Raccolta e brevi commenti di articoli di Genetica Medica e
Umana e di interesse generale del mese di Luglio 2015
(Spigolature) che hanno attirato la
mia attenzione o curiosità, pubblicati nelle seguenti riviste: British Medical
Journal, Lancet, Lancet Neurology, Nature, Nature Biotechnology, Nature
Genetics, Nature Medicine, Nature Neuroscience, Nature Reviews Genetics, Nature
Reviews Neuroscience, NEJM, PNAS, Science & Cell.
DA NON PERDERE
A dose of humility. BMJ
351:h3857. Fiona
Godlee, editore del BMJ, offre alcune
considerazioni su come andrebbero presentati al pz i medicinali per alleviare
il dolore (“taking an empathic, person centred
approach may be as important as having better guidelines and a better evidence
base”). E commenta l’Head to Head tra due medici accademici sull’omeopatia (Should doctors recommend homeopathy? Pg. h3735). Uno pro che sostiene che i
medici che la prescrivono hanno migliori risultati agli stessi costi. Uno
contro che sottolinea che il prodotto omeopatico più venduto di estratto di
fegato di anatra è estremamente diluito (usa nel testo 134 delle 909 parole che
ha a disposizione per riportarne la diluizione, con dieci righe di zeri) e
quindi non contiene alcuna molecola attiva. Sostiene che in base a recenti
ricerche il prodotto omeopatico ha lo stesso effetto del placebo. E commenta la
considerazione che comunemente si fa in questi casi sul fatto che almeno non ha
effetti collaterali sottolineando che intanto questo non è provato e se anche
lo fosse allora anche il placebo non li ha. L’Editore
è della stessa opinione) e a proposito di umiltà scrive “there is good evidence
of benefit, if we make compassion and empathy an essential part of the
therapeutic package”. (Come non condividere? Ndr).
Natural
Variation in Gene Expression Modulates the Severity of Mutant Phenotypes. Cell
2015;162:391.
Chiaro incipt: “an identical
genetic mutation can have very different effects on phenotype in different
individuals of the same species. In part this is due to differences in genetic
background, that is, to the specific combination of rare and common variants
that comprise each individual genome”. Sebbene
sia noto da almeno un secolo l’impatto del background genetico sulla gravità
fenotipica del mutante negli organismi modello (topo, lievito), poco si sa come
funzioni. Nell’uomo anche per malattie molto ben conosciute come la Fibrosi
cistica sappiamo che vi è un’ampia variabilità fenotipica per la stessa
mutazione come la ∆F508 con geni modificatori del fenotipo come MBL2 and TGF-β.
Lo stesso per altre malattie mendeliane, conosciamo alcuni geni modificatori ma
non siamo in grado però di prevedere la gravità della malattia modulata dal
background genetico. Né sappiamo come questi modificatori agiscano.
In questo lavoro è stata usata l’inerferenza dell’RNA per
confrontare il fenotipo da perdita di funzione di 1.353 geni (grosso modo sono
i geni OMIM) in due ceppi di C. elegans e si è osservato che ~ il 20% dei geni
hanno differente gravità fenotipica dovuta al differente background genetico. In
secondo luogo si è osservato che la variazione naturale dell’espressione di un
gene ha un impatto significativo sulla gravità fenotipica del mutante, più è
bassa l’espressione più sarà grave nel mutante. E il fenotipo mutante di ogni
gene è condizionato anche dall’espressione di altri geni dello stesso modulo
funzionale. Questi dati quindi suggeriscono che il livello personale di
espressione genica è un ottimo previsore degli effetti fenotipici di una rara
variante causa di una malattie
mendeliana (la Fig. 7 con le faccine – che non mi piacciono soprattutto su un
articolo scientifico- non è stata per me immediatamente chiara, ndr).
A riprova di quanto sopra è interessante il parallelo che viene
fatto tra C. Elegans e uomo per mutazioni dello stesso gene (mua-3 e FBN1), che
nell’uomo causano la s. Marfan, sindrome in cui sappiamo che la gravità correla
con i livelli di FBN1. Lo stesso per un’altra malattia AD, la Retinite
pigmentosa 11. Resta da vedere se questo effetto vale anche per le m.
mendeliane AR. Gli AA concludono suggerendo per le m. mendeliane due differenti
rischi genetici: uno di avere la malattia mendeliana e l’altro, sempre
genetico, riguardante la gravità. Il rischio è binario, monogenico e
prevedibile in base alla sequenza genomica.
Genetic variation links
creativity to psychiatric disorders. Nature Neuroscience 2015;18:928. Aristotele diceva (non in inglese, ndr): “no
great genius was without a mixture of insanity” e questa associazione è entrata
nel senso comune, con molti esempi che si possono fare da van Gogh a Hemingway.
Ci sono anche studi da cui risulta che non solo i pz con disturbo bipolare o
schizofrenia ma anche i loro familiari non affetti avrebbero maggiore
creatività e sarebbero più rappresentati nelle professioni creative. Geni o
ambiente? Nel lavoro sullo stesso fascicolo (Polygenic risk scores for schizophrenia and bipolar disorder predict
creativity. Pg. 953) si è cercato di verificare se creatività e alcune
malattie psichiatriche siano associate a varianti comuni nel genoma, ricorrendo
allo studio mediante GWAS di 86.292 adulti islandesi e oltre 27.000 adulti
svedesi ed olandesi di cui è nota la professione e non affetti da malattia
psichiatrica. I dati genotipici nella Schizofrenia e nel Disturbo bipolare
usati sono quelli dei più recenti ed ampi studi con GWAS che sono stati
confrontati con quelli del campione in esame. Gli AA hanno preparato un
punteggio di rischio genetico, somma degli alleli associati a rischio pesati in
base alla stima della loro entità di rischio. Le persone a maggior rischio
genetico di Schizofrenia o Disturbo bipolare hanno una maggior probabilità di
svolgere l’attività di artista o di appartenere alla comunità degli artisti.
Quindi la conclusione è che la creatività e la psicosi condividono radici
genetiche comuni (oltre che Aristotele aveva ragione anche mia zia, ndr).
Another Beginning for Cystic
Fibrosis Therapy. NEJM 2015;373:274. Editoriale relativo
ad un articolo sullo stesso fascicolo sulle buone prospettive terapeutiche per
una delle più comuni mutazioni della fibrosi cistica (Lumacaftor–Ivacaftor in Patients with Cystic Fibrosis
Homozygous for Phe508del CFTR. Pg.220).
Nell’editoriale si fa presente che vi sono bone prospettive terapeutiche per
questa frequente malattia, nonostante le più di 1.000 mutazioni causative del
gene CFTR in quanto tutte rientrano in 6 categorie funzionali. Il primo
successo terapeutico riguarda una piccola proporzione (5%) di affetti portatori
della mutazione Gly551Asp con il farmaco Ivacaftor che successivamente è stato
usato per altre mutazioni con simile effetto sul prodotto genico. Il lavoro
riporta i risultati di sperimentazioni cliniche internazionali (TRAFFIC and TRANSPORT,
ClinicalTrials.gov numbers, NCT01807923 and NCT01807949) in fase 3, randomizzate e a doppio cieco che
sugli effetti della somministrazione di due farmaci, uno un correttore di CFTR,
Lumacaftor, in combinazione con un potenziatore di CFTR, Ivacaftor, in 1.108 pz
con FC di età ≥ 12 anni omozigoti per la mutazione Phe508del (chiamata anche ΔF508), che è la
mutazione presente in omozigosi in più della metà dei pz CF e
come
composto eterozigote nel 90% dei pz CF. I risultati sono incoraggianti in
quanto vi è stato un significativo miglioramento della funzione respiratoria e
nell’acquisizione di peso ed anche dei segni respiratori e delle complicazioni
polmonari. Ma il grado di migloramento è stato inferiore a quello avuto nelle
sperimentazioni con il solo Icacaftor per pz con mutazione Gly551Asp. Bella frase finale dell’Editoriale (che piacerebbe sentirla anche per
molte altre malattie genetiche, ndr): The report by
Wainwright and colleagues is a celebration of the legions of investigators —
involved in clinical and basic research, based in industry and academia — as
well as the legions of patients all over the world, who together have paved the
way for a new beginning in cystic fibrosis treatment”.
PER I PEDIATRI E PER ALTRI SPECIALISTI (Pediatri,
Neuropsichiatri Infantili, Neurologi, Ostetrici, Cardiologi, Psichiatri, ORL,
Medici della riproduzione, Patologi ecc.).
****
Neurological and
neuropsychiatric aspects of tuberous sclerosis complex. Lancet
Neurology 2015;14:733 (2/3 AA italiani). Malattia multisistemica non
comune (prevalenza 6.8–12.4
per 100.000 persone, incidenza neonatale 1:5.800) da mutazione di due geni (TSC1, MIM #191100)(20% dei casi)(TSC1, MIM
#613254)(80% dei casi) codificanti rispettivamente amartina e tuberina.
Mutazioni di uno di questi geni causano un’iperattivazione del pathway mTOR,
coinvolto in vari aspetti del funzionamento cellulare tra cui la crescita e la
proliferazione, la sintesi proteica ed il metabolismo. Review di aggiornamento
clinico ed assistenziale, con le nuove linee guida diagnostiche e terapeutiche,
i recenti progressi della ricerca, in particolare riguardanti gli aspetti
neurologici e neuropsichiatrici (ottima la Fig. 4 che mostra quanto è ampio lo
spettro delle patologie neuropsichiatriche), che insieme costituiscono le
principali cause di morbilità e mortalità della malattia e per i quali sono in
corso sperimentazioni cliniche in fase 2-3 con inibitori mTOR (vedi Tabella). Per
la parte assistenziale, data la presenza di segni clinici età dipendente che
vanno dai primi mesi di vita sino all’età adulta, viene opportunamente
sottolineata la necessità di cure complete e gestione multidisciplinare senza
interruzioni nel passaggio nell’età adulta. Interessante anche che alcune
nazioni abbiano dedicato servizi assistenziali transizionali per pz con TSC (necessità
di centri dedicati a gruppi di patologie, uno solo per regione,
multidisciplinare clinico; uno o al mx due laboratori di diagnosi in Italia,
utopia ovviamente, ndr).
Focus on more specific fetal
testing. Nature 2015;523:290. Lettera all’editore in cui si sottolinea che la
tecnica di screening prenatale non invasivo che viene da loro usata (SNP)
distingue chiaramente il contributo fetale da quello materno senza gli
incidental findings delle tecniche usuali (vedi D. W.
Bianchi su Nature 2015;522:29, vedi Spigolature Giugno
2015).
Normal lower limb variants
in children. BMJ 2015;351:h3394. Spesso si indirizza all’ortopedico pediatra un b. per
quello che si ritiene sia un’anomalia che invece è una variante. Errore che può
essere evitato con una buona anamnesi, un accurato esame clinico e conoscenza
dell’evoluzione clinica di deformazioni di rotazione e angolari del bambino che
sta crescendo in modo da rassicurare i genitori. Con questa review clinica si
intende, scrivono gli AA, aiutare il medico generalista a distingue il normale
da quello che non lo è e che richiede l’intervento dello specialista. Come il
ginocchio varo o valgo con le varie cause, il piede piatto, la camminata con le
punti in fuori o in dentro.
Less invasive investigation
of perinatal death. BMJ
2015;351:h3598. Una sempre più ridotta proporzione di genitori che
hanno avuto un figlio nato morto o morto in epoca perinatale sono d’accordo nel
far eseguire l’autopsia classica, che sappiamo che nel 30-40% dei casi può
essere informativa. Questo spiega la drastica riduzione delle autopsie nei vari
paesi sviluppati. L’offerta dell’autopsia in un momento così difficile per i
genitori andrebbe fatta da personale adeguatamente addestrato. E’ stato preparato
un nuovo consenso di proposta del l’autopsia che deve ancora essere
adeguatamente testato (https://www.uk-sands.org/).
La maggior
parte di coloro che non vogliono che venga fatta l’autopsia sono d’accordo per farne
fare una non invasiva, che ora viene proposta in UK. Ma ci sono incertezze sul
come effettuarla e renderla omogenea nelle varie sedi. In cosa consiste? L’approccio
classico della storia clinica, esame fisico esterno, radiografia in alcune
anomalie, esame della placenta. E la MRI che è accurata nell’identificare
per anomalie cerebrali (meglio addirittura dell’autopsia invasiva), cardiache e
renali, meno per i polmoni soprattutto per le infezioni. In alcuni casi è
necessario ricorrere a biopsie, magari guidate dall’endoscopia.
Altro aspetto sottolineato sono i tempi
di risposta che devono essere sentiti come appropriati.
(nell’Editoriale stranamente si sfiora
l’argomento della ricorrenza e della necessità della consulenza genetica e,
soprattutto, non si prospetta l’autopsia “molecolare” come suggerito in Individualized
Medicine from Prewomb to Tomb. Cell 2014;157:241)(vedi selezione Articoli Marzo 2014).
We must convince the public
that researchers need access to medical records. BMJ 2015;351:h3853. Le
leggi inglesi “conspires against medical researchers”
rendendo difficile se non impossibile ai ricercatori spiegare ai pz perché
dovrebbero facilitare e favorire la condivisione delle loro cartelle cliniche. Una
disposizione del Health
and Social Care (Safety and Quality) prescrive che vi sia un obbligo di
condividere tra medici, personale sanitario coinvolto nella cura, ma non i
ricercatori che si occupano di quella patologia, tutte le informazioni mediche
del paziente, quando questo è nel suo migliore interesse, usando un unico
codice NHS. Ma ci sono numerose complicazioni burocratiche, tra cui problemi di
trasmissione dei dati (si suggerisce via Skype che leghi a distanza medici e pz
ma questo è addirittura illegale). Per quanto riguarda i ricercatori c’è solo
da sperare, magari dimostrando che quando sono coinvolti è un bene per tutti, come
nel caso di un sistema di allarme messo a punto da ricercatori per pz morti negli
ospedali NHS per casi acuti che consente al ricercatore di individuare il
singolo pz e l’ospedale dove vi è stato un eccesivo aumento di decessi in modo
che l’ospedale possa rivalutare la propria organizzazione.
Come spiegare l’utilità di coinvolgere
i ricercatori nella gestione della salute pubblica?
IMMAGINI
Coral
Dermatitis. NEJM 2015;373:e2. Dermatite da contatto con corallo,
con aspetto di placche cerebriformi, dovuta a nematocisti del corallo, che sono
organelli specializzati che liberano tossine dermatologiche. Lesioni molto
pruriginose e urenti.
Cerebriform
Nevus Sebaceous. NEJM 2015;373:262. Ragazza di 12 anni con nevo sebaceo
con aspetto cerebriforme congenito al capo (7x4 cm) isolato. Amartoma congenito
da mutazione in mosaico di HRAS e KRAS. Va asportato prima della pubertà per il
rischio di una trasformazione maligna. Fatto.
Cervical
Meningocele. NEJM 2015;373:E4. Donna sana di 22 anni con massa
vertebrale cervicale mediana di 2 cm di diametro ricoperta da cute sottile
rosea, massa ripetutamente aspirata (?? Nrd. AA canadesi) senza conseguenze. Neurologicamente
presentava segno Hoffmann bilateralmente e lesione del motoneurone superiore
interessante spalle, braccia, avambraccia e mani. Alla RM (perché non fatta
alla nascita? Ndr) la massa è una formazione cutanea con contenuto liquido con
un sottile collegamento al midollo spinale dorsale. Quindi si tratta di
meningocele cervicale, raro difetto del tubo neurale. Operata.
Strawberry gums. BMJ 2015;351:h3455.
Gengivite iperplastica, segno di una poliangioite con granulomatosi. Diagnosi
gestaltica con indicazione per la cura appropriata.
Neck Impalement during Mountain Biking. NEJM 2congenito015;373:366. Per chi usa la mountain bike e va nei
boschi se cadi e ti si infila un ramo nel collo non tentare di toglierlo ma va
in PS per fartelo togliere.
TERATOLOGIA
Specific SSRIs
and birth defects: bayesian analysis to interpret new data in the context of
previous reports. BMJ 2015;350:h3190. Analisi
bayesiana combinando i risultati di diversi studi di associazione tra specifiche
malformazioni congenite nei figli ed assunzione
da parte della madre in epoca pericocenzionale (1 mese prima sino al 3° mesi di
gravidanza) di inibitori selettivi della ricaptazione della
serotonina, come Citalopram, Escitalopram, Fluoxetina,
Paroxetina o Pertralina. L’analisi conclude che vi siano risultati abbastanza
rassicuranti sull’uso di questi farmaci se assunti precocemente in gravidanza,
anche se suggeriscono che alcune malformazioni congenite hanno nei figli una
frequenza maggiore di 2-3.5 volte soprattutto per la Paroxetina (anencefalia, difetto
setto atriale, ostruzione efflusso ventricolo ds, gastroschisi, onfalocele) e
la Fluoxetina (ostruzione efflusso ventricolo ds e craniosinostosi).
ETICA
****
Cloning humans?
Biological, ethical, and social considerations. PNAS 2015;112:8869. Ottimo lungo preambolo colturale sulla nostra evoluzione
con una frase che mi è piaciuta molto: “For the last few millennia, humans have
been adapting the environments to their genes more often than their genes to
the environments”, nel senso che l’uomo non ha aspettato che per mutazione
spontanea gli spuntassero le ali per volare o le pinne per attraversare il mare.
Ma la selezione naturale ovviamente continua tuttora ad operare incidendo sia
sulla mortalità che sulla la fertilità. Sono più di 2.000 malattie e anomalie
di sviluppo su base genetica per le quali è sempre più possibile una cura e
l’applicazione di una terapia genica comportando inevitabilmente un lento
aumento dell’incidenza delle malattie ereditarie. Tale incremento potrebbe
essere fermato con il ricorso alla terapia genica germinale per ora
tecnicamente non fattibile, con l’eccezione del trapianto di mitocrondri nel
caso di malattie mitocondriali (il cosiddetto Three-parent-baby). Né è
prevedibile o auspicabile che, a differenza del genoma, si possa clonare una
persona. Il clonaggio in futuro potrà invece ragionevolmente essere usato per
il trapianto di organi o di cellule nervose o tessuti da riparare.
(non
cita, come mi sarei aspettato, la tecnica di Embryo editing con CRISPR, ndr).
Animal studies must be
useful, says public. Nature 2015;523:35. La Commissione europea (EC) ha risposto lo scorso mese all’appello
“Stop Vivisection”, della European Citizens’ Initiative firmato
da più di un milione di europei,
dicendo che nulla c’è da modificare della direttiva attuale sulla protezione
degli animali utilizzati per ricerca (2010/63/EU), che è piuttosto
restrittiva per l’uso degli animali. Ma
la richiesta dell’appello non riguardava solo la sofferenza degli animali,
perché intendeva sottolineare la necessità di limitare la ricerca sugli animali
solo se sono attesi rilevanti ricadute sulla salute dell’uomo. Uno stimolo per
i ricercatori che nelle ricerche utilizzando animali non adottano le pratiche
standard (randomizzazione, adeguata numerosità), il che porta a risultati
ingannevoli e a sperimentazioni cliniche deludenti, aspetto ben presentato
nella nota Make mouse studies
work. Nature 2015;507:423 che dice: “More investment to characterize animal
models can boost the ability of preclinical work to predict drug effects in
humans”.
EPIGENETICA
Human
body epigenome maps reveal noncanonical DNA methylation variation. Nature
2015;523:212.
E’ necessario conoscere e comprendere come le diversità dei tessuti umani
contribuiscono alle malattie considerando sia le informazioni genetiche, che
sono uguali in quasi tutte le cellule, che i meccanismi epigenetici che in basi
a studi di metilazione del DNA possono avere pattern di metilazione
tessuto-specifici o uguali per tutti. In questo studio è stato studiato il
metiloma dei principali organi umani integrato con il trascrittoma e le
sequenze genomiche. Combinando tali tecniche è stato possibile individuare
un’ampia variabilità tessuto-specifica di metilazione CG (mCG), domini
parzialmente metilati, metilazione e trascrizione allele specifica e l’inattesa
presenza di metilazione non CG (mCH). In particolare usando quest’ultima
marcatura è stata resa possibile una nuova valutazione dei geni che in alcuni
tessuti sfuggono all’inattivazione X. In conclusione da questa analisi
comparativa risulta che nell’uomo la metilazione del DNA varia
considerevolmente da tessuto a tessuto.
TERAPIA TRADIZIONALE, GENICA/CELLULE STAMINALI
Oral Propranolol for Infantile
Hemangioma. NEJM 2015;373:284. Lettera (A italiano) relativa ad articolo (A Randomized, Controlled Trial of Oral Propranolol in
Infantile Hemangioma. NEJM 2015;372:375)(vedi selezione
Spigolature Febbraio 2015) che presentava i risultati positivi di una
sperimentazione clinica sull’uso del propanololo per il trattamento
dell’emangioma proliferante infantile (età 1-5 mesi). Nella lettera si solleva
la questione degli effetti a lungo termine del farmaco nei b. piccoli,
soprattutto relativi al neurosviluppo e cognitivi. Nella risposta gli AA, pur
ammettendo che mancano studi ad hoc per valutare l’effetto a distanza sul
neurosviluppo, sottolineano che più di 2.000 bambini sottoposti a tale
beta-bloccante non risultano avere avuto alcun effetto a distanza.
Augmentation treatment for α1 antitrypsin deficiency. Lancet 2015;386:318. Commento di
un articolo sui risultati del trattamento nell’ambito di una sperimentazione
clinica in pz con Deficit di α1
antitripsina
Intravenous augmentation
treatment and lung density in severe α1 antitrypsin deficiency
(RAPID): a randomised, double-blind, placebo-controlled trial. Lancet
2015;386:360. L’α1 antitripsina, glicoproteina prodotta dal
fegato, è una serina antiproteasica che inibisce gli enzimi proteolitici, in
particolare l’elastasi neutrofila che è una proteasi non specifica rilasciata
dai neutrofili attivati o in degradazione. La mancanza di α1 antitripsina causa
nel bambino una patologia epatica, nell’adolescente enfisema polmonare e
nell’adulto/ anziano cirrosi epatica. L’A del commento aveva proposto anni fa
la somministrazione endovena di inibitore α1 proteinasico (A1PI) estratto dal plasma dell’uomo
nel tentativo di raggiungere livelli dell’inibitore tali da annullare l’effetto
elastasico nelle strutture alveolari polmonari. Ma nonostante l’approvazione
della FDA americana manca una prova della reale efficacia di tale terapia.
In questa sperimentazione multicentrica a doppio
cieco e randomizzata con pz e controlli (ClinicalTrials.gov, NCT00261833 e
2-year open-label extension study NCT00670007) si dimostra, tramite misurazione
della densità polmonare con CT, che la somministrazione di A1PI purificata
riduce significativamente la progressione verso l’enfisema. Nel commento si
sottolinea che andrebbe definito quando cominciare e che comunque sarebbe
opportuno trovare un'altra terapia (genica?) perché l’attuale terapia è molto
costosa (100.000 dollari USA/pz/anno).
Targeting Antithrombin to
Treat Hemophilia. NEJM 2015;373:389. Articolo (Clinical Implications of Basic Research) sui nuovi agenti
emostatici che sono in sperimentazione per la cura dell’Emofilia (ClinicalTrials.gov
number, NCT02035605). La profilassi attuale (Fattore VIII
ricombinante a funzione prolungata) è molto costosa (centinaia di D USA/anno),
richiede infusioni endovena, non è priva di complicazioni, comporta una
riduzione dell’attesa di vita, il 50% dei pz la abbandona e infine il 25%
sviluppa anticorpi che la rendono inefficace. Si sa che condizioni
protrombotiche, come difetto di antitrombina o delle proteine C e S attenuano i
segni clinici dell’emofilia e questo ha portato ad indagare se l’inibizione
dell’antitrombina possa comportare una significativa riduzione emorragica. In
modelli animali il ricorso ad un piccolo RNA interferente (siRNAs) che previene la
sintesi dell’antitrombina III ha determinato una riduzione delle emorragie
senza provocare trombosi. Nell’articolo viene descritto come questo siRNA agisce.
Che prospettive per i pz emofilici? Se funziona anche nell’uomo vi sarebbe una
netta riduzione delle emorragie con miglioramento della qualità di vita con 1
sola iniezione sottocutanea di siRNA settimanale e una riduzione dei costi.
Auspicio: sperimentazioni cliniche diranno se questa nuova terapia è sicura ed
efficace.
Antisense Inhibition of Apolipoprotein C-III in
Patients with Hypertriglyceridemia NEJM 2015;373:438. L’apoproteina C.III (APOC3) è un importante regolatore dei
livelli plasmatici di trigliceridi, i cui alti livelli nel sangue sono associati
ad eventi sfavorevoli cardiovascolari e pancreatici. Il farmaco ISIS 304801 è
un inibitore antisenso di seconda generazione della sintesi di APOC3. Sono
presentati i risultati di una sperimentazione clinica randomizzata a doppio
cieco in fase 2 ricorrendo alla somministrazione di tale prodotto (1 volta la
settimana per 13 settimane) con l’obiettivo primario di verificare modificazioni
di APOC3 rispetto alla baseline (ClinicalTrials.gov number, NCT01529424). La
somministrazione di ISIS 304801 è risultata associata ad una riduzione
significativa dei livelli di trigliceridi in pz con un ampio spettro di livelli
basali tramite una selettiva inibizione della sintesi di APOC3.
Stem cells in age-related macular
degeneration and Stargardt’s macular dystrophy. Due lettere all’Editore relativa ad un
articolo (Human embryonic stem
cell-derived retinal pigment epithelium in patients with age-related macular
degeneration and Stargardt’s macular dystrophy: follow-up of two open-label
phase 1/2 studies. Lancet 2015;385: 509) sugli
effetti positive di due sperimentazioni cliniche con il ricorso alla terapia
con cellule staminali embrionali umane (hESC)(vedi
selezione Spigolature del Febbraio 2015). Nella prima viene fatto presente che
i due tipi di degenerazione maculare sottoposti a terapia sono diversi dalla
degenerazione maculare essudativa in cui il visus migliora con il diminuire del
liquido che si forma e delle emorragie. Si precisa anche che nella storia
naturale delle malattie maculari vi sono modificazioni, anche miglioramenti.
Per cui, pur congratulandosi con gli AA, chi scrive precisa che “careful analysis
of the reported improvement in visual acuity is needed”, augurandosi che la
terapia proposta funzioni veramente.
Nella
seconda si fa presente che la ridotta numerosità del campione sottoposto a
sperimentazione, si domanda quale sia la densità ottimale di hESC, si chiede se
non sia conveniente generare i fotorecettori che nella progressione della malattia
sono morti insieme al trapianto di epitelio retinico e infine quanto deve
durare l’immunosoppressione.
Nella
risposta si ammette che i risultati ottenuti vadano confermati e si spiegano
alcune scelte adottate come la sede a livello retinico del trapianto.
Interessante la nota che è possibile che i fotorecettori non siano scomparsi ma
sia residuata la loro parte più interna o addirittura il corpo cellulare,
quindi sono in quiescenza suscettibili di essere riattivate dal segnale
rigenerativo delle cellule staminali.
Gene therapy
‘cure’ for blindness wanes. Nature Biotechnology 2015:33:678. Commento di due lavori sugli effetti parziali e
soprattutto temporanei della terapia genica nella Amaurosi Leber recessiva da
mutazione del gene RPE65 (recensiti
nelle Spigolature del Maggio 2015 (Improvement and Decline
in Vision with Gene Therapy in Childhood Blindness. NEJM 2015;382:1546
e Long-Term
Effect of Gene Therapy on Leber’s Congenital Amaurosis. Pg. 1887). Con qualche nota di ottimismo perché comunque anche anni
dopo un certo miglioramento retinico c’è stato. E la necessità di una diagnosi
precoce per iniziare precocemente la terapia.
In vitro
modeling of hyperpigmentation associated to neurofibromatosis type 1 using
melanocytes derived
from human
embryonic stem cells. PNAS 2015;112:9034.
Non vi sono adeguati modelli in vitro
delle malattie della pigmentazione. In questo lavoro sono state usate cellule
staminali embrionali umane (hESC) che portano una mutazione con perdita di
funzione del gene NF1, causa di Neurofibromatosi tipo 1, malattia tipicamente
caratterizzata dalla presenta alla nascita o nei primi anni di vita di macchie
cutanee ipercromiche, chiamate caffè-latte. Questo per studiare il meccanismo
molecolare di questo fenotipo, come modello per la NF1 e per altre malattie
della pigmentazione. I melanociti derivati da NF1-hESC riproducono in vitro il fenotipo della
iperpigmentazione e sono caratterizzati da una deregolazione dei vari fattori
della melanogenesi. E’ stata individuata un’aumentata attività dei pathway di
segnale PKA cAMP-mediata e ERK1/2 con sovraespressione del fattore di
trascrizione MITF e degli enzimi melanogenici tirosinasi e dopacromo
tautomerasi, che sono i principali attori della melanogesi. Il fenotipo
iperpigmentazione può essere annullato con il ricorso a piccole molecole
inibitrici di questi pathway, ponendo così le premesse per
studiare
in vitro altre malattie della
pigmentazione e per nuove strategie terapeutiche.
BIOLOGIA
Genome in a bottle—a human DNA standard.
Nature 2015;33:675. NEWS: lo scorso Maggio il National
Institute of Standards and Technology (NIST) ha reso disponibile il suo primo
‘genome in a bottle’, un campione DNA di riferimento per validare le sequenze
del genoma umano. Il gruppo ha preparato infatti un set di riferimenti di alta
qualità per la selezione delle varianti di circa l’80% del genoma. In questa
prima parte è stata focalizzata l’attenzione su SNP e piccole delezioni. In
futuro riguarderà anche varianti strutturale di dimensioni maggiori.
Reconstructing ancient
genomes and epigenomes. National Reviews Genetics 2015;16:395. Con le nuove tecniche è stato reso possibile sequenziare
l’intero genoma e caratterizzare le marcature epigenetiche di un sempre maggior
numero di specie delle epoche passate (oltre 1 milione di anni) e di specie
estinte. In questa review vengono presentate le sfide tecniche affrontate e da
affrontare che hanno consentito di analizzare il genoma, il trascrittoma, il
proteoma e il metiloma dei mammut, dei paleo-eschimesi, dell’uomo di Neanderthal
e del mais (Fig. 1). Interessante l’accenno alla de-estinzione (far tornare in
vita specie estinte), che richiede una conoscenza approfondita del genoma di
riferimento che si ottiene dall’analisi di molti differenti campioni (per
assaggiare ad es. il sapore di un cereale o di un frutto di migliaia di anni
fa, ndr).
Towards
a molecular understanding of microRNA-mediated gene silencing. Nature
Review Genetics 2015;16:421.
MicroRNA (miRNA) sono regolatori dell’espressione genica che svolgono una
funzione in praticamente tutti i processi biologici dalla crescita alla
proliferazione e alla differenziazione cellulare ed anche del metabolismo e
dello sviluppo dell’organismo. Il numero varia da specie a specie, nell’uomo la
stima è di circa 1.500 miRNA. In questa review viene presentato l’equilibrio,
poco conosciuto, tra repressione traduzionale e degradazione mRNA.
DNA damage
during the G0/G1 phase triggers RNA-templated, Cockayne syndrome B-dependent
homologous recombination. PNAS 2015;E3495. Mutazioni del gene della s. Cockayne B sono responsabili
di due terzi dei casi di questa sindrome, malattia AR con vari segni clinici
come grave deficit di crescita, neurodegenerazione progressiva e
ipersensibilità alla luce solare. Il gene CSB opera nel sistema di escissione
nucleotidica accoppiata alla trascrizione (TC-NER) da lesioni prodotte dalla
luce. Sono poco noti i meccanismi di riparazione di danni in siti
trascrizionalmente attivi durante la fase G0/G1.
In questo lavoro viene identificato un meccanismo di ricombinazione
legato all’RNA che protegge la stabilità genomica la cui alterazione spiega le varie
manifestazioni cliniche della sindrome, in particolare le anomalie di sviluppo
e la sensibilità alle radiazioni ionizzanti.
ZIBALDONE
Cloud cover. Nature 2015;523:128. Tra i
ricercatori in Europa e in USA si sta facendo strada il ricorso per la conservazione
dei propri dati al sistema di immagazzinamento dati chiamato Cloud fornito da
varie compagnie come Google, Amazon e Microsoft. E tale iniziativa sta
prendendo piede. Vedi anche Europe sets
its sights on the cloud. Pg. 136 e
Create a cloud commons. Pg. 149.
Individual
olfactory perception reveals meaningful nonolfactory genetic information. PNAS 2015;112:875.
Cirano di Bergerac diceva che un nasone grosso
come il suo è indice di un uomo spiritoso, affabile, generoso e liberale. In
questo lavoro si dimostra come la funzione del “naso” cambi da persona a
persona, perché ciascuno di noi ha un differente set di diversi geni dei
recettori olfattivi (il 30% dei nostri geni!) e quindi un’unica percezione
olfattiva. Sono state testate le differenze olfattive di quasi 100 persone e si
è concluso che il test che li distingue è molto semplice, si può applicare in 10
minuti usando 7 odori e 11 descrittori. Ancora più importante il fatto che in
un altro gruppo di 130 volontari si dimostra che vi è un’associazione tra
caratteristiche dell’odorato e compatibilità HLA, associazione sufficientemente
forte da proporre il test olfattivo come screening di compatibilità.
New mystery for Native American
origins. Science 2015;349:354. Due studi appena pubblicati concordano
nella presenza di alcune caratteristiche fenotipiche di un’influenza di
popolazioni australiane e melanesiane, ma discordano sul come è avvenuta e sul
quando ci sarebbe stata questo contributo. Molto bella l’immagine e i tempi
della migrazione di popolazioni dalla Siberia all’America.
Nessun commento:
Posta un commento