nel Disturbo bipolare usati sono quelli dei più recenti ed ampi studi con GWAS che sono stati confrontati con quelli del campione in esame. Gli AA hanno preparato un punteggio di rischio genetico, somma degli alleli associati a rischio pesati in base alla stima della loro entità di rischio. Le persone a maggior rischio genetico di Schizofrenia o Disturbo bipolare hanno una maggior probabilità di svolgere l’attività di artista o di appartenere alla comunità degli artisti. Quindi la conclusione è che la creatività e la psicosi condividono radici genetiche comuni (oltre che Aristotele aveva ragione anche mia zia, ndr).

Another Beginning for Cystic Fibrosis Therapy. NEJM 2015;373:274. Editoriale relativo ad un articolo sullo stesso fascicolo sulle buone prospettive terapeutiche per una delle più comuni mutazioni della fibrosi cistica (Lumacaftor–Ivacaftor in Patients with Cystic Fibrosis Homozygous for Phe508del CFTR. Pg.220). Nell’editoriale si fa presente che vi sono bone prospettive terapeutiche per questa frequente malattia, nonostante le più di 1.000 mutazioni causative del gene CFTR in quanto tutte rientrano in 6 categorie funzionali. Il primo successo terapeutico riguarda una piccola proporzione (5%) di affetti portatori della mutazione Gly551Asp con il farmaco Ivacaftor che successivamente è stato usato per altre mutazioni con simile effetto sul prodotto genico. Il lavoro riporta i risultati di sperimentazioni cliniche internazionali (TRAFFIC and TRANSPORT, ClinicalTrials.gov numbers, NCT01807923 and NCT01807949) in fase 3, randomizzate e a doppio cieco che sugli effetti della somministrazione di due farmaci, uno un correttore di CFTR, Lumacaftor, in combinazione con un potenziatore di CFTR, Ivacaftor, in 1.108 pz con FC di età ≥ 12 anni omozigoti per la mutazione Phe508del (chiamata anche ΔF508), che è la mutazione presente in omozigosi in più della metà dei pz CF e come composto eterozigote nel 90% dei pz CF. I risultati sono incoraggianti in quanto vi è stato un significativo miglioramento della funzione respiratoria e nell’acquisizione di peso ed anche dei segni respiratori e delle complicazioni polmonari. Ma il grado di migloramento è stato inferiore a quello avuto nelle sperimentazioni con il solo Icacaftor per pz con mutazione Gly551Asp. Bella frase finale dell’Editoriale (che piacerebbe sentirla anche per molte altre malattie genetiche, ndr): The report by Wainwright and colleagues is a celebration of the legions of investigators — involved in clinical and basic research, based in industry and academia — as well as the legions of patients all over the world, who together have paved the way for a new beginning in cystic fibrosis treatment”.

PER I PEDIATRI E PER ALTRI SPECIALISTI (Pediatri, Neuropsichiatri Infantili, Neurologi, Ostetrici, Cardiologi, Psichiatri, ORL, Medici della riproduzione, Patologi ecc.).
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Neurological and neuropsychiatric aspects of tuberous sclerosis complex. Lancet Neurology 2015;14:733 (2/3 AA italiani). Malattia multisistemica non comune (prevalenza 6.8–12.4 per 100.000 persone, incidenza neonatale 1:5.800) da mutazione di due geni (TSC1, MIM #191100)(20% dei casi)(TSC1, MIM #613254)(80% dei casi) codificanti rispettivamente amartina e tuberina. Mutazioni di uno di questi geni causano un’iperattivazione del pathway mTOR, coinvolto in vari aspetti del funzionamento cellulare tra cui la crescita e la proliferazione, la sintesi proteica ed il metabolismo. Review di aggiornamento clinico ed assistenziale, con le nuove linee guida diagnostiche e terapeutiche, i recenti progressi della ricerca, in particolare riguardanti gli aspetti neurologici e neuropsichiatrici (ottima la Fig. 4 che mostra quanto è ampio lo spettro delle patologie neuropsichiatriche), che insieme costituiscono le principali cause di morbilità e mortalità della malattia e per i quali sono in corso sperimentazioni cliniche in fase 2-3 con inibitori mTOR (vedi Tabella). Per la parte assistenziale, data la presenza di segni clinici età dipendente che vanno dai primi mesi di vita sino all’età adulta, viene opportunamente sottolineata la necessità di cure complete e gestione multidisciplinare senza interruzioni nel passaggio nell’età adulta. Interessante anche che alcune nazioni abbiano dedicato servizi assistenziali transizionali per pz con TSC (necessità di centri dedicati a gruppi di patologie, uno solo per regione, multidisciplinare clinico; uno o al mx due laboratori di diagnosi in Italia, utopia ovviamente, ndr).

Focus on more specific fetal testing. Nature 2015;523:290. Lettera all’editore in cui si sottolinea che la tecnica di screening prenatale non invasivo che viene da loro usata (SNP) distingue chiaramente il contributo fetale da quello materno senza gli incidental findings delle tecniche usuali (vedi D. W. Bianchi su Nature 2015;522:29, vedi Spigolature Giugno 2015).

Normal lower limb variants in children. BMJ 2015;351:h3394. Spesso si indirizza all’ortopedico pediatra un b. per quello che si ritiene sia un’anomalia che invece è una variante. Errore che può essere evitato con una buona anamnesi, un accurato esame clinico e conoscenza dell’evoluzione clinica di deformazioni di rotazione e angolari del bambino che sta crescendo in modo da rassicurare i genitori. Con questa review clinica si intende, scrivono gli AA, aiutare il medico generalista a distingue il normale da quello che non lo è e che richiede l’intervento dello specialista. Come il ginocchio varo o valgo con le varie cause, il piede piatto, la camminata con le punti in fuori o in dentro.

Less invasive investigation of perinatal death. BMJ 2015;351:h3598. Una sempre più ridotta proporzione di genitori che hanno avuto un figlio nato morto o morto in epoca perinatale sono d’accordo nel far eseguire l’autopsia classica, che sappiamo che nel 30-40% dei casi può essere informativa. Questo spiega la drastica riduzione delle autopsie nei vari paesi sviluppati. L’offerta dell’autopsia in un momento così difficile per i genitori andrebbe fatta da personale adeguatamente addestrato. E’ stato preparato un nuovo consenso di proposta del l’autopsia che deve ancora essere adeguatamente testato (https://www.uk-sands.org/).
La maggior parte di coloro che non vogliono che venga fatta l’autopsia sono d’accordo per farne fare una non invasiva, che ora viene proposta in UK. Ma ci sono incertezze sul come effettuarla e renderla omogenea nelle varie sedi. In cosa consiste? L’approccio classico della storia clinica, esame fisico esterno, radiografia in alcune anomalie, esame della placenta. E la MRI che è accurata nell’identificare per anomalie cerebrali (meglio addirittura dell’autopsia invasiva), cardiache e renali, meno per i polmoni soprattutto per le infezioni. In alcuni casi è necessario ricorrere a biopsie, magari guidate dall’endoscopia.
Altro aspetto sottolineato sono i tempi di risposta che devono essere sentiti come appropriati.
(nell’Editoriale stranamente si sfiora l’argomento della ricorrenza e della necessità della consulenza genetica e, soprattutto, non si prospetta l’autopsia “molecolare” come suggerito in Individualized Medicine from Prewomb to Tomb. Cell 2014;157:241)(vedi selezione Articoli Marzo 2014).

We must convince the public that researchers need access to medical records. BMJ 2015;351:h3853. Le leggi inglesi “conspires against medical researchers” rendendo difficile se non impossibile ai ricercatori spiegare ai pz perché dovrebbero facilitare e favorire la condivisione delle loro cartelle cliniche. Una disposizione del Health and Social Care (Safety and Quality) prescrive che vi sia un obbligo di condividere tra medici, personale sanitario coinvolto nella cura, ma non i ricercatori che si occupano di quella patologia, tutte le informazioni mediche del paziente, quando questo è nel suo migliore interesse, usando un unico codice NHS. Ma ci sono numerose complicazioni burocratiche, tra cui problemi di trasmissione dei dati (si suggerisce via Skype che leghi a distanza medici e pz ma questo è addirittura illegale). Per quanto riguarda i ricercatori c’è solo da sperare, magari dimostrando che quando sono coinvolti è un bene per tutti, come nel caso di un sistema di allarme messo a punto da ricercatori per pz morti negli ospedali NHS per casi acuti che consente al ricercatore di individuare il singolo pz e l’ospedale dove vi è stato un eccesivo aumento di decessi in modo che l’ospedale possa rivalutare la propria organizzazione.
Come spiegare l’utilità di coinvolgere i ricercatori nella gestione della salute pubblica?

IMMAGINI
Coral Dermatitis. NEJM 2015;373:e2. Dermatite da contatto con corallo, con aspetto di placche cerebriformi, dovuta a nematocisti del corallo, che sono organelli specializzati che liberano tossine dermatologiche. Lesioni molto pruriginose e urenti.

Cerebriform Nevus Sebaceous. NEJM 2015;373:262. Ragazza di 12 anni con nevo sebaceo con aspetto cerebriforme congenito al capo (7x4 cm) isolato. Amartoma congenito da mutazione in mosaico di HRAS e KRAS. Va asportato prima della pubertà per il rischio di una trasformazione maligna. Fatto.

Cervical Meningocele. NEJM 2015;373:E4. Donna sana di 22 anni con massa vertebrale cervicale mediana di 2 cm di diametro ricoperta da cute sottile rosea, massa ripetutamente aspirata (?? Nrd. AA canadesi) senza conseguenze. Neurologicamente presentava segno Hoffmann bilateralmente e lesione del motoneurone superiore interessante spalle, braccia, avambraccia e mani. Alla RM (perché non fatta alla nascita? Ndr) la massa è una formazione cutanea con contenuto liquido con un sottile collegamento al midollo spinale dorsale. Quindi si tratta di meningocele cervicale, raro difetto del tubo neurale. Operata.

Strawberry gums. BMJ 2015;351:h3455. Gengivite iperplastica, segno di una poliangioite con granulomatosi. Diagnosi gestaltica con indicazione per la cura appropriata.

Neck Impalement during Mountain Biking. NEJM 2congenito015;373:366. Per chi usa la mountain bike e va nei boschi se cadi e ti si infila un ramo nel collo non tentare di toglierlo ma va in PS per fartelo togliere.

TERATOLOGIA
Specific SSRIs and birth defects: bayesian analysis to interpret new data in the context of previous reports. BMJ 2015;350:h3190. Analisi bayesiana combinando i risultati di diversi studi di associazione tra specifiche malformazioni congenite nei figli ed assunzione da parte della madre in epoca pericocenzionale (1 mese prima sino al 3° mesi di gravidanza) di inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina, come Citalopram, Escitalopram, Fluoxetina, Paroxetina o Pertralina. L’analisi conclude che vi siano risultati abbastanza rassicuranti sull’uso di questi farmaci se assunti precocemente in gravidanza, anche se suggeriscono che alcune malformazioni congenite hanno nei figli una frequenza maggiore di 2-3.5 volte soprattutto per la Paroxetina (anencefalia, difetto setto atriale, ostruzione efflusso ventricolo ds, gastroschisi, onfalocele) e la Fluoxetina (ostruzione efflusso ventricolo ds e craniosinostosi).

ETICA
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Cloning humans? Biological, ethical, and social considerations. PNAS 2015;112:8869. Ottimo lungo preambolo colturale sulla nostra evoluzione con una frase che mi è piaciuta molto: “For the last few millennia, humans have been adapting the environments to their genes more often than their genes to the environments”, nel senso che l’uomo non ha aspettato che per mutazione spontanea gli spuntassero le ali per volare o le pinne per attraversare il mare. Ma la selezione naturale ovviamente continua tuttora ad operare incidendo sia sulla mortalità che sulla la fertilità. Sono più di 2.000 malattie e anomalie di sviluppo su base genetica per le quali è sempre più possibile una cura e l’applicazione di una terapia genica comportando inevitabilmente un lento aumento dell’incidenza delle malattie ereditarie. Tale incremento potrebbe essere fermato con il ricorso alla terapia genica germinale per ora tecnicamente non fattibile, con l’eccezione del trapianto di mitocrondri nel caso di malattie mitocondriali (il cosiddetto Three-parent-baby). Né è prevedibile o auspicabile che, a differenza del genoma, si possa clonare una persona. Il clonaggio in futuro potrà invece ragionevolmente essere usato per il trapianto di organi o di cellule nervose o tessuti da riparare.
(non cita, come mi sarei aspettato, la tecnica di Embryo editing con CRISPR, ndr).

Animal studies must be useful, says public. Nature 2015;523:35. La Commissione europea (EC) ha risposto lo scorso mese all’appello “Stop Vivisection”, della European Citizens’ Initiative firmato da più di un milione di europei, dicendo che nulla c’è da modificare della direttiva attuale sulla protezione degli animali utilizzati per ricerca (2010/63/EU), che è piuttosto restrittiva per l’uso degli animali. Ma la richiesta dell’appello non riguardava solo la sofferenza degli animali, perché intendeva sottolineare la necessità di limitare la ricerca sugli animali solo se sono attesi rilevanti ricadute sulla salute dell’uomo. Uno stimolo per i ricercatori che nelle ricerche utilizzando animali non adottano le pratiche standard (randomizzazione, adeguata numerosità), il che porta a risultati ingannevoli e a sperimentazioni cliniche deludenti, aspetto ben presentato nella nota Make mouse studies work. Nature 2015;507:423 che dice: “More investment to characterize animal models can boost the ability of preclinical work to predict drug effects in humans”.

EPIGENETICA
Human body epigenome maps reveal noncanonical DNA methylation variation. Nature 2015;523:212. E’ necessario conoscere e comprendere come le diversità dei tessuti umani contribuiscono alle malattie considerando sia le informazioni genetiche, che sono uguali in quasi tutte le cellule, che i meccanismi epigenetici che in basi a studi di metilazione del DNA possono avere pattern di metilazione tessuto-specifici o uguali per tutti. In questo studio è stato studiato il metiloma dei principali organi umani integrato con il trascrittoma e le sequenze genomiche. Combinando tali tecniche è stato possibile individuare un’ampia variabilità tessuto-specifica di metilazione CG (mCG), domini parzialmente metilati, metilazione e trascrizione allele specifica e l’inattesa presenza di metilazione non CG (mCH). In particolare usando quest’ultima marcatura è stata resa possibile una nuova valutazione dei geni che in alcuni tessuti sfuggono all’inattivazione X. In conclusione da questa analisi comparativa risulta che nell’uomo la metilazione del DNA varia considerevolmente da tessuto a tessuto.

TERAPIA TRADIZIONALE, GENICA/CELLULE STAMINALI
Oral Propranolol for Infantile Hemangioma. NEJM 2015;373:284. Lettera (A italiano) relativa ad articolo (A Randomized, Controlled Trial of Oral Propranolol in Infantile Hemangioma. NEJM 2015;372:375)(vedi selezione Spigolature Febbraio 2015) che presentava i risultati positivi di una sperimentazione clinica sull’uso del propanololo per il trattamento dell’emangioma proliferante infantile (età 1-5 mesi). Nella lettera si solleva la questione degli effetti a lungo termine del farmaco nei b. piccoli, soprattutto relativi al neurosviluppo e cognitivi. Nella risposta gli AA, pur ammettendo che mancano studi ad hoc per valutare l’effetto a distanza sul neurosviluppo, sottolineano che più di 2.000 bambini sottoposti a tale beta-bloccante non risultano avere avuto alcun effetto a distanza.

Augmentation treatment for α1 antitrypsin deficiency. Lancet 2015;386:318. Commento di un articolo sui risultati del trattamento nell’ambito di una sperimentazione clinica in pz con Deficit di  α1 antitripsina
Intravenous augmentation treatment and lung density in severe α1 antitrypsin deficiency (RAPID): a randomised, double-blind, placebo-controlled trial. Lancet 2015;386:360. L’α1 antitripsina, glicoproteina prodotta dal fegato, è una serina antiproteasica che inibisce gli enzimi proteolitici, in particolare l’elastasi neutrofila che è una proteasi non specifica rilasciata dai neutrofili attivati o in degradazione. La mancanza di α1 antitripsina causa nel bambino una patologia epatica, nell’adolescente enfisema polmonare e nell’adulto/ anziano cirrosi epatica. L’A del commento aveva proposto anni fa la somministrazione endovena di inibitore α1 proteinasico (A1PI) estratto dal plasma dell’uomo nel tentativo di raggiungere livelli dell’inibitore tali da annullare l’effetto elastasico nelle strutture alveolari polmonari. Ma nonostante l’approvazione della FDA americana manca una prova della reale efficacia di tale terapia.
In questa sperimentazione multicentrica a doppio cieco e randomizzata con pz e controlli (ClinicalTrials.gov, NCT00261833 e 2-year open-label extension study NCT00670007) si dimostra, tramite misurazione della densità polmonare con CT, che la somministrazione di A1PI purificata riduce significativamente la progressione verso l’enfisema. Nel commento si sottolinea che andrebbe definito quando cominciare e che comunque sarebbe opportuno trovare un'altra terapia (genica?) perché l’attuale terapia è molto costosa (100.000 dollari USA/pz/anno).

Targeting Antithrombin to Treat Hemophilia. NEJM 2015;373:389. Articolo (Clinical Implications of Basic Research) sui nuovi agenti emostatici che sono in sperimentazione per la cura dell’Emofilia (ClinicalTrials.gov number, NCT02035605). La profilassi attuale (Fattore VIII ricombinante a funzione prolungata) è molto costosa (centinaia di D USA/anno), richiede infusioni endovena, non è priva di complicazioni, comporta una riduzione dell’attesa di vita, il 50% dei pz la abbandona e infine il 25% sviluppa anticorpi che la rendono inefficace. Si sa che condizioni protrombotiche, come difetto di antitrombina o delle proteine C e S attenuano i segni clinici dell’emofilia e questo ha portato ad indagare se l’inibizione dell’antitrombina possa comportare una significativa riduzione emorragica. In modelli animali il ricorso ad un piccolo RNA interferente (siRNAs) che previene la sintesi dell’antitrombina III ha determinato una riduzione delle emorragie senza provocare trombosi. Nell’articolo viene descritto come questo siRNA agisce. Che prospettive per i pz emofilici? Se funziona anche nell’uomo vi sarebbe una netta riduzione delle emorragie con miglioramento della qualità di vita con 1 sola iniezione sottocutanea di siRNA settimanale e una riduzione dei costi. Auspicio: sperimentazioni cliniche diranno se questa nuova terapia è sicura ed efficace.

Antisense Inhibition of Apolipoprotein C-III in Patients with Hypertriglyceridemia NEJM 2015;373:438. L’apoproteina C.III (APOC3) è un importante regolatore dei livelli plasmatici di trigliceridi, i cui alti livelli nel sangue sono associati ad eventi sfavorevoli cardiovascolari e pancreatici. Il farmaco ISIS 304801 è un inibitore antisenso di seconda generazione della sintesi di APOC3. Sono presentati i risultati di una sperimentazione clinica randomizzata a doppio cieco in fase 2 ricorrendo alla somministrazione di tale prodotto (1 volta la settimana per 13 settimane) con l’obiettivo primario di verificare modificazioni di APOC3 rispetto alla baseline (ClinicalTrials.gov number, NCT01529424). La somministrazione di ISIS 304801 è risultata associata ad una riduzione significativa dei livelli di trigliceridi in pz con un ampio spettro di livelli basali tramite una selettiva inibizione della sintesi di APOC3.

Stem cells in age-related macular degeneration and Stargardt’s macular dystrophy. Due lettere all’Editore relativa ad un articolo (Human embryonic stem cell-derived retinal pigment epithelium in patients with age-related macular degeneration and Stargardt’s macular dystrophy: follow-up of two open-label phase 1/2 studies. Lancet 2015;385: 509) sugli effetti positive di due sperimentazioni cliniche con il ricorso alla terapia con cellule staminali embrionali umane (hESC)(vedi selezione Spigolature del Febbraio 2015). Nella prima viene fatto presente che i due tipi di degenerazione maculare sottoposti a terapia sono diversi dalla degenerazione maculare essudativa in cui il visus migliora con il diminuire del liquido che si forma e delle emorragie. Si precisa anche che nella storia naturale delle malattie maculari vi sono modificazioni, anche miglioramenti. Per cui, pur congratulandosi con gli AA, chi scrive precisa che “careful analysis of the reported improvement in visual acuity is needed”, augurandosi che la terapia proposta funzioni veramente.
Nella seconda si fa presente che la ridotta numerosità del campione sottoposto a sperimentazione, si domanda quale sia la densità ottimale di hESC, si chiede se non sia conveniente generare i fotorecettori che nella progressione della malattia sono morti insieme al trapianto di epitelio retinico e infine quanto deve durare l’immunosoppressione.
Nella risposta si ammette che i risultati ottenuti vadano confermati e si spiegano alcune scelte adottate come la sede a livello retinico del trapianto. Interessante la nota che è possibile che i fotorecettori non siano scomparsi ma sia residuata la loro parte più interna o addirittura il corpo cellulare, quindi sono in quiescenza suscettibili di essere riattivate dal segnale rigenerativo delle cellule staminali.

Gene therapy ‘cure’ for blindness wanes. Nature Biotechnology 2015:33:678. Commento di due lavori sugli effetti parziali e soprattutto temporanei della terapia genica nella Amaurosi Leber recessiva da mutazione del gene RPE65 (recensiti nelle Spigolature del Maggio 2015 (Improvement and Decline in Vision with Gene Therapy in Childhood Blindness. NEJM 2015;382:1546 e Long-Term Effect of Gene Therapy on Leber’s Congenital Amaurosis. Pg. 1887). Con qualche nota di ottimismo perché comunque anche anni dopo un certo miglioramento retinico c’è stato. E la necessità di una diagnosi precoce per iniziare precocemente la terapia.

In vitro modeling of hyperpigmentation associated to neurofibromatosis type 1 using melanocytes derived
from human embryonic stem cells. PNAS 2015;112:9034. Non vi sono adeguati modelli in vitro delle malattie della pigmentazione. In questo lavoro sono state usate cellule staminali embrionali umane (hESC) che portano una mutazione con perdita di funzione del gene NF1, causa di Neurofibromatosi tipo 1, malattia tipicamente caratterizzata dalla presenta alla nascita o nei primi anni di vita di macchie cutanee ipercromiche, chiamate caffè-latte. Questo per studiare il meccanismo molecolare di questo fenotipo, come modello per la NF1 e per altre malattie della pigmentazione. I melanociti derivati da NF1-hESC riproducono in vitro il fenotipo della iperpigmentazione e sono caratterizzati da una deregolazione dei vari fattori della melanogenesi. E’ stata individuata un’aumentata attività dei pathway di segnale PKA cAMP-mediata e ERK1/2 con sovraespressione del fattore di trascrizione MITF e degli enzimi melanogenici tirosinasi e dopacromo tautomerasi, che sono i principali attori della melanogesi. Il fenotipo iperpigmentazione può essere annullato con il ricorso a piccole molecole inibitrici di questi pathway, ponendo così le premesse per
studiare in vitro altre malattie della pigmentazione e per nuove strategie terapeutiche.

BIOLOGIA
Genome in a bottle—a human DNA standard. Nature 2015;33:675. NEWS: lo scorso Maggio il National Institute of Standards and Technology (NIST) ha reso disponibile il suo primo ‘genome in a bottle’, un campione DNA di riferimento per validare le sequenze del genoma umano. Il gruppo ha preparato infatti un set di riferimenti di alta qualità per la selezione delle varianti di circa l’80% del genoma. In questa prima parte è stata focalizzata l’attenzione su SNP e piccole delezioni. In futuro riguarderà anche varianti strutturale di dimensioni maggiori.

Reconstructing ancient genomes and epigenomes. National Reviews Genetics 2015;16:395. Con le nuove tecniche è stato reso possibile sequenziare l’intero genoma e caratterizzare le marcature epigenetiche di un sempre maggior numero di specie delle epoche passate (oltre 1 milione di anni) e di specie estinte. In questa review vengono presentate le sfide tecniche affrontate e da affrontare che hanno consentito di analizzare il genoma, il trascrittoma, il proteoma e il metiloma dei mammut, dei paleo-eschimesi, dell’uomo di Neanderthal e del mais (Fig. 1). Interessante l’accenno alla de-estinzione (far tornare in vita specie estinte), che richiede una conoscenza approfondita del genoma di riferimento che si ottiene dall’analisi di molti differenti campioni (per assaggiare ad es. il sapore di un cereale o di un frutto di migliaia di anni fa, ndr).

Towards a molecular understanding of microRNA-mediated gene silencing. Nature Review Genetics 2015;16:421. MicroRNA (miRNA) sono regolatori dell’espressione genica che svolgono una funzione in praticamente tutti i processi biologici dalla crescita alla proliferazione e alla differenziazione cellulare ed anche del metabolismo e dello sviluppo dell’organismo. Il numero varia da specie a specie, nell’uomo la stima è di circa 1.500 miRNA. In questa review viene presentato l’equilibrio, poco conosciuto, tra repressione traduzionale e degradazione mRNA.

DNA damage during the G0/G1 phase triggers RNA-templated, Cockayne syndrome B-dependent
homologous recombination. PNAS 2015;E3495. Mutazioni del gene della s. Cockayne B sono responsabili di due terzi dei casi di questa sindrome, malattia AR con vari segni clinici come grave deficit di crescita, neurodegenerazione progressiva e ipersensibilità alla luce solare. Il gene CSB opera nel sistema di escissione nucleotidica accoppiata alla trascrizione (TC-NER) da lesioni prodotte dalla luce. Sono poco noti i meccanismi di riparazione di danni in siti trascrizionalmente attivi durante la fase G0/G1.
In questo lavoro viene identificato un meccanismo di ricombinazione legato all’RNA che protegge la stabilità genomica la cui alterazione spiega le varie manifestazioni cliniche della sindrome, in particolare le anomalie di sviluppo e la sensibilità alle radiazioni ionizzanti.

ZIBALDONE
Cloud cover. Nature 2015;523:128. Tra i ricercatori in Europa e in USA si sta facendo strada il ricorso per la conservazione dei propri dati al sistema di immagazzinamento dati chiamato Cloud fornito da varie compagnie come Google, Amazon e Microsoft. E tale iniziativa sta prendendo piede. Vedi anche Europe sets its sights on the cloud. Pg. 136 e  Create a cloud commons. Pg. 149.

Individual olfactory perception reveals meaningful nonolfactory genetic information. PNAS 2015;112:875. Cirano di Bergerac diceva che un nasone grosso come il suo è indice di un uomo spiritoso, affabile, generoso e liberale. In questo lavoro si dimostra come la funzione del “naso” cambi da persona a persona, perché ciascuno di noi ha un differente set di diversi geni dei recettori olfattivi (il 30% dei nostri geni!) e quindi un’unica percezione olfattiva. Sono state testate le differenze olfattive di quasi 100 persone e si è concluso che il test che li distingue è molto semplice, si può applicare in 10 minuti usando 7 odori e 11 descrittori. Ancora più importante il fatto che in un altro gruppo di 130 volontari si dimostra che vi è un’associazione tra caratteristiche dell’odorato e compatibilità HLA, associazione sufficientemente forte da proporre il test olfattivo come screening di compatibilità.

New mystery for Native American origins. Science 2015;349:354. Due studi appena pubblicati concordano nella presenza di alcune caratteristiche fenotipiche di un’influenza di popolazioni australiane e melanesiane, ma discordano sul come è avvenuta e sul quando ci sarebbe stata questo contributo. Molto bella l’immagine e i tempi della migrazione di popolazioni dalla Siberia all’America.

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